“Un’ingiustificata dissipazione di provviste erariali di enorme consistenza”

07 Febbraio 2018

Le operazioni di finanziamento e di ricapitalizzazione della “Casinò de la Vallée” attuate dall’Amministrazione regionale “anche attraverso altri soggetti sottoposti alla sua dominante influenza” (il riferimento è essenzialmente a Finaosta e C.V.A. SpA), non sarebbero “il risultato di lungimiranti e oculate scelte finalizzate a favorire la ripresa di un’attività imprenditoriale in temporanea difficoltà”, ma “il prodotto di sconsiderate opzioni operate nonostante ricorressero plurimi, univoci e tutti coerenti segnali di crisi strutturale”. Segni “non altrimenti interpretabili se non come dimostrativi dell’insussistenza di condizioni per la continuità aziendale, in mancanza di massicci e ripetuti apporti finanziari esterni”.

Lo scrive il procuratore regionale della Corte dei Conti, Roberto Rizzi, nell’avviso di citazione notificato oggi, mercoledì 7 febbraio, ai ventuno componenti di Giunta e Consiglio Valle ed al dirigente dell’Assessorato regionale al bilancio che hanno adottato (i primi) e vagliato (in parte, il secondo) le deliberazioni con cui sono stati disposti, tra il 2012 e il 2015, i mutui per quasi 80 milioni e l’aumento di capitale sociale di 60 milioni di euro a beneficio della società di gestione del Casinò.

Per il pubblico ministero contabile, quelle “flebo” di fondi pubblici sarebbero “decisioni ‘contra legem’ e confliggenti con i canoni di buon senso gestionale”, tali da arrecare pregiudizi all’erario regionale e da integrare la responsabilità amministrativa dei loro attori. Da qui, l’addebito ai citati – con udienza fissata dalla sezione giurisdizionale per il prossimo 27 giugno – di un presunto danno erariale appena inferiore ai 140 milioni di euro.

Le deduzioni non superano gli addebiti

Tale cifra era già alla base dell’invito a dedurre, recapitato nel giugno 2017 agli stessi destinatari dell’atto di oggi, a seguito delle prime indagini, avviate dagli inquirenti contabili “sulla base di circostanziate informazioni di fonte giornalistica”. Con l’eccezione del coordinatore del Dipartimento bilancio Peter Bieler, che ha chiesto di essere sentito avvalendosi dell’assistenza di un avvocato, tutti gli altri hanno trasmesso, tramite i loro legali, delle deduzioni.

Dopo averle esaminate, il procuratore Rizzi le ritiene “seppur con sfumature ed intensità variabili”, nella sostanza “in larga parte sovrapponibili”, ma soprattutto tali da non fornire “elementi di valutazioni diversi o ulteriori rispetto a quelli già attentamente considerati in sede di elaborazione dell’invito a dedurre”. Nemmeno, dice ancora l’avviso, “suggeriscono prospettive di osservazione nuove rispetto a quelle già in precedenza approfondite ed accuratamente metabolizzate”.

Argomento difensivo #1: “erano mutui, nessun danno per la Regione”

Ciò premesso, il pm contabile si sofferma su alcune argomentazioni difensive. La prima è quella – sollevata da tutti i deducenti – secondo cui essendo stati i finanziamenti effettuati attraverso mutui, la circostanza che il Casinò stesse procedendo al rimborso delle rate escluderebbe qualunque pregiudizio per la Regione. Al riguardo, secondo Rizzi, anzitutto “solo tre delle operazioni” hanno visto il ricorso al mutuo, mentre quella più consistente (pari al 43% del presunto danno contestato) è stata rappresentata da un aumento di capitale.

Dopodiché, “è vero che le rate” – per quanto “alleggerite” per effetto “di generose concessioni di lunghissimi periodi di preammortamento (quantomeno inusuali)”, di “rimodulazioni dei piani di ammortamento (suggeriti dalle contingenze poco favorevoli)” e di “drastici abbattimenti del costo dei finanziamenti (addirittura del 600% passando da un tasso originario del 6% a quello dell’1%)” – sono “state onorate”, con “una parte della quota capitale del mutuo più remoto” restituita. Questo, però, continua l’avviso, “è avvenuto solo grazie all’impiego di ulteriori risorse finanziarie messe a disposizione dalla Regione”.

In sostanza, “la rotatività delle iniezioni di liquidità ha costituito e seguita a rappresentare il rimedio immunizzante contro l’insolvenza, altrimenti assai difficilmente evitabile” del Casinò. Non solo, perché i ripetuti apporti di risorse regionali “nascondono la fragilità strutturale del debitore, costretto a ricorrere sistematicamente alla indulgente generosità del creditore per non manifestare l’incapacità di autosostenersi”.

