Occultamento del cadavere di Arnad: assolti i due imputati

Per Piersandro Cout (49 anni) e Aldo Janin (74), titolare e collaboratore dell’alpeggio in cui il bracciante Aurelian Cochior aveva lavorato, il giudice Tornatore ha pronunciato sentenza di assoluzione “per non aver commesso il fatto”.
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Cronaca

Il proprietario, e un suo collaboratore, dell’alpeggio di Arnad in cui il bracciante romeno 42enne Aurelian Cochior aveva lavorato “senza regolare assunzione” per poco più di un giorno, nel luglio 2017, prima di essere ritrovato morto in un prato in località Fornelle, non sono responsabili dell’occultamento del suo cadavere. Al termine dell’udienza tenutasi nella mattinata di oggi, venerdì 8 marzo, il giudice monocratico Marco Tornatore ha assolto “per non aver commesso il fatto” il 49enne di Verrès Piersandro Cout e il 74enne di Arnad Aldo Janin.

A chiedere l’assoluzione “con formula dubitativa” era stato, nella sua requisitoria, lo stesso pm Eugenia Menichetti, sottolineando come nel corso dell’istruttoria svolta in aula non fossero emersi elementi tali da ricondurre chiaramente la responsabilità dell’occultamento della salma di Cochior, rinvenuta il 5 agosto di due anni fa, ai due imputati, per quanto nella vicenda restino alcune “zone d’ombra”. Prima delle conclusioni delle parti (le difese erano rappresentate dagli avvocati Ferdinando Ferrero e Massimo Campanale, di Ivrea), il titolare dell’azienda Cout ha reso alcune dichiarazioni spontanee.

L’uomo ha ripercorso quei giorni, partendo da quando era andato a “prendere il ragazzo” nel parcheggio di un supermercato della bassa valle (sul suo “reclutamento”, nella scorsa udienza, durante la deposizione di uno dei Carabinieri che avevano curato le indagini, era aleggiato anche lo spettro del “caporalato”), fino al momento in cui il lavoratore era “sparito”, senza più dare sue notizie.

A trovare Cochior esanime, come emerso durante il processo, era stato il figlio di Aldo Janin, mentre percorreva il sentiero che incrocia Fornelle con una moto da trial. “Pensavo di trovare un manzo morto, – aveva detto, ricordando l’odore acre che lo aveva convinto a fermarsi – poi mi sono sporto e ho visto il cadavere”.

Nella scorsa udienza, il pm Menichetti lo aveva incalzato su diverse telefonate compiute in quel frangente (tre delle quali a Cout, per una durata complessiva di oltre tredici minuti, giudicata rilevante dall’accusa) prima di rivolgersi ai soccorsi: “perché non avete chiamato immediatamente?”. La risposta dell’uomo era stata: “eravamo confusi, sicuramente ci siamo ripetuti le stesse cose”.

Resta così senza risposta uno dei “gialli” dell’estate valdostana 2017. I Carabinieri avevano notato, da subito, come la salma fosse “senza calze, senza calzature”, ma “con la pianta dei piedi liscia”. Il corpo, senza documenti addosso e senza segni di violenze, era in stato di decomposizione e per giungere alla sua identificazione era stato necessario il raffronto del Dna con un parente. Un quadro che porta a dubitare fortemente del fatto che, fino al prato del ritrovamento, Cochior abbia camminato da solo.

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