Escludere dallo smart working i dipendenti regionali a part-time e a tempo determinato? È una decisione “discriminatoria” e “non giustificata da nessuna norma”. Una “penalizzazione” che “ancora una volta ricade sulle donne”. A spiegarlo è la consigliera di Parità della Regione, Katya Foletto, che – in una lettera indirizzata alla coordinatrice del dipartimento Personale e Organizzazione della Regione, Gabriella Morelli, alla presidente del Comitato unico di garanzia, Stefania Riccardi, e ai sindacati – punta il dito contro la delibera regionale che stabilisce, a partire dal 1° gennaio 2025, lo smart working per due giorni alla settimana soltanto per i dipendenti a tempo pieno e indeterminato, non impiegati in mansioni che richiedano un contatto con un certo tipo di pubblico o lo svolgimento di un’attività fisica. Chi è a part-time e vuole lavorare anche da casa deve rientrare a tempo pieno.
“Quando sono venuta a conoscenza di questa delibera ho fatto una serie di incontri e di osservazione perché credo fermamente che sia discriminatoria perché taglia fuori dallo smart working una fetta di personale che per più dell’80% è donna che fruisce del part-time principalmente per esigenze di conciliazione tra il lavoro e la famiglia – spiega Foletto durante l’incontro pubblico sul tema che si è tenuto ieri sera alla Biblioteca regionale di Aosta -. Non c’è nessuna norma o contratto nazionale che specifichi che il personale per poter lavorare in smart working debba essere a tempo pieno e indeterminato ma questa scelta è stata giustificata dall’amministrazione regionale con la necessità di recuperare personale. Mentre il privato va nella direzione opposta, prevedendo tutta una serie di atout attrattivi per i lavoratori, il pubblico arretra adottando disposizioni di questo tipo”.
Guardando ai numeri, dei 2.338 dipendenti regionali, sono 355 quelli a part-time, vale a dire il 15%, di cui 304 donne e 51 uomini. Al 1° gennaio 2025, sono 46 i lavoratori part-time che hanno chiesto il rientro a tempo pieno. Si tratta di 44 donne (di cui 12 da tempo parziale indeterminato) e 2 uomini, entrambi da part-time di durata determinata. “I dati confermano come la penalizzazione vada ancora una volta a ricadere sulle donne”, sottolinea Foletto, che nella lettera chiede “l’immediata modifica” della delibera. Sulla questione, è stato anche richiesto un parere legale agli uffici dell’amministrazione regionale.
“Mi auguro che la Regione conceda già in corso d’anno, in deroga al Contratto del comparto unico che andrebbe rivisto perché obsoleto e non comprende nemmeno la voce smart working, la possibilità di lavorare da casa anche ai part-time e ai lavoratori a tempo determinato – afferma la consigliera di Parità -. Se si hanno dei figli piccoli che si ammalano a casa bisogna starci indipendentemente dallo smart working . È meglio avere una lavoratrice a casa che lavora tre o quattro ore quando può, piuttosto che avere un’assenza costringendo la lavoratrice a prendere dei giorni di malattia non retribuiti con una diminuzione del reddito se il bambino ha più di tre anni. Non è che aumenta la passione per il proprio lavoro a dover stare a casa non retribuiti”.
Nel caso in cui la Regione decidesse di rimanere sui sui passi, “l’unica strada è quella del contenzioso – prosegue Foletto – che non può che aprirsi sulla base di un diniego di un diritto fondato su un contratto che nemmeno parla di smart working. Siamo nella pura interpretazione di un contratto su una voce che in realtà dentro il contratto non c’è”.
Per avere una fotografia dell’applicazione dello smart working in Valle d’Aosta nel settore pubblico e in quello privato, l’ufficio della consigliera di Parità ha elaborato due questionari rivolti ai lavoratori e ai datori di lavoro inviato a più di 100 realtà del territorio. I risultati saranno presentati in uno dei prossimi incontri sul tema.