Restano in carcere Claudio Taccone 45 anni e i suoi due figli Ferdinando di 21 e Vincenzo di 20 anni, tutti di Saint-Marcel, arrestati lo scorso giugno dai carabinieri di Aosta nell’ambito dell’operazione Hybris. Il tribunale del Riesame di Torino ha confermato la custodia cautelare in carcere, respingendo la richiesta arrivata dalla difesa.
In carcere si trovano anche anche Santo Mammoliti, di 39 anni e Domenico Mammoliti di 26 anni, entrambi di Aosta. I cinque sono considerati vicini alla famiglia di ‘ndrangheta dei Pesce di Rosarno.
“L’indagine denominata “Hybris”, termine greco che significa “prevaricazione”, è iniziata nel giugno del 2012 dopo l’incendio ad un’auto nel Quartiere Dora. Il proprietario, un operaio di un’impresa edile, denunciò il fatto sostenendo che si era trattato di un corto circuito. In realtà, da una serie di perizie emerse che il rogo era di origine dolosa e l’indiziato principale è Ferdinando Taccone.
Qualche mese più tardi, nell’ottobre del 2012, la famiglia Taccone, ed in particolare i "Calabria Boys", come secondo i Carabinieri i due ragazzi "amano farsi chiamare nell’ambiente del divertimento notturno aostano", tornano a colpire. Questa volta, a farne le spese sono Domenico e Fortunato Tripodi (padre e figlio, ndr), rispettivamente di 59 e 18 anni, accoltellati in casa propria ad Aosta da Vincenzo, Ferdinando e un terzo ragazzo, minorenne. Il padre era intervenuto solo in un secondo momento, dopo la richiesta di aiuto del figlio, ricevendo una coltellata alla gola. “Alla base della lite sembrava che ci fossero futili motivi di tipo sentimentale – avevano spiegato i Carabinieri – ma in realtà, sempre da quanto emerso dalle intercettazioni, sembra invece che a innescare la spirale di violenza, pianificata dal padre dei ragazzi, Claudio, sia stata un’offesa – “I Taccone non sanno scannare” .
Gli ultimi episodi di violenza sono stati nei confronti di un corriere della droga, successivamente fermato con 50 chilogrammi di marijuana e ora in carcere, aggredito da Claudio Taccone e vittima di estorsione da parte di Santo Mammoliti, che gli chiese una quota periodica di 100 euro e poi una cifra una tantum di 5mila euro, insieme al complice poi fuggito per paura di ritorsioni, dopo l’ennesimo richiamo dalla Calabria.