Valanga al Col Chamolé, l’appello conferma la colpevolezza dei sei istruttori

Scendono però, per effetto della concessione delle attenuanti generiche, le pene comminate ad ognuno. Il processo riguardava l’incidente del 7 aprile 2018, quando una valanga uccise due partecipanti ad un’uscita scialpinistica di una scuola del Cai.
Il luogo della valanga a Pila  - Foto di Erik Pernisco
Cronaca

Resta la colpevolezza per tutti e sei gli imputati, ma rispetto a quanto stabilito in primo grado dal Tribunale di Aosta le pene si affievoliscono. E’ la decisione dei giudici della Corte d’Appello di Torino nel processo sull’incidente del 7 aprile 2018, quando una valanga si staccò dal colle Chamolé, uccidendo due dei ventun partecipanti a una uscita scialpinistica promossa dalla scuola “Pietramora” del Club Alpino Italiano (composta dalle sezioni del club di Cesena, Faenza, Forlì, Imola, Ravenna e Rimini). Le imputazioni erano di omicidio colposo plurimo e disastro colposo.

La condanna è passata a un anno e quattro mesi di reclusione per Vittorio Lega (51 anni, Imola), direttore del corso cui in primo grado vennero inflitti due anni. Agli altri cinque istruttori del Club Alpino Italiano, è stato inflitto un anno (contro l’anno e mezzo del giudizio al Tribunale di Aosta, chiusosi il 24 febbraio 2021). Si tratta di Alberto Assirelli (53, Ravenna), Leopoldo Grilli (48, Imola), Paola Marabini (50, Faenza), Matteo Manuelli (47, Imola) e Giacomo Lippera (50, Chiaravalle). Il ricalcolo delle pene è l’effetto della concessione, a tutti, delle attenuanti generiche (riconosciuta anche la sospensione condizionale).

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti dopo l’incidente, i sei istruttori avevano agito con “negligenza, imprudenza ed imperizia”, radunando “la maggior parte” dei ventun partecipanti “sulla cima del colle Chamolé (quota 2.620 metri circa) ed attraversandolo in corrispondenza di una placca a vento”. Per l’accusa, in quel momento, il cumulo di neve “a causa del passaggio degli sciatori, si staccava e provocava una valanga”, dal fronte di circa 200 metri e sviluppatasi per quasi 600 metri di lunghezza.

Il distacco aveva investito due degli imputati, Manuelli e Lippera, poi soccorsi assieme ad un terzo corsista. Non ce l’avevano invece fatta il 28enne Roberto Bucci di Imola e il 52enne Carlo Dall’Osso, della stessa città, che era anch’egli istruttore Cai. Le indagini erano state curate dal Soccorso Alpino della Guardia di finanza di Entrèves e avevano visto anche la realizzazione di una perizia tecnica, in sede di incidente probatorio. Nelle scorse udienze, oltre a un sopralluogo sul posto, erano stati sentiti gli imputati e alcuni testimoni.

Cai: “Sentenza sconcertante”

Già all’indomani del verdetto di primo grado, il Club Alpino Italiano aveva reagito alla decisione del giudice monocratico Marco Tornatore. “Abbiamo preso atto con rammarico della sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Aosta, che sembra contraddire inequivoche risultanze probatorie e valutazioni espresse dai più autorevoli esperti sentiti in corso di giudizio. – commenta la sentenza il Presidente generale del CAI, Vincenzo Torti –  Ancor più grave è l’aver esteso la più volte contestata responsabilità a tutti i soggetti coinvolti, assimilando al ruolo del direttore del corso quello dei volontari di mero supporto collaborativo, che, in quanto non titolati, non avevano alcuna funzione in ordine a valutazioni non di loro competenza. Una scelta processuale accusatoria stigmatizzata sin dal primo momento, quella cosiddetta ‘a strascico’, che talora viene utilizzata in avvio di indagine, ma viene superata all’esito di approfondimenti che consentono di individuare ruoli e contributi causali. Scelta ancor meno condivisibile, laddove ha portato, su tale errato presupposto, ad escludere qualsivoglia rilevanza al decesso del partecipante ‘qualificato'”.

Il Club alpino italiano si era quindi detto confidente nel giudizio d’appello, confermando “la piena solidarietà ai propri soci, ai quali non mancherà di assicurare la necessaria vicinanza e assistenza”. I giudici di secondo grado, però, non hanno escluso la responsabilità degli imputati.

 

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