Per i giudici della Cassazione la Franzoni ha ucciso il figlio. Confermata la condanna a 16 anni

La sentenza è uscita poco dopo le 21 di ieri sera, mercoledì 21 maggio. Ora, la lunga vicenda giudiziaria è chiusa. Dopo tre anni, tre mesi e 21 giorni è arrivato il verdetto finale.
Cronaca

Per Annamaria Franzoni si sono aperte le porte del carcere. La Cassazione ha confermato la sentenza d’appello a 16 anni di carcere. Ora, si può dire che il giallo di Cogne è ufficialmente chiuso. La sentenza è uscita poco dopo le 21 di ieri sera, mercoledì 21 maggio. Ora, la lunga vicenda giudiziaria è chiusa. Dopo tre anni, tre mesi e 21 giorni è arrivato il verdetto finale. Quello definitivo. A uccidere il piccolo Samuele Lorenzi, per i giudici, è stata la madre: Annamaria Franzoni.

Era il 30 gennaio del 2002, quando la stessa Franzoni chiama il 118 per dire che il figlio vomita sangue. Dal quel giorno, è iniziata una lunga battaglia giudiziaria, fatta di perizie, contro perizie. Poi, il processo di primo grado. Il 19 luglio del 2004, il gup di Aosta, Eugenio Gramola, condanna, in abbreviato, la Franzoni a 30 anni di carcere. Altre perizie, altri esperti a esaminare le tracce di sangue su pigiama e zoccoli, elementi chiavi per la procura di Aosta. Il 27 aprile del 2007 la Corte d’appello condanna la donna a 16 anni di carcere.

Ieri, l’ultimo verdetto. La Franzoni è stata giudicata colpevole. La donna non era in aula, ha preferito attendere il verdetto assieme alla sua famiglia. A rappresentarla in Cassazione, l’avvocato Paolo Chicco e il professo Carlo Federico Grosso (cha aveva già difeso la donna prima che subentrasse l’avvocato Carlo Taormina).

Il sostituto procuratore generale Gianfranco Ciani, numero uno per competenza, nella sua requisitoria ha chiesto la conferma della condanna, “con umana sofferenza, ma con giuridica certezza”, ha detto. Per il sostituto procuratore generale le obiezioni avanzate dalla difese erano tutte da respingere. Per il pg Ciani i metodi utilizzati per la perizia psichiatrica, fatti in appello, sulla Franzoni erano validi. Come validi i metodi di indagine utilizzati dai periti.

La Cassazione conferma quindi l’impianto accusatorio della procura di Aosta. Le indagini erano state coordinate dal pm Stefania Cugge e in un secondo tempo dal collega Pasquale Longarini. Un impianto accusatorio che ha retto a tutti i gradi di giudizio.
Eppure, non è mai stata trovata l’arma. La Franzoni si è sempre proclamata innocente, non ha mai confessato. Secondo i giudici d’appello, il delitto è avvenuto in un impeto di rabbia. Ma secondo il pg Ciani, non si può attribuire al dolo d’impeto questo delitto.

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