Argomento difensivo #2: “per Finaosta erano operazioni ‘tranquille’”

L’altro profilo delle deduzioni su cui il Procuratore si sofferma riguarda “l’asserito effetto tranquillizzante del giudizio di sostenibilità degli oneri debitori da parte del Casinò, espresso da Finaosta nelle varie operazioni di erogazioni di finanziamento”. Al punto, gli uffici di piazza Roncas  hanno dedicato un supplemento di istruttoria, concludendo che i giudizi tecnici della finanziaria regionale (limitati peraltro alla prima operazione, il mutuo da 50 milioni di euro del 2012) “non sono tranquillizzanti nell’accezione utilizzata dai deducenti”.

In altri termini, quella valutazione “non può superficialmente essere considerata una certificazione della controparte (il Casinò, ndr) e della sua adeguatezza patrimoniale”. Deve bensì essere “valutata per quello che realmente esprime e cioè l’espressione del grado di rischio di insolvenza misurato con gli indici propri della vigilanza prudenziale degli intermediari finanziari”. Le note di Finaosta – scrive Rizzi – “dietro un’apparenza di positività manifestano, invece, la reale inconsistente solidità del soggetto la cui esposizione debitoria veniva progressivamente aumentata”, perché il giudizio “era intimamente e fortemente condizionato dalla garanzia personale concessa dalla Regione”.

“Anche solo uno sguardo alle condizioni del finanziamento”, sottolinea il Pubblico ministero contabile, sarebbe stato sufficiente per comprendere “la temerarietà della destinazione di un’enorme fetta di risorse pubbliche ad un soggetto in conclamata difficoltà” e “con prospettive di ripresa, ad una valutazione molto generosa, quantomeno problematiche”. Pertanto, “nessun rassicurante appiglio poteva rinvenirsi nelle valutazioni compiute da Finaosta”.

Anzi, “l’obiettiva esistenza di un ‘rischio portato dalla posizione creditizia Casinò’ era avvertita dalla stessa società di revisione" della finanziaria regionale, la Deloitte & Touche. Tant’è che – nell’informativa resa al 31/12/2016 – Finaosta ha “ritenuto di non perseverare nell’esposizione assolutamente tranquillizzante in precedenza seguita ed ha, perciò rilevato come ‘inadempienza probabile’ il credito di 20.414.498 euro vantato nei confronti della casa da gioco”.

La ripartizione del presunto danno

Non ritenendo utili le deduzioni a superare la tesi sviluppata al termine delle indagini compiute dalla Procura regionale, delegando gli accertamenti al Nucleo di polizia economico-finanziaria di Aosta della Guardia di finanza comandato dal tenente colonnello Piergiuseppe Cananzi, “il prospettato danno, che si assume patito dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta, è da imputare” a ciascuno dei destinatari dell’avviso di citazione, “in via principale a titolo di dolo e, perciò, solidamente tra loro”. “In via gradata – prosegue l’atto – i medesimi fatti vengono contestati a titolo di colpa grave”. La ripartizione è stata effettuata tenendo conto dei ruoli rivestiti e degli atti votati nella “causazione delle condotte produttive di nocumento”, come segue:

Mauro Baccega (7,29 milioni di euro di danno presunto), Luca Bianchi (4,44 milioni), Stefano Borrello (3,33 milioni), Raimondo Davide Donzel (2,85 milioni), Joel Farcoz (4,44 milioni), David Follien (3,33 milioni), Antonio Fosson (7,29 milioni), Giuseppe Isabellon (13,33 milioni), Leonardo La Torre (3,33 milioni), Albert Lanièce (10 milioni), André Lanièce (3,33 milioni), Aurelio Marguerettaz (17,29 milioni), Pierluigi Marquis (4,44 milioni), Ennio Pastoret (10 milioni), Marilena Peaquin (3,33 milioni), Ego Perron (6,19 milioni), Claudio Restano (3,33 milioni), Emily Rini (6,19 milioni), Augusto Rollandin (17,29 milioni), Renzo Testolin (4,44 milioni) e Marco Viérin (4,44 milioni).

