Violenza e sopraffazioni all’ex moglie, condannato a 9 anni di carcere

Si è chiuso oggi il processo a un 33enne marocchino, detenuto per i maltrattamenti. L'uomo dovrà anche risarcire la vittima con 15mila euro.
Cronaca

Si è concluso nella mattinata di oggi, mercoledì 11 aprile, al Tribunale di Aosta, il processo nei confronti di un 33enne marocchino accusato di maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale aggravata sull'allora moglie. L'uomo, attualmente detenuto, è stato condannato a 9 anni di reclusione, nonché a risarcire, con 15mila euro, i danni patiti dall'ex compagna, costituitasi parte civile.

Il pm Luca Ceccanti, nel chiedere che il collegio composto dal presidente Eugenio Gramola e dai giudici a latere Marco Tornatore e Maurizio D'Abrusco ritenesse colpevole l'imputato, ha ripercorso le tappe della vicenda "di sconcertante violenza e grave brutalità", iniziata con il trasferimento della coppia in Valle d'Aosta. Maltrattamenti e violenze si sono sviluppati, ha ricordato il rappresentante dell'accusa "in un arco di tempo prolungato" ed hanno assunto "tinte via via più fosche".

Ad assistere la donna che ha trovato il coraggio di denunciare il compagno (le indagini erano state effettuate dalla Squadra mobile della Questura), l'avvocato Stefano Marchesini. "La abbiamo sentita in aula. – ha sottolineato il legale – Equilibrata, non animata da sentimenti di rivalsa, una donna che ne ha passate tante e vuole solo mettere fine alla bolla di violenza cui è stata sottoposta".

L'avvocato Antonio Foti, del foro di Torino, ha respinto le accuse per il suo cliente, invocandone l'assoluzione, affermando di non credere ad "una parola di quanto ha detto la parte lesa. Questa donna sì e stancata del marito e ha trovato comodo un mezzo che il costume attuale mette a disposizione di chi abbia voglia di scomodare l'autorità giudiziaria".

Una precedente udienza del procedimento aveva visto la testimonianza choc della vittima. La donna aveva ricordato alcuni episodi risalenti all’anno scorso, nel periodo del “Ramadan”, il mese in cui i musulmani sono tenuti al digiuno. “Ero incinta e, nonostante gli dicessi di lasciarmi, – aveva rivelato – lui mi strappava i vestiti per avere dei rapporti sessuali. Se non accondiscendevo, ribatteva che allora non doveva spendere soldi per farmi mangiare”. Nemmeno il parere del medico, espresso in ragione dello stato di gravidanza, lo avrebbe fermato: “diceva ‘cosa ne sa il ginecologo?’”.

Gli attacchi dell’uomo, era emerso dalla testimonianza, avvenivano “almeno una volta a settimana” e i rapporti non consenzienti sarebbero arrivati ad una decina. La donna ha ricordato che a volte urlava dal dolore, ma lui rispondeva “che il Corano spiega che la moglie deve sempre ascoltare il marito e non ha mai smesso, nonostante io dicessi di no”. In quel periodo, “lui diceva che se andavo a dormire a letto dovevo fare sesso, per cui dormivo sul divano” e, finito il mese della commemorazione della prima rivelazione del Corano a Maometto, “ho chiesto ospitalità ad una vicina”. Malgrado il ritornare dell’Islam nella deposizione, l’ex moglie dell’imputato lo ha descritto come “non praticante, prega una volta all’anno quando c’è il Ramadan”.

Vuoi rimanere aggiornato sulle ultime novità di Aosta Sera? Iscriviti alla nostra newsletter.

Articoli Correlati

Fai già parte
della community di Aostasera?

oppure scopri come farne parte