Alter Ego(s): lo spettacolo teatrale sull’uomo dalle 24 personalità

Ospite allo Splendor per la rassegna Saison Culturelle, la Compagnie Scènes Plurielles ha rappresentato ieri sera la storia di un uomo affetto da disturbo dissociativo dell’identità.
Alter Ego(s)
Cultura

Un caso affascinante ma senza dubbio difficile da mettere in scena quello di Stanley Billigan, protagonista della pièce in francese rappresentata ieri al Teatro Splendor. Di certo anche chi era al corrente dell’originalità di questo personaggio, affetto da disturbo dissociativo dell’identità, è rimasto colpito dall’”instancabile forza psicologica” della sua storia, come l’ha definita la regista Isabelle Jeanbrau.

A contribuire alla complessità intrigante del carattere principale, una scenografia a doppio volto rende l’atmosfera ancora più caleidoscopica, in cui irreale e reale si confondono, come si può sperimentare fin dalla prima scena. Qui, Stanley è solo sul palcoscenico e risuona in tutta la sala l’eco dei rimproveri ricevuti durante l’infanzia, che egli non capisce e non sa giustificare. L’angoscia e l’incomprensione lo spingono, una sera di marzo del 1970, ad aprire una finestra e fare un passo nel vuoto. Ecco che, con lo stupore di tutti, Stanley si ritrova ammanettato, sotto accusa di furto e aggressione sessuale a tre donne, in un centro penitenziario davanti alla psichiatra Cornélia Willbur, incaricata del suo caso.

Il disorientamento di Stanley non può che suscitare l’empatia del pubblico, soprattutto quando egli afferma con tono sconsolato “gli altri sanno più di me ciò che ho fatto”. Ma quest’apparenza di vittima, in un uomo che è convinto di avere ancora quindici anni e di essere andato a scuola fino al giorno prima, è subito capovolta non appena una nuova personalità si impossessa di lui. Ecco che la dottoressa e il pubblico fanno conoscenza con una delle molte identità di Stanley, Ragen, un uomo violento dal forte accento slavo, che vuole evadere dal centro penitenziario e menziona personaggi dai nomi sconosciuti.

Si tratta delle ventiquattro personalità di Stanley, che si susseguono una dopo l’altra nelle sue azioni, differenziandone l’espressività, i gesti, l’accento e il linguaggio. Ecco che si passa dall’aggressività di Ragen ai modi affabili del londinese Arthur, dal forte accento britannico, e all’umorismo perverso del criminale Kevin. Essi formano una sorta di “famiglia”, in cui ciascuno a turno prende il sopravvento nella vita di Stanley, assolutamente ignaro dell’esistenza delle altre identità.

La pièce è tratta dalla storia vera di Billy Milligan, criminale statunitense assolto per infermità mentale e protagonista di un caso mediatico che sconvolse gli USA alla fine degli anni ‘70. La regista ha cercato di rappresentare, per quanto possibile, il meccanismo con cui le varie personalità prendevano il controllo della sua coscienza, come egli spiegò negli interrogatori all’epoca del processo per lo stupro di tre studentesse: “Ci troviamo in una stanza buia. In mezzo a questa stanza, sul pavimento, c’è una chiazza di luce. Chiunque faccia un passo dentro la luce esce sul posto, ed è fuori nel mondo reale, e possiede la coscienza. Questa è la persona che gli altri – quelli fuori – vedono e sentono e a cui reagiscono. Gli altri possono continuare a fare le solite cose, studiare, dormire, parlare o giocare. Ma chi è fuori, chiunque sia, deve fare molta attenzione a non rivelare l’esistenza degli altri. È un segreto di famiglia”.

Gli spettatori, immersi in questo vortice in cui spazi e tempi diversi si sovrappongono nella durata reale di poco più di un’ora, trattengono il fiato fino alla fine, quando finalmente è svelata la violenza misteriosa all’origine dello sdoppiamento di Stanley. Con un estremo sforzo di ricerca nella propria interiorità e nella propria sofferenza, Stanley ricorda e rivive gli abusi sessuali e psicologici da parte del patrigno, che aveva addirittura cercato di seppellirlo vivo. Il trauma lo aveva poi spinto al tentativo di suicidio, che in realtà ha dato inizio a quei “vuoti di tempo” in cui le personalità dominanti lo tenevano costantemente addormentato.

Insomma, anche questa volta la Saison Culturelle regala un bel momento di teatro, con la performance eccellente di Cédric Chapuis e Margot Mouth, una messa in scena dal ritmo incalzante e un insolito fatto di cronaca, a cui è dedicata la biografia “Una stanza piena di gente” di Daniel Keyes e a cui sarà ispirato anche il film “The Crowded Room” con Leonardo Di Caprio, la cui uscita è prevista per il 2020.

Domani sera invece sarà ospite della rassegna il Quartetto Prometeo, che suonerà a partire dalle 21 al Teatro Splendor.

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