Alla ricerca dell’oceano perduto. Così 40 anni fa Giorgio Dal Piaz, coordinatore della Guida Geologica della Società Geologica Italiana proponeva di chiamare il vallone delle cime bianche. Ed è proprio da quest’unicum geologico – lo scontro fra la placca africana e la placca europea con il sollevamento del fondo tropicale che si ritrova nei tre denti bianchi (le Cime Bianche) – che parte la controproposta al mega comprensorio sciistico. Presentato nei giorni scorsi ad Ayas in una sala affollata il dossier “Idee e proposte per uno sviluppo armonico di Ayas” è frutto del lavoro del gruppo "Ripartire dalle Cime Bianche" costituito da residenti, proprietari, ospiti storici del paese fra cui spiccano l’ex mobility manager del comune di Aosta e esperto di progettazione europea e di sviluppo locale, Marcello Dondeynaz, il professore Rodolfo Soncini Sessa del Politecnico di Milano e l’immunologo Alberto Mantovani.
Un vallone dotato di un “interesse archeologico che spazia tra numerosi periodi preistorici e medievali” ma anche l’ultimo “spazio naturale dell’intero versante meridionale del Monte Rosa ancora non occupato da una pesante infrastrutturazione”, caratterizzato da una “ricchezza di risorse ambientali e naturalistiche.
“Chiunque conosca questo vallone sa bene che la realizzazione di una pista di sci in quota distruggerebbe per sempre una ricchezza sempre più rara, non riproducibile in futuro: la naturalità e l’integrità dell’area, che rappresentano il vero punto di forza e di attrazione” ricorda il gruppo di lavoro nello studio.
Le critiche al progetto del maxi comprensorio sono poi legate ai costi e alla sostenibilità economica. Il dossier ricorda come per www.skiresort.it , il più grande portale di test di comprensori sciistici del mondo, il migliore comprensorio sciistico è quello di Kitzbühel, nel Tirolo austriaco, con 170 km di piste, seguito da Kaltenbach/Hochzillertal-Hochfügen, sempre nel Tirolo austriaco, con meno di 80 km di piste. Il più vasto comprensorio sciistico europeo, Les Portes du Soleil fra Francia e Svizzera, con 650 km di piste, si classifica al 25° posto mentre Zermatt-Cervinia, con ben 360 km di piste, si colloca al 43° posto. “Non pare proprio che sia il gigantismo dei comprensori a creare eccellenza” evidenziano i promotori dello studio.
“D’altronde c’è da interrogarsi sulle ragione per cui la società degli impianti di risalita di Zermatt (200 km di piste) consegua ricavi annui per ca. 50 milioni di euro, e la società Cervino SpA (160 km di piste) ca. 20 milioni, meno della metà” si legge ancora nello studio. Il dossier evidenzia come negli ultimi anni siano cresciute le pratiche alternative allo sci così come un turismo più a dimensione famiglia “Altro che gigantismi: ciò che conta sono la specializzazione, le nicchie di mercato, la valorizzazione delle vocazioni di ogni località”.
E’ possibile immaginare e mettere in atto fin da subito uno sviluppo basato sulla salvaguardia e messa in valore delle risorse proprie di Ayas? Si chiedono, quindi, i promotori del Dossier . La risposta è ovvia e come si legge nello studio si trova in parte nello stesso Piano Regolatore Generale comunale che “individua alla testata del territorio comunale una sottozona Ef1 – di specifico interesse naturalistico che incorpora il sito d’interesse comunitario "Ambienti glaciali del gruppo del Monte Rosa", con una significativa estensione che evidenzia la naturalità di una vasta area e l’importanza della presenza agricola”.
Le strade delineate, quindi, per arrivare ad uno sviluppo armonioso sono: la creazione di un parco naturale accorpandolo a quello del Mont Avic che verrebbe così trasformato in “Parco naturale della Valle d’Aosta”, il rilancio del "Tour du Mont Rose" tra la Valle d’Aosta, il Piemonte e la Svizzera e la valorizzazione del patrimonio storico e culturale, in particolare quello Walser, in un’ottica di integrazione dei diversi settori economici e di una stessa filiera.
“Un’ulteriore devastazione del Vallone delle Cime Bianche ne comprometterebbe per sempre la sua valorizzazione in tutte le altre stagioni. – conclude il dossier – E dire che già oggi, a differenza della Valtournenche, la valli del Monte Rosa hanno un turismo estivo che vale quasi quanto la stagione invernale, e si potrebbe fare molto di più”.