“A prescindere da come sarebbe andata ero sicuro della mia performance”. Leonardo Sinopoli, giovane artista valdostano, è stato selezionato per il “Liminal Pavilion” della biennale di Bangkok, gestito da Pierre e Marie Chaumont. Il ventenne ha come priorità la giustizia e tralascia la fama e l’arte fine a sé stessa. Denunciare la violenza rivolta alle persone transgender e avvisare del fenomeno, questo il fine dell’opera che prenderà parte al padiglione della biennale.
La performance trae il nome dalle 331 vittime transgender dell’ultimo anno. “Ma è un numero convenzionale, molti casi non sono contati”, specifica Leonardo. Per prepararsi all’evento il ragazzo ha letto le storie delle vittime e imparato a memoria tutti i 331 nomi e le date della loro uccisione. Durante la performance scrive questi dati con un carboncino su una tela di dieci metri, mentre il pubblico dietro di lui tiene una lista in cui sono specificate le cause delle morti di ogni persona uccisa. Con la sua opera l’artista vuole suscitare una reazione negli spettatori. “Non scrivo un semplice elenco di nomi, ma cito persone in carne ed ossa, martoriate, bruciate, lapidate. Tali crimini non possono più essere accettati, non devono più passare inosservati. L’elenco di nomi non deve essere una memoria sterile. È Importante pensare al dopo, a come agire. L’intento della performance è proprio quello di fare interrogare le persone con sé stesse e di riscattare la comunità LGBT.” Questo un tema molto sentito dall’artista, che è stato infatti volontario del gruppo giovani LGBT di Firenze per 4 anni. Vuole far aprire gli occhi alla società, che ignora questo sopruso feroce.
“Tutta questa violenza passa inosservata. Bisogna far capire quante vittime transgender ci sono nel mondo e far pensare alle difficoltà che incontrano queste persone. È una violenza che commettiamo tutti senza che ce ne accorgiamo. “331” è una denuncia, un urlo, una richiesta di pari diritti per persone classificate come cittadini di serie B”, dichiara l’artista.
Si tratta di individui soggetti a una discriminazione quotidiana, a puntuali difficoltà, in particolare nell’accesso al mondo del lavoro e nell’essere socialmente riconosciute.
“Serve un impegno maggiore, una tutela concreta e garantita. Non è ammissibile che in questo mondo l’espressione della propria persona e la libertà di presentarsi ai propri pari siano ancora annientati da fenomeni di tale violenza.” I maltrattamenti rivolti a questi soggetti non sono solo fisici, ma anche psicologici. “Le testate giornalistiche continuano a sbagliare gli articoli in cui sono coinvolte persone transgender. Persevera una violenza nel non rispetto della loro identità”, aggiunge.
La situazione Coronavirus lascia incerte le modalità di presentazione di “331” nel padiglione. “Non si sa se ci saranno installazioni, se si esporrà la tela o se proietteranno dei video. Spero di poter andare alla biennale”, confida Leonardo. A causa del periodo di crisi in corso l’organizzazione è ancora indefinita. “Non so se andrò, come andrò e come si svolgerà il padiglione in sé” spiega.
Prima della performance art, è stata la danza il campo in cui l’arte di Leonardo ha subito preso piede. Per seguire questa passione, a 16 anni si trasferisce da Aosta a Firenze, dove frequenta l’Accademia del Balletto di Toscana come ballerino di danza contemporanea. “Già a 14-15 anni avevo capito che volevo lavorare in questo mondo”, racconta. Nella stagione 2017/2018 entra nella Compagnia del Nuovo Balletto di Toscana, diretta da Cristina Bozzolini, partecipando allo spettacolo “Bella Addormentata”. Scopre la performance art superando la selezione per lavorare nelle retrospettive dell’artista serba Marina Abramović, a Palazzo Strozzi e poi a Belgrado. È stata una cosa improvvisa che ha rivoluzionato tutto il mio profilo artistico. Il lavoro di Marina non comprende la danza, ma quella esperienza ha rivoluzionato anche questa parte. “
Provare, sperimentare ed essere stimolato: queste le necessità di Leonardo. “L’arte è un’evoluzione continua. Mi piace la nascita di un’idea, il processo creativo, le ore di prova. Penso questa sia la parte più emotiva e importante.” L’artista rivela infatti una forte emozione sia nella scrittura dei nomi durante la performance “331”, che negli intensi mesi di studio precedenti; allo stesso modo le sensazioni provate in paio d’ore nel corso di uno spettacolo di danza sono incisive come quelle nei mesi di preparazione.
“‘331’ è frutto di viaggi, colleghi, persone che mi hanno fatto crescere, attivisti o compagni del mio gruppo giovani. Ci sono molte persone che stimo e da cui ho tanto da prendere ma non vorrei mai essere come qualcun altro.”
Un suo progetto può derivare da una suggestione nata da un viaggio, un luogo, una lettura, un film o da un avvenimento della vita quotidiana. “Non ho un metodo pragmatico, se no non sarebbe una crescita artistica. Anche solo la parola di una persona può portarmi a riflettere tantissimo. La mia produttività dipende da quanto sono stimolato.”
Continuare a lavorare e sperimentare sono i suoi obiettivi primari, insieme a quello di crescere in ambito artistico e come persona. “Sono correlati, se accresco la mia vita privata accresco anche la mia arte”, puntualizza. “Riuscire a fare quello che mi piace è la soddisfazione più grande, oltre a quella di aver condiviso un percorso con degli artisti che sono persone immense e spettacolari.”
Leonardo Sinopoli rimane quindi stretto alla sua passione, che usa come mezzo per comunicare giustizia e verità. “Mi toccano molto alcuni temi sociali”, ribadisce. “Voglio usufruire della mia arte a servizio di questi temi. L’arte per me deve essere politica e sociale, deve esprimere molto, non essere fine a sé stessa.”
La contentezza per la selezione del giovane artista è dovuta in primis alla possibilità di mostrare la gravità di un tema così importante, spesso trascurato o sottovalutato.
“Voglio diffondere il messaggio a più persone possibili e farle discutere su questa tematica,” dichiara. “In questa esperienza spero di stimolare e di essere stimolato a mia volta”.