“Quando camminerete sulla terra dopo aver volato, guarderete il cielo perché là siete stati e là vorrete tornare”. Le parole, in questo caso, sono nientemeno che di Leonardo Da Vinci, gigante in talmente tanti campi – il cui volo rappresenta anche la curiosità e la necessità di aprire i propri orizzonti, siano essi visivi, percettivi, progettuali – e che racconta un sogno atavico, sul simbolo stesso della “libertà”, il desiderio dell'uomo di volare.
Allo stesso modo Gaetano Lo Presti, critico musicale e giornalista, ha adattato in forma canzone il racconto “L'uomo che voleva volare “del “sarto dei legni esausti” – come ama definirsi – Bobo Pernettaz, scultore, in un incontro che unisce le arti ed i significati.
Dalle parole alla musica alle immagini, la storia raccontata da Pernettaz rivive in un video attraverso le opere dell'artista e le sonorità che Lo Presti – chiamando a raccolta diversi musicisti di punta della scena valdostana – ha concretizzato in un clip che in pochi giorni, è online su YouTube dal 15 ottobre, ha sfondato il muro delle 500 visualizzazioni.
“La storia ha attirato la mia attenzione – ha spiegato Lo Presti –, anche perché fin dal titolo vi ho trovato una certa musicalità e perché in un mondo in cui si razzola sempre più nel fango c’è bisogno di uomini che abbiano voglia di volare. Anche solo con una canzone. Ho così adattato il testo in forma di canzone, chiedendo ad alcuni amici musicisti di dargli una veste musicale. Ne è venuta fuori una canzone dall’andamento insolito, che parte sì come una ballata per acquistare, però, sapori jazz, folk e prog, messi miracolosamente in equilibrio dall’arrangiamento di Simone 'Momo' Riva, nel cui TdE Studio è stata registrata, missata e masterizzata”.
Al lavoro di Riva – nel video alle prese anche col cajon –, e immortalati nel video girato dal giovane filmaker Fabio Réan, si è aggiunta una compagine sonora di assoluto livello, in un mix di esperienza e freschezza invidiabile, a partire dalla cantante Elisabetta Padrin, passando per le corde del contrabbasso di Alberto Faccini, e coinvolgendo – oltre allo stesso Gaetano Lo Presti alla chitarra – Loran Otzer (dobro, chitarra, tin whistle e armonica a bocca), Rémy Boniface (violino) e Rémy Vayr-Piova (trombone).
Al gusto ibrido della canzone, il cui andamento imbocca strade che vanno dalla ballata a sapori che attingono al jazz, al folk e al prog, si aggiunge l'arte scultorea di Pernettaz – immortalato anche all'interno del suo studio – ma pure la partecipazione, forse un simbolo stesso dei “crinali” diversi della musica, dell'equilibrista Flavio Zingale della Slackline Valle d'Aosta, in bilico sulla sua corda tesa.
L'arte che parla con se stessa, con i suoi diversi linguaggi a confronto, ma lontana da quella “Arte per l'arte” che ha fatto dell'”Estetismo” la sua via maestra. Perché “L'uomo che voleva volare” parla di sogni, tanto aerei quanto solidi e concreti, e ci ricorda che sognare è sempre una via per salvarsi. O, per dirlo con il testo della canzone: “L'uomo che voleva volare / in quella vita si sentiva recluso”.