Crack dei discount: si aggrava la posizione dei Cannatà

Chiuse le verifiche fiscali, la Finanza contesta a Francesco, Milo e Vasco (padre e due figli) una maggiore base imponibile sottratta a tassazione di 69 milioni di euro, per un’Iva evasa appena inferiore ai 13 milioni.
Guardia di Finanza
Cronaca

Si aggrava la posizione dei tre imprenditori del settore discount già arrestati nell’agosto 2018 perché accusati di bancarotta fraudolenta. Le indagini a carico di Francesco, Milo e Vasco Cannatà (rispettivamente, padre e due figli) erano nate, quattro anni fa, da verifiche fiscali su cinque società riconducibili ai tre, tutte del settore delle forniture di generi alimentari (riguardandone in particolare due, fallite nel 2016 e nel 2018). Chiusi gli accertamenti sull’insieme delle aziende, secondo il Gruppo Aosta della Guardia di finanza il totale della maggiore base imponibile sottratta a tassazione è di 69 milioni di euro, per un IVA evasa appena inferiore ai 13 milioni.

L’entità delle imposte evase, con il superamento delle soglie previste dalle norme, ha fatto scattare anche le contestazioni penali di dichiarazione infedele e omessa dichiarazione dei redditi. Dalle indagini condotte nell’ultimo anno, coordinate dal pm Luca Ceccanti, è stata pure “riletta” la somma che i tre avrebbero distratto dalle casse aziendali, lievitata a 6 milioni 300mila euro (nell’estate scorsa era stimata ad appena più di 2 milioni e 500mila euro). Del totale, circa 4 milioni e 700mila sarebbero stati trasferiti dalle società fallite ad altre e quasi 600mila euro spostati sui conti personali degli amministratori. I discount cui si riferivano le ditte avevano sede a Sarre, Saint-Christophe e Pont-Saint-Martin.

Per le “Fiamme gialle”, due società risultavano “evasori totali”, perché i titolari – come spiegano dal Comando regionale – “per mascherare la situazione di insolvenza, non hanno fatto che spostare le risorse finanziarie disponibili da una società all’altra, senza alcuna ragione giuridica ed economica”, nonché “in totale spregio dell’autonomia gestionale ed amministrativa che dovrebbe caratterizzare ogni singolo soggetto giuridico ed aggravando ulteriormente lo stato di decozione”. Nel prosieguo delle verifiche, altre tre società “riconducibili alle medesime persone” sono fallite.

Passando al setaccio i conti correnti delle varie aziende, i finanzieri hanno individuato “una enorme mole di operazioni”, tutte “non giustificate”. Tra le voci contestate al tre al momento degli arresti (successivamente revocati), si annoverano vari acquisti di natura personale (anche di abbigliamento e generi di elettronica, a volte saldati con le carte di credito aziendali, oltre a cure mediche), oltre al finanziamento “in modo infruttifero”, con circa 50mila euro, di una nuova società, operante nel settore della ristorazione “riconducibile alla moglie di uno degli arrestati”.

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