Ricordare significa anche onorare, spesso anche personaggi comuni lontani nel tempo che possono però riportare alla luce problemi endemici della società che con il passare dei secoli sono solo cambiati in modalità. Si è svolta ieri, martedì 25 novembre, durante la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, alla Biblioteca regionale “Bruno Salvadori” di Aosta, la conferenza “Sortilegi, preghiere e ovisinistri. Vicende di donne e uomini processati dall’inquisitore heretice pravitatis in Valle d’Aosta nel Quattrocento”, proposta nell’ambito delle attività culturali BiblioRencontres.
Nel corso della serata, Silvia Bertolin, storica del diritto e studiosa delle fonti inquisitoriali alpine, ha accompagnato la sala gremita in un viaggio nel cuore dell’Inquisizione valdostana del XV secolo ricostruendo, grazie agli atti processuali conservati negli archivi, le vicende di uomini e donne coinvolti nei primi casi di persecuzione della stregoneria diabolica nelle Alpi occidentali.
Le testimonianze dell’epoca hanno permesso di comprendere come potessero nascere accuse di maleficio, pratiche magiche, sospetti di eresia o semplici superstizioni. Motivi che, allora, erano sufficienti per trovarsi davanti a un tribunale.
Uno dei passaggi più avvincenti dell’incontro ha riguardato proprio il funzionamento del tribunale inquisitoriale, le fasi dell’istruttoria, le figure coinvolte e le modalità con cui venivano raccolte le confessioni, spesso ottenute tramite tortura. Diversi gli esempi di donne valdostane su cui Silvia Bertolin ha puntato una luce “avendo la presunzione di averli tirati fuori dalla polvere degli archivi e aver restituito loro un po’ di dignità che forse nella loro vita non hanno avuto”.

La conferenza ha offerto al pubblico uno sguardo ampio e documentato su un capitolo poco conosciuto della storia valdostana, mettendo in evidenza come dietro le accuse di stregoneria si intrecciassero dinamiche sociali, culturali e religiose complesse. L’approccio di Bertolin, fondato sull’analisi diretta delle fonti, ha permesso di restituire profondità umana e storica a vicende spesso relegate a semplice folklore, portando il pubblico a conoscenza di casi come quello di Caterina di Chenal e Perrineta Pican di Saint-Martin-de-Corléans. Processi in cui la tortura, le maldicenze e la società hanno portato due donne a subire un calvario sulla base di semplici dicerie e mai di vere e proprie testimonianze o prove.
Silvia Bertolin, laureata in giurisprudenza all’Università di Milano e con un dottorato di ricerca all’Università di Ginevra, è autrice di importanti studi sull’Inquisizione in Valle d’Aosta. Tra le sue pubblicazioni figurano La stregoneria nella Valle d’Aosta medievale (2003), scritto con Ezio Emerico Gerbore, e Processi per fede e sortilegi nella Valle d’Aosta del Quattrocento (2012), che raccoglie e analizza i documenti processuali dell’epoca.
