Potere di Edoardo: Bennato ferma il tempo allo Splendor

Il cantautore di Bagnoli regala al pubblico della Saison un concerto-evento di quasi tre ore, in cui palesa i suoi tre volti artistici: lo “storyteller”, il rocker e l’appassionato di classica. Musica senza età, intrisa di coerenza.
Edo Bennato
Cultura

L’ultima volta di Edoardo Bennato ad Aosta, sul far degli anni Novanta, fu, come nella serata di ieri, domenica 25 novembre, un evento. Non per la diretta sui canali social e radio Rai, non per il fatto che si trattasse sempre della “Saison Culturelle”, ma per la scelta dell’artista di raddoppiare le serate previste in città – sotto un tendone montato nell’allora “area Ferrando”, tanto lontana dal divenire piazza Ducler che non era ancora asfaltata – dedicando lo show aggiuntivo agli studenti delle scuole della Valle.

Erano gli anni di “Abbi Dubbi”, anche se il mondo non navigava esattamente in acque di perplessità collettive. Il rocker di Bagnoli, però, le metteva in musica e cantava, come faceva dagli esordi, risalenti a quasi due decadi prima. Da allora, quei ragazzi che saltarono per tutta la serata sulla terra battuta sono diventati mogli, mariti e genitori, salutando in tanti casi la spensieratezza della loro adolescenza, ma una volta dentro lo “Splendor” ieri, lasciato fuori l’accenno di pioggia serale, era come se il nastro delle loro vite si fosse riavvolto.

Principalmente perché, sul palco, hanno ritrovato “Capitan uncino” come lo avevano salutato allora: jeans, scarpe da ginnastica e t-shirt chiara. Il tempo, nonostante le 72 primavere, non lo ha scalfito. Sono spuntati degli occhiali fumé, sotto i capelli arruffati neri, ma hanno l’effetto (invero benefico) di ricordare il Lou Reed degli ultimi tempi, figura tutt’altro che gerontologica e auto-caricaturale. Peraltro, “i dubbi sono aumentati col procedere della mia esperienza di vita”, ma – ora come allora – “nessun dubbio sulla carica del rock”. Si chiamerebbe coerenza, ma è virtù in calo nel “paese reale”, quindi meglio ricordarlo.

Dopodiché, via ad appena meno di tre ore di musica in cui il viaggio del cantautore dal natio viale dei Campi Flegrei di Napoli fino a Milano (“per fare architettura e perché le case discografiche stavano tutte là”) è stato ripercorso nelle dimensioni sonore divenute marchio di fabbrica di “Edo”. Dallo “storyteller” con kazoo e tamburello a pedale, al guerriero rock che imbraccia la chitarra come un fucile circondato dai fratelli della sua band, passando per l’appassionato di atmosfere classiche (soprattutto Rossiniane), cui ha tributato omaggio esibendosi, nella prima parte della serata, assieme all’elegante quanto energico “Quartetto Flegreo”.

Se il primo volto è stato palesato soprattutto da “Il Gatto e la Volpe” e “Sono solo canzonette”, il secondo (quello, forse, più apprezzato dal pubblico) è esploso nel suo potenziale dirompente grazie, tra l’altro, a “Vendo Bagnoli”, “A Napoli ’55 è ‘a musica” (in cui la band è volata anche sulle note dei Pink Floyd di “Another Brick In The Wall pt. 2”) e alla nuova “Mastro Geppetto” (bonus track della riedizione de “Il burattino senza fili”, perché “ci siamo accorti che mancava un personaggio”).

Quanto al terzo Bennato, quello che imbeve penna e orecchio nelle atmosfere classiche, è vissuto sia in “Dotti medici e sapienti”, che ha aperto la serata, sia in “La calunnia è un venticello”, altro brano recente, dedicato ad Enzo Tortora e Mia Martini, dall’album “Pronti a salpare”. Una vena, questa, che – pur restando in un alveo espressivo popolare – presuppone orecchio e capacità d’ascolto sopra la media. È anche, tuttavia, quella più efficace, perché un “Grillo parlante” sa bene che, prima dei nemici, il problema è “nella gente comune, che sta a guardare morbosamente”, aspettando che “una mattina, uno si sveglia e s’inventa una storia su di voi”.

Per il gran finale, quando la mezzanotte non è lontana (ma quella sarebbe Cenerentola, fiaba che a Bennato interessa solo in parte), i tre volti si fondono, irrompendo tutti assieme sul palco, per la raffica da tre “Il rock di Capitan Uncino”, “Meno male che adesso non c’è Nerone” e “In prigione in prigione” (con i violini del quartetto che s’impennano imbizzarriti evocando “(I Can’t get no) Satisfaction” e “Smoke On The Waters”). I ragazzi di ieri applaudono. Quelli di oggi (non pochi, comunque) anche. Potere di Edoardo.

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