Per ora, i tre soci dell’impresa Edilvu indagati nell’ambito dell’inchiesta “Do ut des” della Procura, su un presunto giro di corruzione nella Valtournenche, restano ai domiciliari. Lo ha stabilito, negli scorsi giorni, il Tribunale del riesame di Torino, respingendo il ricorso con cui, tramite i loro difensori, Renza Dondeynaz (64 anni) e Loreno Vuillermin (68) – arrestati lo scorso 20 novembre assieme al figlio Ivan Vuillermin (44) – si erano opposti al provvedimento ordinato dal Gip aostano.
Sulla misura cautelare scattata nei confronti dei tre pende, a questo punto, ancora un’impugnazione. A depositarla, sempre ai giudici torinesi, è stato il pubblico ministero Luca Ceccanti. Il titolare delle indagini aveva infatti chiesto, per gli imprenditori della società di Challand-Saint-Victor, la custodia cautelare in carcere e, vista la decisione diversa assunta dal Giudice per le indagini preliminari, ne ha sollecitato il riesame. La discussione è in programma per il prossimo gennaio.
I reati contestati ai soci “Edilvu” sono la turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e la corruzione, con 50mila euro, dell’ex capo dell’ufficio tecnico del comune di Valtournenche, Fabio Chiavazza (arrestato lo stesso giorno degli imprenditori, ma in cella a Brissogne). Nei confronti dell’impresa era scattato anche, lo scorso 27 novembre, un sequestro preventivo per una somma appena inferiore a 300mila euro: per gli inquirenti, l’importo complessivo dei lavori ottenuti indebitamente, attraverso le gare pubbliche “pilotate” dal funzionario comunale “amico”.
Sino ad oggi, la strategia difensiva dei tre indagati ha seguito binari diversi. Ivan Vuillermin ha risposto sia all’interrogatorio di garanzia dinanzi al Gip (ma non gli è stato sufficiente per ottenere l’autorizzazione a recarsi nei cantieri chiesta dal suo avvocato), sia in un’occasione successiva con il pm. I suoi genitori, invece, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere in entrambe le occasioni. L’inchiesta della Procura diretta da Paolo Fortuna continua, con l’esame della documentazione e dei supporti informatici sequestrati dai Carabinieri nel giorno del blitz che ha scosso la vallata ai piedi della “Gran Becca”.