Dura condanna per il “Signore della cocaina” della media Valle
Aveva patteggiato tre anni e sette mesi a fine 2015, ma con la sentenza pronunciata ieri dal Giudice per l’Udienza Preliminare del Tribunale di Aosta Giuseppe Colazingari, ponendola in continuazione con il precedente verdetto, il suo conto con la giustizia si allunga di altri tre anni e sei mesi. Parliamo di Albert Bushaj, 36enne albanese, noto come “l’avvocato”. Iscritto al foro di Roma quale legale straniero, prima dei guai con la giustizia, avevano spiegato i Carabinieri al momento del suo arresto, “aveva collaborato anche con la Procura di Aosta, in qualità di traduttore”.
Bushaj, difeso dall’avvocato Viviane Bellot, era accusato di spaccio di stupefacenti, autoriciclaggio e favoreggiamento della prostituzione. La condanna si riferisce al primo reato, mentre per gli altri due il giudice l’ha assolto. L’albanese era finito in manette nel febbraio 2016, al termine dell’operazione “Campanacci” della compagnia Carabinieri di Châtillon/Saint-Vincent, perché ritenuto, malgrado si trovasse agli arresti domiciliari, il capo di un’organizzazione in grado di movimentare stupefacente per circa 90mila Euro al mese, vale a dire oltre un milione l’anno.
Assieme a Bushaj, considerato il gestore del "giro" deputato a controllare la qualità della droga, erano finite in manette altre cinque persone, tutte legate da vincoli di parentela tra loro e ritenute titolari delle fasi della commercializzazione cui Albert non poteva assolvere poiché impossibilitato ad uscire. Assieme, i sei riuscivano ad approvvigionarsi di un'enormità come tre etti al mese di cocaina, che per la sua buona qualità riuscivano a tagliare anche fino a quattro volte. Dei veri e propri “Signori della Coca” nella media valle, tanto che gli stessi militari responsabili delle indagini si erano detti “un po’ sorpresi” per l'ampiezza del mercato lasciato intravedere dai quantitativi riscontrati (nella sola operazione era stato sequestrato mezzo chilo di "polvere bianca").
Lo spaccio, stando alle risultanze dell’inchiesta, avveniva sia in modo tradizionale (evitando però il contatto tra cliente e fornitore, con scambi in cui l’acquirente pagava e gli veniva indicato dove andare a ritirare la cocaina), sia attraverso il night "La dolce vita" di Châtillon. Proprio quest’ultima “piazza”, definita allora dai Carabinieri come frequentata da una clientela eterogenea e vasta, legata soprattutto al mondo della notte, aveva fatto scattare, a vario titolo tra i coinvolti, l’imputazione di autoriciclaggio. La tesi degli investigatori era infatti che il denaro derivante dalla vendita della droga in parte venisse spedito in Albania e, per la rimanenza, finanziasse il funzionamento del locale notturno.
Complessivamente, le indagini seguite all’operazione degli uomini dell’Arma avevano portato al rinvio a giudizio di una dozzina di persone, chiamate a comparire ieri, giovedì 20 aprile, davanti al Gup. Oltre ad Albert Bushaj, alcuni hanno riportato condanne, superando anche i quattro anni, mentre per altri si andrà a processo con rito ordinario. Di rappresentare l’accusa all’udienza era incaricato il procuratore capo Giancarlo Avenati Bassi.