Dieci anni e diecimila euro di risarcimento alla parte offesa. È la condanna inflitta nella mattinata di oggi, mercoledì 12 settembre, dal Tribunale di Aosta in composizione collegiale (presidente Eugenio Gramola e giudici a latere Marco Tornatore e Maurizio D’Abrusco) ad un 31enne di origini nigeriane accusato di violenza sessuale aggravata e di maltrattamenti, nei confronti della moglie connazionale, di dieci anni più giovane di lui.
Le indagini erano state svolte, nel gennaio 2017, dalla Squadra Mobile della Questura. “Abbiamo sentito la ragazza in una struttura protetta, dov’era stata inserita, – aveva ricordato, in una precedente udienza, l’Ispettore capo occupatasi del caso – e ci ha raccontato tutta la sua storia”. Una vicenda fatta dell’arrivo in Italia, a Roma (in un centro per migranti dal quale si era allontanata prima di completare le pratiche), poi l’approdo in Valle, “prima a Nus, dove secondo il suo racconto sono iniziate le violenze, poi a Verrès, quindi ad Aosta”.
“Ci sono voluti tre giorni – ha raccontato ancora il teste – per conquistare la sua fiducia, era molto provata. Ci ha detto che già non era d’accordo con le nozze, indotte dalla famiglia. A Nus, la coppia viveva in una stanza della casa di un amico. Lei aveva telefono e chiavi, ma non usciva perché le era stato ordinato di non farlo e l’apparecchio poteva solo ricevere chiamate. Le era proibito farne”. Quanto a lui, nel periodo dell'allontamento, “veniva spesso in Questura a chiedere notizie, perché diceva che essendo sua moglie voleva stare con lei”.
L’uomo di cui l’imputato era coinquilino, anch’egli nigeriano, ha affermato in aula che il 31enne si era trasferito da lui nel settembre 2016, poi “un giorno son tornato e mi ha detto che aveva portato lì anche la moglie. A me andava bene. Lavoravo a Torgnon e non stavo molto in casa”. In un’occasione, “li ho visti che litigavano. Lui la picchiava. Li ho separati e lui si è arrabbiato tanto”. Entrando nel merito di un altro episodio, il testimone ha poi riferito di aver notato “lei a letto, lui con la gamba sul bordo del materasso che le dava manate in faccia. Anche pugni”.
“La ragazza piangeva – è continuato il racconto – e lui le diceva di stare zitta”. Dopo aver “visto scene del genere tre volte”, l’amico lo manda “fuori casa, perché non volevo la picchiasse”. L’imputato, però, “ha tentato di rientrare”. Il motivo delle percosse, secondo la testimonianza, “era nel fatto che lei non accettava di ‘stare’ con lui, che diceva di averla portata dall’Africa fino a qui”. L’uomo, rispondendo alle domande del pm Luca Ceccanti, ha aggiunto che “lui era sempre arrabbiato, perché lei non lo baciava. Le diceva delle brutte parole”.
Nel corso del processo, sul 31enne è stata svolta anche una perizia psichiatrica, conclusasi con l’accertamento della sua capacità di sostenere il giudizio. All’udienza di stamane, l’accusa ha chiesto la condanna nella misura poi accordata dal collegio. Il difensore dell’imputato, l’avvocato Orlando Navarra, ha puntato a riqualificare gli episodi di presunta violenza sessuale in maltrattamenti in famiglia, sostenendo che la persona offesa fosse “inattendibile”, sulla base di “elementi oggettivi delle deposizioni”. La giovane donna si era costituita parte civile nel processo con l’avvocato Veronica Menegatti del foro di Aosta.