I finanziamenti? Una ingiustificata dissipazione di provviste erariali

Alla chiusura dell’indagine, il procuratore Rizzi arriva a dipingere l’azione di finanziamento della Casa da gioco da parte dell’Amministrazione regionale non come “una, seppur discutibile, iniziativa di sostegno ad un processo di innovazione strategica, dagli incerti esiti, di una società controllata in perdurante crisi”, ma “un’irrazionale e consapevole allocazione di cospicue risorse pubbliche per il sostegno di un soggetto imprenditoriale non in grado, in base agli inequivoci segnali di contesto, di assicurare ragionevoli equilibri dei saldi della gestione”. Una condotta che si sarebbe verificata “disattendendo i basilari precetti dell’economicità, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa”, dalla quale sarebbe derivato “un macroscopico scostamento dall’alveo della corretta gestione” che “rende l’impiego dell’ingente provvista finanziaria pubblica fonte di danno erariale”.

Peraltro, secondo gli accertamenti dalla Corte dei Conti, “la vigorosa assistenza finanziaria” a favore della “Casinò de la Vallée”, “in contrasto con gli inderogabili precetti previsti dalla legislazione nazionale e da quella regionale”, non sarebbe solo avvenuta  “attraverso iniezioni di liquidità”, ma anche “con modalità meno evidenti”, che configurano comunque “una variegata gamma di aiuti”.

A tal proposito, l’avviso di citazione elenca: la riduzione dei tassi d’interesse sui mutui erogati (gradualmente dal 6% all'1%); l’elisione di una quota consistente (per 30 milioni di euro) del debito nei confronti di Finaosta (e, per la concatenazione dei finanziamenti anche di C.V.A., origine remota della disponibilità finanziaria impiegata); la riduzione, nel periodo precedente a quello della contestazione, dal 40% al 10% della quota di introiti lordi dei giochi che la "Casinò de la Vallée" è tenuta a corrispondere alla Regione; il fondo alimentato con la percentuale del 6% degli introiti di spettanza dell'Amministrazione regionale relativi all’anno precedente.

La specialità dello Statuto? Non sterilizza in Valle i principi di finanza pubblica

Insomma, nel complesso, ci si troverebbe di fronte ad una “ingiustificata dissipazione di provviste erariali di enorme consistenza”, attuata ignorando gli indicatori della “pressoché certa evaporazione delle nuove risorse somministrate” e finendo con l’essere “macroscopicamente distante dal dovuto oculato impiego di una provvista finanziaria collettiva”. Per il procuratore contabile, ad essere ignorati dagli amministratori regionali sarebbero anche stati i principi introdotti ai fini del coordinamento della finanza pubblica, con “la specialità dello Statuto della Valle d’Aosta” che “non valeva a sterilizzarne l’efficacia nel territorio regionale”.

“Ogni impopolare, ma necessaria, decisione, che sarebbe stata logicamente e doverosamente conseguente all’evidente irrecuperabilità di una fisiologica operatività imprenditoriale – scrive ancora Roberto Rizzi – è stata surrogata con indulgenti operazioni di foraggiamento finanziario che, se da un lato, non hanno fermato l’ingravescente ammaloramento della già compromessa condizione aziendale, dall’altro, hanno comportato la dissipazione di ingenti risorse pubbliche: la concatenazione degli apporti si è, in concreto, risolta in ripetuti interventi di rimpinguamento della liquidità, soggetta ad un processo di rapida, ciclica e inarrestabile evaporazione”.

Il perché dei trasferimenti ripetuti? L’intercettazione del consenso

Alle possibili ragioni di questa azione – che avrebbe disatteso “con spregiudicata disinvoltura” gli “stringenti limiti legali posti a garanzia del preminente interesse alla corretta ed oculata allocuzione delle risorse, nonché a presidio degli equilibri di finanza pubblica” (in particolare, la possibilità di prevedere trasferimenti a controllate solo nell’ambito della legge finanziaria regionale) e sarebbe stata attuata “attribuendo rilevanza a pronostici di risanamento fondati su risultati gestionali sperati esageratamente ottimistici”, gli inquirenti contabili dedicano un giudizio alla sessantanovesima delle centosedici pagine dell’avviso di citazione.

“Non può essere ignorato che costituisce fatto notorio e, come tale, non bisognevole di ulteriori sostegni dimostrativi – si legge – che il mantenimento dei livelli occupazionali e delle (spesso) generose retribuzioni accordate” in seno alla Casa da gioco “sono fattori fondamentali di intercettazione e consolidamento del consenso politico. E, nel caso di specie, questa finalità ha rappresentato il più significativo sprone per il traino di una società che non era in grado di procedere autonomamente”. Da tutto ciò si partirà nell’udienza del 27 giugno prossimo: mancano esattamente centoquarantatré giorni.

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