Una città che si trasforma. La Fiera di Sant’Orso ha da sempre un effetto magico su Aosta. Calata la sera e riposti gli oggetti di artigianato nelle scatole, le strade non si svuotano. Rimane la festa, rimane la voglia di allegria. E’ successo anche ieri sera, quando come ogni anno, si è ripetuta la felice tradizione della veillà. A dar aria di festa è stata la musica, quest’anno protagonista più che mai, con artisti che hanno riempito la via, fermandosi negli angoli più suggestivi per improvvisare concerti, e subito scattava il ballo, il coinvolgimento. Molti anche i gruppi folkloristici, che grazie ai loro costumi tradizionale hanno portato una ventata di passato.
La veillà, la magia delle “crotte”
Musica protagonista anche nelle cantine, dove si sono intonati i classici canti valdostani. Per vivere la festa era sufficiente seguire i propri sensi, dare fiducia al proprio udito, seguire la musica, le risa e gli schiamazzi per trovare il punto in cui veniva distribuito il vin brûlé o la cantina in festa; utile anche l’olfatto, l’odore di cannella e chiodi di garofano è stato il fil rouge che ha guidato il percorso di giovani e meno giovani. E in questo modo la veillà è anche un percorso alla scoperta della città nascosta, di quella Aosta sotterranea che solo una piccola parte della popolazione conosce, fatta di cantine con la volta in pietra o in mattoni battuti, ambienti antichi intrisi di vita e pieni di cose da raccontare, come un libro di storia pulsante di vita, ma in forma architettonica.
Tradizione e globalizzazione
Una veillà esaltazione della tradizione che non è riuscita, o non ha voluto, chiudere la porta in faccia al mondo e che anno dopo anno è diventa – forse suo malgrado – sempre più globale, sempre più internazionale. Nel bene e nel male. Questo, per esempio, grazie alle sonorità dei suonatori peruviani con il loro flauto di pan le cui note delicate si sono mescolate a quelle, a noi più familiari, di una rassicurante fisarmonica. Un appuntamento che aprendosi al mondo si apre anche alle mode e che per questo rischia di venir snaturato. Rimane il rito delle “crotte”, ma se fino a qualche anno fa le porte erano aperte a tutti, ora spesso serve l’invito. La veillà, storicamente, riuniva gli artigiani e i loro amici, partiti magari dalla bassa o dall’alta valle che non tornavano a casa e passavano la notte in compagnia, in attesa del secondo giorno di Fiera. Oggi è una sorta di “notte bianca”.
Finita la veillà la festa continua
Evolvendo la veillà ha però mantenuto intatto quello che Nietzsche avrebbe chiamato un “impulso alla vita”, lo spirito che sta alla base del dionisiaco, delle feste in onore di Bacco, in cui l’arte tragica viene esaltata dalla musica, dai balli e dai fumi dell’alcool. Seguitissimo, alla bocciofila di Sant’Orso il concerto degli Orage, ritmi incalzanti, musica coinvolgente hanno fatto ballare gli aostani sino alle prime luci dell’alba, quando i banchetti hanno iniziato a riaprirsi. Bacco è andato a dormire, ma non la festa.