Non più tardi di ieri mattina, nel presentarsi ai media, il nuovo questore Andrea Spinello sottolineava la necessità, a fianco della prevenzione, delle “attività investigative”. Premonizione o strategia prospettica? Chissà. Sta di fatto che, nel giro di qualche ora, quand'era iniziato da poco il pomeriggio, gli agenti della Squadra Mobile rintracciavano e fermavano una loro “vecchia conoscenza”: il 51enne aostano Stefano Di Mascio, individuato quale autore del furto di monete al Museo archeologico regionale di piazza Roncas, nel secondo giorno della fiera di Sant'Orso, il 31 gennaio.
Nella mattinata di oggi, sabato 3 febbraio, in Questura, si sono appresi i dettagli dell'indagine chiusa in un giorno e mezzo. Le donne e gli uomini comandati dal commissario capo Eleonora Cognigni tradiscono qualche segno del sonno perso, ma a cancellarli sono i sorrisi. A dar loro voce, il capo di gabinetto, il vicequestore Augusto Canini: “Oltre ad aver già espresso un bilancio positivo sull'andamento della Fiera dal nostro punto di vista, siamo ora soddisfatti per aver concluso l'operazione relativa ad un fatto antipatico e molto fastidioso verificatosi durante la manifestazione, in meno di quarantott'ore”.
La “taglia” criminale del fermato, con precedenti anche recenti per reati predatori e contro il patrimonio, ma non di particolare spessore, assieme alla dinamica del furto, consumato a volto scoperto, tanto che le telecamere del sistema interno hanno filmato l'autore a più riprese, fa dire agli inquirenti che “non si è trattato di un gesto su commissione”. “Nessuna premeditazione, – sottolinea il dirigente Cognigni – il ladro si trovava lì, ha visto delle condizioni favorevoli ed ha forzato la teca”. Quando la Polizia lo ha raggiunto ieri, ad Aosta, Di Mascio ha detto di aver agito “per bisogno di soldi”. A chi gli ha fatto notare la presenza della videosorveglianza, ha risposto: “pensavo fosse spenta”.
Le monete, in tutto dieci, risalenti all'epoca bizantina e facenti parte della collezione “Pautasso” del museo, erano state cedute poco prima ad un numismatico del Canavese. Le aveva comprate “a peso”, riconoscendo quindi al venditore il controvalore dell'oro in cui sono fabbricate. E' evidente che, al di là della valutazione materiale (stimata dalle parti dei 5mila euro), quei “pezzi” presentino anche una quotazione collezionistica. L'acquirente non le aveva comunque ancora piazzate sul mercato e i poliziotti aostani le hanno recuperate prima che accadesse. “La sua posizione verrà valutata successivamente”, si limitano a dire in Questura al riguardo.
L'indagine si è sviluppata a partire dalle immagini delle telecamere della struttura di piazza Roncas, perché – pur non avendo celato il volto – il ladro non ha lasciato impronte sulla teca, aperta senza toccarla, con l'aiuto di un cacciavite o di un oggetto in metallo simile. Gli inquirenti le hanno valutate di “qualità scarsa”, ma il gabinetto di Polizia scientifica le ha trattate, rendendo possibile la comparazione dei fotogrammi contenenti il volto dell'autore del furto con le banche dati dei fotosegnalati per precedenti reati. Il fatto che l'uomo entrato nel museo, e filmato mentre finge di scattare delle fotografie per sviare sospetti, avesse dei precedenti ha fatto il resto. A ciò si aggiunge pure che, quando gli agenti lo hanno trovato, era vestito come nelle immagini della videosorveglianza.
L'episodio, per la Polizia, non presenta altre zone d'ombra, tanto che Di Mascio – denunciato a piede libero per furto con scasso – verrà processato lunedì prossimo, 5 febbraio, al Tribunale di Aosta con rito direttissimo. Rimangono sul tappeto alcuni interrogativi sul sistema di sicurezza del museo. Le telecamere erano in funzione e il ladro ne ha interessata più d'una. La teca che custodiva le monete era collegata ad un sistema di allarme locale, effettivamente entrato in funzione nel momento dell'effrazione. Malgrado ciò, l'autore del furto è riuscito ad uscire dallo stabile indisturbato, confondendosi poi nella bolgia della fiera e facendo quindi perdere le sue tracce. Se i protocolli interni esistono per essere discussi ed eventualmente revisionati quando vengono messi alla prova dai fatti, l'accaduto pare offrire al vertice del museo un'ottima opportunità per procedere.