Spesso non sono le opere più belle tra quelle esposte alla Fiera di Sant’Orso, ma di sicuro sono le più chiacchierate e fotografate. Sono le sculture giganti, alte (e a volte anche larghe) oltre un metro, realizzate pazientemente in lunghi mesi di lavoro, quasi sempre partendo da un unico blocco di legno.
Come d’abitudine, la maggior concentrazione di opere “extra large” si trova nel cuore pulsante della manifestazione, in via Sant’Anselmo, dalla zona di Sant’Orso che risale verso la Porta Pretoria, in cui espongono i grandi nomi dell’artigianato valdostano e dove quest’anno spicca la donna senza veli, in cirmolo, realizzata da Giangiuseppe Barmasse. A pochi metri di distanza, perché anche alla Fiera insieme al “profano” non poteva mancare anche il “sacro”, puntano dritto al cielo il crocefisso di Carlo Gadin, sinuoso e stilizzato come d’abitudine, e la “Madonna con Gesù” a grandezza naturale di Marco Ronco.
Sempre in zona, sul banco di Giuseppe Crestani i personaggi mitologici fanno addirittura a gara in quanto a dimensione, mentre si sviluppano orizzontalmente gli splendidi spaccati di vita agropastorale intagliati maniacalmente, nei minimi dettagli, da Guido Diémoz e da Massimo Clos.
Molto elaborate e complesse sono anche l’opera “esotica” di Antonio Caddeo e quelle esposte in Piazza Chanoux da Nino Casetta, un habitué del club delle sculture giganti, che quest’anno regala al pubblico un’incredibile rappresentazione di un gregge di pecore al pascolo, mentre continuando lungo le vie del centro storico si distinguono per dimensioni eccezionali anche il "bambino con gelato" di Diego Bosonetto e la fauna alpina scolpita da Giorgio Cheraz.
Ce ne sono poi alcune molto fedeli alla tradizione, come il galletto molto in carne di Piero Remondaz, altre provocatorie, come il diavolo travestito da cameriere di Berardo Zamboni, e altre molto stravaganti, come lo scarpone da montagna di Roberto Dublanc e Lino Revil, il bassorilievo dedicato al lupo di Cristian Selles Gallego, al quale si accompagna Gandalf del Signore degli Anelli.
Infine, menzione per le enormi fontane realizzate in legno recuperando vecchi paioli in rame da Bruno e Marco Petitjacques. Insomma, più grande di così, non si può.