I campanelli di allarme sono tanti e per questo non bisogna abbassare la guardia. E’ quanto emerge dal primo rapporto trimestrale sulle aree settentrionali curato dall’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata diretto dal professor Nando dalla Chiesa e presentato nei giorni scorsi a Torino. Voluta dalla Commissione Parlamentare Antimafia, l’indagine dedica una sezione alla Valle d’Aosta, prendendo spunto tra l’altro dagli elementi raccolti da Libera Valle d’Aosta nel volume "L’altra Valle d’Aosta". Il messaggio che arriva dal gruppo di ricerca composto da Martina Bedetti, Federica Cabras, Ilaria Meli e Roberto Nicolini è che in Valle d’Aosta esiste sul fronte della lotta alle mafie la necessità di “monitorare continuativamente il tessuto economico valdostano, in particolar modo il settore dell’edilizia e le attività connesse al Casinò di Saint-Vincent, già oggetto di attenzione da parte della Direzione investigativa antimafia”.
Nelle quattro pagine circa del documento dedicate alla nostra regione, viene ricordato come già nel 2010 la Direzione nazionale antimafia, nel suo annuale rapporto, avesse ipotizzato la presenza di una locale di ’ndrangheta in Valle. “Nel 2003 – si legge nel rapporto – la relazione della Commissione Parlamentare Antimafia confermava la presenza storica di elementi collegati alle cosche calabresi come gli Iamonte, i Nirta di San Luca, i Facchineri di Cittanova, i Libri di Reggio Calabria, gli Asciutto-Neri-Grimaldi di Taurianova e i Torcasio di Lamezia Terme”.
Nel 2001 l’operazione “Tempus Venit” ha riconfermato la presenza della famiglia Facchineri nel capoluogo valdostano, già riscontrata a partire dagli anni ’90. “L’inchiesta – ricorda il documento – ha svelato il metodo intimidatorio dell’’ndrangheta, verificando così diversi episodi estorsivi nell’edilizia, settore tradizionalmente ricercato e presidiato dai clan calabresi”.
La presenza dell’’ndrangheta in Valle è testimoniata anche dall’arresto nel 2009 di Giuseppe Nirta, accusato di traffico internazionale di stupefacenti, assieme ai nipoti Franco e Roberto Di Donato. Il rapporto, citando un documento del Cnel del 2010, spiega come “sin dai primi anni Novanta era operativo il gruppo dei Nirta. In quel periodo era emersa una ipotesi di corruzione elettorale per avere alcuni esponenti politici versato denaro o offerto altre utilità ai personaggi calabresi in cambio di favori elettorali nelle elezioni amministrative”.
Infine l’operazione “Hybris” del 2013, con l’arresto dei Taccone (il padre Claudio e i figli Ferdinando e Vincenzo) e di Santo e Domenico Mammoliti , “sospettati di essere appartenenti alla ‘ndrina Pesce di Rosarno” i primi, "ai “Mammoliti di Oppido Mamertina” i secondi.
Accanto all’’ndrangheta il documento segnala la possibile presenza in Valle di altre forme di criminalità organizzata. In particolare vengono citati soggetti legati alla Stidda e al clan gelese degli Emmanuello e per quanto riguarda “Cosa nostra” si ricorda “gli interessi della cosca Mandalà per il casinò di Saint Vincent, a seguito di alcune dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Campanella”.
In conclusione il rapporto spiega come “la situazione valdostana sembra mostrare una tendenza all’accentuazione della presenza di interessi e metodi mafiosi.. Dalle intercettazioni ambientali e telefoniche si evince l’esistenza di una locale ad Aosta, di cui non ne viene specificata la sua struttura”. Su quest’ultima, sottolinea ancora il documento, non esistono ad oggi “riscontri a livello giudiziario”.

