Gli Ottomila non raggiunti? Per Abele Blanc “un discorso da geometri”

24 Agosto 2022

“Se si parla un linguaggio da geometri, è così: di cima ce n’è una sola. Se parliamo il linguaggio dell’alpinismo, però, è diverso”. Questo è, in sintesi, il pensiero di Abele Blanc, primo valdostano a raggiungere tutti i 14 Ottomila metri della Terra, a proposito del dibattito nato nelle ultime settimane relativamente alla ricerca di Eberhard Jurgalski, autore del sito web 8000ers.com. Il cronista tedesco, dopo anni di studi, è giunto alla conclusione secondo cui di tutti gli alpinisti che hanno raggiunto tutte le vette più alte del mondo, solo in tre ci sarebbero realmente riusciti: Edmund Viesturs, Velkka Gustafsson e Nimal Purja (che perderebbe così il record di velocità).

Il motivo? Tutti gli altri si sarebbero fermati in altri punti non sommitali, a qualche centinaio di metri di distanza o qualche decina di metri di altezza in meno. Chi a causa delle condizioni meteo, chi perché non si è accorto che la cima era altrove (la ricerca completa è disponibile sul sito).

La guida alpina di Aymavilles la prende sportivamente, nello spirito che contraddistingue chi pratica questa attività. Per Abele Blanc, “Jurgalski dal suo punto di vista ha ragione, ma dal punto di vista di un alpinista è una mancanza di rispetto. Chi conosce la montagna e arriva sul Manaslu o sull’Annapurna e decide di fermarsi due metri sotto la vetta perché per arrivarci c’è un chilometro di cornice su cui si rischia di cadere giù, la montagna è conquistata. Non sono qui per rischiare la vita. È un tecnicismo che non ha niente a che vedere con l’alpinismo. Fossero questi i problemi del nostro mondo…”. Tutto sempre in buonafede, perché spesso la vera cima non si vede, o si pensa di averla raggiunta.

Reinhold Messner ha definito, sul Corriere della Sera, la ricerca “ridicola”. “Non ho fatto gli Ottomila per finire su un registro e perché qualcuno mi dicesse bravo”, prosegue serenamente l’alpinista valdostano. “Io ritengo di averli fatti tutti onestamente, se a lui non piace pazienza. A noi che andavamo per passione non fa né caldo né freddo, magari a chi ha degli sponsor o un grande ego può dare fastidio. Le soddisfazioni le ho avute scalando, non raccontando di aver fatto tutti gli Ottomila”.

Il Manaslu e l’Annapurna sono le montagne “incriminate” per Blanc, che nel 2011 si fermò al punto C0 di quest’ultima sulla scia di una spedizione coreana, a 190 metri dalla vera vetta. “Per entrambe le spedizioni, sembra chiaro che il maltempo e la scarsa visibilità abbiano portato a questa confusione”, spiega la ricerca, basata su fotografie e racconti in un’epoca in cui non c’erano le tecnologie di precisione attualmente utilizzate.

 

“Ai tempi, tutto era in mano ad Elizabeth Hawley, una giornalista appassionata di alpinismo”, racconta Abele Blanc. “Lei aveva accesso a tutte le spedizioni, che solo il governo può autorizzare, e in albergo a Kathmandu chiedeva di intervistarti prima e dopo l’ascesa. Raccoglieva foto, informazioni, tenendo un registro sterminato. Conosceva tutte quelle montagne senza esserci mai stata. Come deve essere l’alpinismo: passione e curiosità”.

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