‘Ndrangheta: tentata estorsione a due imprenditori valdostani

In carcere sono finiti Giuseppe Facchinieri e Giuseppe Chemi, Michele Raso, classe 1962, e Roberto Raffa (1975) di San Giorgio Morgeto ma residente ad Aosta. Sono accusati di avere a più riprese chiesto del denaro all'imprenditore edile Giuseppe Tropiano.
Cronaca

Escavatori bruciati a scopo intimidatorio, richieste elevate di denaro, lettere minatorie all’indirizzo di un imprenditore calabrese. Tutto questo è avvenuto in Valle d’Aosta, “isola felice” sulla quale da ieri, martedì 20 dicembre, l’operazione “Tempus venit” ha acceso i riflettori. Quattro fermi spiccati dalla Dda di Torino, che ha coordinato le indagini scaturite dal lavoro della Procura e del Comando dei Carabinieri aostano, al quale si affianca quello della Procura bolognese e delle forze dell’ordine calabresi.

Si tratta di: Giuseppe Facchinieri e Giuseppe Chemi, entrambi classe 1960, nati rispettivamente a Cittanova e a Taurianova (in provincia di Reggio Calabria) e residenti il primo a Marzabotto e il secondo a Castel d’Aiano; Michele Raso, classe 1962 di Cinquefrondi e Roberto Raffa, nato a San Giorgio Morgeto nel 1975 ma residente ad Aosta.

Facchinieri e Chemi sono accusati di avere a più riprese richiesto del denaro a Giuseppe Tropiano, imprenditore edile vincitore dell’appalto per la ristrutturazione dell’ex residence “Mont Blanc”. I primi episodi risalgono a maggio 2011, ma solo nel mese di settembre l’uomo, originario di San Giorgio Morgeto ma residente ad Aosta, ha deciso di sporgere denuncia.

Si parla di tentata estorsione in quanto magistratura e forze dell’ordine hanno ritenuto doveroso intervenire prima che il reato di cui sopra si tramutasse in omicidio: "Se non fossimo intervenuti – ha infatti precisato il Tenente Colonnello del Comando di Aosta Guido Di Vita, nel corso della conferenza stampa tenutasi oggi, mercoledì 21, presso il Tribunale di Torino – Giuseppe Tropiano sarebbe andato incontro a morte certa: nell’ultima lettera minatoria si faceva infatti riferimento a una data precisa, quella del 20 dicembre, scelta per la sua esecuzione". Gli estorsori sono arrivati a chiedere fino a un milione di euro, mentre Luigi Monteleone, occupato nel recupero archeologico, era solo stato approcciato, ma senza richieste di somme di denaro.

Roberto Raffa ricopriva il ruolo di basista, mentre Michele Raso, di professione autotrasportatore, era l’interlocutore tra i due soggetti residenti nel bolognese e l’imprenditore operante in Valle d’Aosta, ovviamente non senza un proprio tornaconto. Le indagini hanno inoltre riscontrato che l’autotrasportatore Michele Raso ogni mese partiva dalla Calabria per consegnare dei pacchi in Valle d’Aosta. "Quando lo abbiamo fermato per degli accertamenti – ha specificato il Colonnello di Aosta Cesare Lenti – all’interno del camion abbiamo rinvenuto un’arma da fuoco e un giubotto antiproiettili; Raso deteneva un’altra arma da fuoco presso il suo magazzino a San Giorgio Morgeto, arma che era utilizzata da tre soggetti in maniera indistinta. Per questi tre personaggi è contestualmente scattata l’accusa di detenzione abusiva di armi, con l’aggravante di flagranza di reato".

Per permettere il miglior svolgimento possibile delle indagini, la Procura di Aosta, rappresentata dal procuratore capo Marilinda Mineccia, ha permesso che il pubblico ministero Daniela Isaia fosse applicata alla Direzione distrettuale antimafia torinese, coordinata dal procuratore aggiunto della Procura di Torino Sandro Ausiello. Le indagini sono ancora in corso e inquirenti e forze dell’ordine non escludono che possano emergere altri significativi elementi.

Giuseppe Facchinieri (all’anagrafe, ma di fatto conosciuto da tutti come Facchineri) è già noto alle forze dell’ordine: la sua famiglia fu protagonista di una faida negli anni 70 e 90 (lui stesso rimase ferito in un agguato) e su di lui gravano reati associativi di mafia. È chiamato “Il professore”.Michele Raso è invece fratello di Salvatore Raso, che fu ucciso nel settembre 2010 a San Giorgio Morgeto, finito, in perfetto stile ‘ndranghetista, con un colpo di pistola che gli esecutori gli esplosero in bocca.

Magistratura e forze dell’ordine hanno ribadito l’importanza della collaborazione creatasi tra le diverse Procure e comandi dell’Arma. Un risultato che di recente ha pagato in altre operazioni congiunte di lotta alla criminalità organizzata: basti pensare a “Crimine-Infinito” del luglio 2009 e a “Minotauro” del giugno di quest’anno, concretizzate grazie alla Procura di Reggio Calabria in sinergia rispettivamente con le Procure milanese e torinese.
 

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