“Faber” rivive sul palco del Teatro Splendor grazie a una magistrale Cristina Donà

La cantante lombarda ha portato ad Aosta il grande artista genovese per due ore di concerto di altissimo livello.
Cristina Donà sul palco dello Splendor
Cultura

Non sfugge alla memoria collettiva l’eredità lasciata da Faber. A quasi 20 anni dalla morte dell’artista il suo ricordo è sempre presente e la magia dei suoi testi e delle sue melodie è più attuale che mai.

A ricordare che Fabrizio De André è stato uno dei più geniali artisti della musica italiana anche Cristina Donà e il suo spettacolo “Amore che vieni, amore che vai. Fabrizio De André: le donne e le altre storie”, portato in scena allo Splendor mercoledì 9 gennaio. La cantante di Rho riesce nell’impresa di far rivivere il più famoso dei componenti della scuola genovese dei cantautori senza scimmiottare, ma con una sincerità e una genialità negli arrangiamenti e nell’interpretazione che meritano un plauso speciale.

La canzone che ha regalato il titolo allo spettacolo apre la serata, un fiume di parole che Faber riusciva con maestria ed eleganza a incastrare, fino a creare delle poesie in musica destinate a rimanere per sempre nella cultura della canzone italiana; il pubblico aostano vorrebbe cantare a squarciagola, ma la serata è di una delicatezza quasi sacra per violarla credendosi a un karaoke di periferia. Esplodono gli applausi, tutti più che meritati, sia per la Donà, sublime interprete dall’ironia dissacrante tipica di De André e dalla voce che incanta, sia per i musicisti, virtuosi degli strumenti che dialogano e creano pura magia protraendo all’infinito il benessere delle note (Rita Marcotulli al pianoforte, Enzo Pietropaoli al basso, Fabrizio Bosso alla tromba, Javier Girotto al sax, Saverio Lanza alle chitarre e Cristiano Calcagnile alla batteria e alle percussioni).

Si inizia forte, “Hotel Supramonte” e “Marinella” calano subito lo spettatore in quell’“universo De André” fatto di emarginati, di ingiustizia e di solitudine, dove le storie non sono mai normali, preparando il terreno alla donna per eccellenza, la Vergine Maria di “Ave Maria” e “Tre Madri”, brani cantati dalla Donà con un’intensità degna delle più grandi interpreti italiane.

C’è tempo anche per “Le passanti”, stupendo elogio alle donne di tutte le età e estrazione sociale, le meravigliose creature intraviste per un attimo e poi perse di vista per sempre, che Faber tradusse da Brassens nel 1974, ma già scritta dal grande paroliere Antoine Pol.

La serata è un susseguirsi di capolavori: sul palco arrivano “Bocca di Rosa” (cantata come una favola, con una Donà seduta di fronte al pubblico in un momento delicatamente intimo), “La ballata dell’amore cieco” e persino “Don Raffaè”, interamente strumentale, uno dei momenti più coinvolgenti e frenetici dell’intera serata, splendido esempio di virtuosismo jazz da parte dei musicisti.

Altro bersaglio centrato per la Saison Culturelle 2018/2019.

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