Era popolare, tra i suoi clienti, per ricevere “senza appuntamento”, come campeggia anche sulla vetrina del salone da parrucchiera di cui è titolare, in via Torino, nel capoluogo regionale. Per i finanzieri del Gruppo Aosta, che hanno controllato l’attività, tuttavia, non avvertiva particolari vincoli orari nemmeno nel versare le imposte, che non aveva mai pagato, malgrado la regolare presentazione delle relative dichiarazioni.
Non sarebbe stato nemmeno il primo caso di insolvenza fiscale registrato in Valle, ma le Fiamme gialle hanno deciso di andare oltre e quanto emerso dagli sviluppi di quella verifica fiscale ha fatto finire in manette nella mattinata di oggi, martedì 16 gennaio, due residenti ad Aosta: Josefina Bienvenida Nunez Herrera, 52 anni, cittadina italiana di origini dominicane, ed il suo convivente, Antonino Tripodi, 54 anni, dipendente dell’Agenzia delle Entrate.
Le imputazioni
Le accuse mosse alla coppia, per cui il Giudice per le indagini preliminari Giuseppe Colazingari ha disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari, sono gravi: sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, autoriciclaggio (novità introdotta nell’ordinamento italiano dal 2015) ed associazione per delinquere.
Ad esse, la Procura aggiunge l’aggravante della transnazionalità del reato, visto che i fatti oggetto dell’indagine, e degli addebiti conseguenti, sconfinano fino a Santo Domingo, nei Caraibi, come hanno spiegato gli inquirenti in una conferenza stampa tenutasi stamane al comando regionale della Guardia di finanza.
Le indagini
In sostanza, dopo aver controllato la ditta individuale “Josefina hair stylist” per il periodo d’imposta dal 2013 al 2015, i finanzieri realizzano che all’impresa individuale, come raccontato dal tenente colonnello Francesco Caracciolo, comandante del Gruppo Aosta, “erano state notificate ben 129 cartelle esattoriali, per un ammontare complessivo appena inferiore al milione di euro. In quella cifra rientrano anche i 230mila euro tra imposte dirette, IVA (e relativi sanzioni ed interessi) mai versati dalla donna”.
I finanzieri potrebbero fermarsi qui, ed in fondo sarebbe la procedura di un’ordinaria verifica, ma decidono di seguire i flussi di denaro dell’azienda e di ciò che le gravita attorno. Così, attraverso accertamenti bancari e segnalazioni del sistema valutario, si rendono conto – ha continuato a raccontare l’ufficiale – “che il convivente della donna aveva messo a disposizione i propri conti correnti per pagare fornitori e dipendenti, riscuotere i corrispettivi e tutto quanto serviva a proseguire l’attività del salone, nonostante le procedure cautelari avviate per i pagamenti mai effettuati”.
C’è dell’altro, però. Perché dagli accertamenti emerge pure che i due, “operando svariate ricariche di carte di credito e spedendo denaro tramite dei ‘money transfer’, hanno inviato nella Repubblica Dominicana, terra di provenienza della donna, circa 150mila euro, di fatto sottratti ad onorare i debiti tributari pendenti in Italia”. Scatta così, per entrambi, la denuncia per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
L’autoriciclaggio: la prima contestazione in Valle
In quello che il procuratore capo Paolo Fortuna definisce oggi “un cambio di strategia” rispetto al passato, i finanzieri si interrogano sull’uso di quei soldi spediti dall’altra parte del mondo: che fine avranno fatto? Il risultato li sorprende, perché è costituito – come spiegato sempre dal tenente colonnello Caracciolo – “dall’acquisto di un attico in centro a Santo Domingo, di una villa in campagna con piscina e di almeno due saloni di bellezza con decine di dipendenti”. Per le Fiamme gialle, però, i soldi alla base di tutto ciò vi sono frutto di un reato commesso nel nostro Paese e, per la prima volta in Valle da quando è entrato nel codice, contestano alla coppia anche l’autoriciclaggio.
I “complici” nei Caraibi
L’esistenza di persone che, dopo aver ricevuto le ricariche e i trasferimenti, (ri)metteva a disposizione di Herrera e Tripodi i soldi spediti, per gli affari oltreoceano, consente anche di formulare, secondo la Finanza, l’accusa di associazione per delinquere, finalizzata a commettere i reati oggetto delle precedenti contestazioni. Si tratta di dodici persone, tutte straniere, residenti nella Repubblica nei Caraibi.
La propaggine “dominicana” delle accuse fa scaturire, infine, l’aggravante della transnazionalità, prevista dalla legge italiana di ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato. Completato il quadro accusatorio, i finanzieri ravvisano sia il pericolo di fuga (“i due avevano pronta una vita all’estero”), sia di reiterazione del reato, così come di inquinamento probatorio e il pubblico ministero Luca Ceccanti, titolare delle indagini, chiede l’emissione delle misure cautelari, concesse dal Gip Colazingari ed eseguite stamattina.
I sequestri e le perquisizioni
Assieme agli arresti, gli uomini del Gruppo Aosta hanno eseguito perquisizoni, inclusa la postazione di lavoro dell’uomo negli uffici del territorio dell’Agenzia delle Entrate, e sequestri preventivi. In particolare, sono stati “messi i sigilli” a conti correnti, beni immobili e mobili nella disponibilità degl indagati, fino alla concorrenza di oltre 230mila euro, importo che si ritiene essere stato sottratto al fisco. “La posizione dell’azienda della donna – ci tengono a dire gli inquirenti – è risultata regolare”. Il salone, stamane, risultava regolarmente aperto.
Verrà inoltre valutata la rogatoria internazionale per i beni individuati all’estero. “Santo Domingo non è un paese particolarmente collaborativo sul piano giudiziario – ha commentato il comandante regionale della GdF, il generale Raffaele Ditroia – ma tramite l’Interpol esiste una ottima cooperazione di polizia”.
Il “salto di qualità”
Comprensibile soddisfazione, tra gli inquirenti, per la chiusura dell’indagine (denominata "Barber Shop", dal negozio controllato inizialmente), definita, secondo il tenente colonnello Caracciolo, “un caso di scuola sull’evasione fiscale nel nostro paese. Ci si poteva limitare alla verifica fiscale, ma il salto di qualità è nella conoscenza dei nuovi strumenti messi a disposizione dall’ordinamento e nell’aver verificato quanto ci ha portati al resto”.
Gli ha fatto eco il maggiore Roberto Talentino, anch’egli presente alla conferenza stampa, sottolineando che, nei documenti sequestrati oggi, “è stato rinvenuto il contratto per l’apertura di un altro salone, segno che il ‘giochino’ di sottrarre i soldi alle tasse e mandarli all’estero era remunerativo”.
“In un momento difficile – ha concluso il generale Ditroia – in cui i contribuenti onesti faticano a versare i loro tributi, sentendosi anche vessati, questa è la dimostrazione che ci siamo. Questo tipo di condotte non rimane impunito. Ha un’importanza sociale. Concorrere al benessere del Paese è un dovere etico, per quanto non molto avvertito. La percezione di impunità deve venire meno”.
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Complimenti alla Guardia di Finanza , parole sante
“La percezione di impunità deve venire meno”