Da una breve e fugace relazione tra un nobile torinese, tale Conte di Montjovet, con una umile donna valdostana di Polain nasce un bel bimbo, per tutti il figlio del peccato. Cresciuto dalla madre e dalla famiglia di lei, il bimbo diventa un “ramoneur”. Inizia così il film “Gli spazzacamini in Valle d’Aosta” di Umberto Paradisi, probabilmente la prima apparizione della nostra regione sui grandi schermi. La pellicola del 1914 verrà presentata, per la prima volta dopo il restauro, il prossimo 22 ottobre al Teatro Giacosa, dall’associazione Strade del cinema e dal Comune di Aosta.
L’iniziativa si inserisce nella rinnovata collaborazione tra l’Amministrazione comunale e l’Associazione per riconsegnare, dopo lo stop di quest’estate, il Festival internazionale del cinema muto musicato dal vivo alla città di Aosta. “Nelle prossime settimane faremo la programmazione – promette l’assessore comunale all’Istruzione, Andrea Paron – ho sempre valutato positivamente Strade del cinema e faremo gli sforzi necessari per riproporre l’iniziativa con un calendario più ampio”.
A musicare il film, restaurato dalla Cineteca italiana, dal Museo nazionale del cinema di Torino e della Cineteca di Bologna, sarà Beppe Barbera e la corale del Grand Combin.
La storia del film, come si evince dal titolo, è incentrata sui ramoneurs, gli spazzacamini e in particolare su questo bambino “della colpa” diventato ramoneur che verrà poi, assieme ad un suo amico, reclutato per pulire i camini di Torino. Il film consegna alla storia un ritratto, a tratti drammatico, dell’infanzia e della realtà valdostana dell’800. “Il film racconta la realtà dei nostri villaggi a inizio secolo – spiega Marco Gianni, direttore artistico della rassegna – e parla di quando la Valle d’Aosta era povera e isolata. Restaurare il film significa anche difendere la memoria di questi bambini che venivano, di fatto, venduti per lavorare nelle grandi città”.
La pellicola, un nitrato, era conservato in unica copia, senza documenti accessori, alla Cineteca di Milano ed è difficile quindi sapere se tutte le ambientazioni in montagna siano state girate effettivamente in Valle d’Aosta anche perché molti elementi come il nobile torinese, tale Conte di Montjovet che però ha le sue terre a Polain, sembrano uscire dalla fantasia del regista. “Il risultato del restauro – ha sottolineato Claudia Gianetto, responsabile del restauro del Museo del cinema di Torino – è un film che conserva tutta la patina della sua storia avventurosa e che può ancora stupire il pubblico contemporaneo per il ritmo incalzante”.