Da simbolo della tradizione valdostana, esempio principe dell'architettura di montagna, a problema. Questo è ciò che rischiano di diventare a breve gli 11mila circa fabbricati rurali valdostani (erano 15mila 690 a fine maggio), su un totale di 25mila 441 che, entro ottobre dovranno essere accatastati da parte dei proprietari, con l'Agenzia delle Entrate intenta a spedire lettere che invitano a sanarne la posizione.
Un obbligo di regolarizzazione che in altre regioni sta facendo discutere – in Italia questi fabbricati, che vanno dagli alpeggi ai capanni per gli attrezzi, sono circa 800mila – ma che in Valle d'Aosta vede una cooperazione serrata tra l'Agenzia stessa e i Comuni. Nessun pericolo ad oggi, come sta avvenendo invece in altre zone, di abbandono o di demolizione dei 'ruderi'.
“Con l'Agenzia delle Entrate ed il suo Direttore – spiega Franco Manes, Presidente del Celva e Sindaco di Doues – abbiamo iniziato un confronto già dall'autunno scorso confronto, anche perché qui invece delle sanzioni, perché l'adempimento alla regolarizzazione dei fabbricati è del 20120, l'Agenzia è partita dal basso cercando di sensibilizzare i territori”.
I valdostani, da questo punto di vista, si stanno sforzando per mettersi in regola, anche se in alcuni comuni la situazione – visto il numero di fabbricati rurali, a volte superiore a quello degli abitanti stessi – si fa piuttosto complessa, anche alla luce delle difficoltà che portano con sé i frazionamenti, ovvero le eredità, delle proprietà, che spesso fanno capo a tantissime persone.
Il comune di Perloz, ad esempio, stando ai dati forniti a fine maggio dall'Agenzia delle Entrate, vede sul suo territorio 1486 fabbricati rurali – a fronte di 478 abitanti –, 1159 dei quali erano ancora da regolarizzare. Numeri alti anche per Châtillon, che a maggio vedeva, su 1136 “ruderi”, ben 911 casi ancora da mettere fiscalmente a norma. Alte percentuali si riscontravano anche a Brusson (488 fabbricati rurali, e ben 401 da regolarizzare) Donnas (758, 553 da mettere in regola), La Magdeleine (rispettivamente 141 e 108, ma con soli 100 abitanti circa), Emarèse (134, 92), ma anche Verrayes (793, 493), Lillianes (622 e 345 da mettere in regola, ma su 466 abitanti circa) o Fontainemore (940, 498 da regolarizzare e 435 abitanti circa).
Problema nel problema sono poi i costi che questa regolarizzazione catastale porta con sé, alla base di diverse proteste soprattutto nel limitrofo Piemonte: mettere in regola comporta infatti un esborso minimo di 172 euro, per chi aderirà all'avviso bonario dell'Agenzia, e che prevede una sanzione che va dai 1.032 agli 8.264 in caso contrario: “Da quello che percepiamo – spiega ancora Manes – la gente sta andando nei comuni per chiedere informazioni, e ad oggi non ci sono da cittadini con prese di posizione complicate, non abbiamo avvertito questo disagio. C'è anzi la volontà, vista la frammentarietà delle successioni, di capire com'è la situazione delle proprietà e ci sono diverse semplificazioni in atto, perché per mettere in regola i fabbricati basta una dichiarazione che può essere fatta da un unico intestatario e non da tutti”.
“La Direzione dell'Agenzia delle Entrate – chiude Manes – qui sta facendo di tutto per semplificare il percorso, e noi operiamo di conseguenza monitorando il tutto, facendo anche una serie di elenchi perché su alcuni titoli di proprietà non ci sono neanche i codici fiscali. Non ci sono problemi ma sembra ci sia la voglia di sistemare le cose, ovvero di far passare un rudere esattamente per ciò che è. Il vero problema è che il carico tributario che ricade sui cittadini è cresciuto in maniera esponenziale negli anni, ed anche in questo caso i comuni sono usati quasi come esattori, per scelte governative centrali che spesso fanno acqua da tutte le parti”.