La Valle d’Aosta esce dagli ultimi 5 anni di crisi sempre più simile al resto d’Italia. Parola di Dario Ceccarelli, a Capo dell’osservatorio economico e sociale della Regione che ieri, giovedì 12 dicembre a Palazzo regionale ha presentato il primo rapporto sulla “Situazione sociale della Valle d’Aosta”.
“Una società in affanno” la definisce Ceccarelli sintetizzando le 143 pagine del documento, pubblicato da Fondazione Courmayeur Mont Blanc e curato dal segretario generale, Luigi Malfa e dal Capo dell’osservatorio economico e sociale della Presidenza della Regione, con i contributi dei Coordinatori dei diversi dipartimenti della Regione.
"Anche la Valle d’Aosta, un territorio considerato a benessere diffuso e con una situazione occupazionale priva di criticità strutturali – ha sottolineato il Presidente della Regione, Augusto Rollandin – si trova ad affrontare una complessa e difficile fase congiunturale. Come peraltro gran parte del mondo occidentale la regione sta attraversando una fase caratterizzata da una seria crisi economica, da difficoltà occupazionali quasi mai sperimentate nella sua storia recente e da significative criticità produttive".
Il rapporto che prende in esame il periodo 2008-2012 descrive un’economia valdostana, frenata sul piano interno, dove i consumi privati si sono contratti soprattutto in ragione della marcata riduzione del reddito disponibile, con un mercato del lavoro che sta escludendo i giovani ma anche gli adulti. "Stanno aumentando le preoccupazioni sugli adulti – ha spiegato Ceccarelli – perché quando l’economia ripartirà darà possibilità di lavoro ai giovani, specie se ci aspettiamo richieste di innovazione e competenze. Gli adulti avranno invece competenze meno spendibili." Usando un termine quindi in voga nelle attuali cronache politiche, Ceccarelli ha esortato i decisori politici a "non fare rottamazione nel mercato del lavoro, perché tutti ci dobbiamo restare, con le ultime regole, per tanto tempo".
Dal Capo dell’osservatorio economico e sociale della Regione sono arrivati anche dei segnali di speranza. "I piccoli numeri possono essere anche dei vantaggi. Noi ad esempio produciamo circa 338mila fontine l’anno e abbiamo 53mila posti letto, se noi pensiamo questi numeri rispetto al mercato europeo abbiamo l’idea che migliorarli e collocarli altrove possa darci qualche vantaggio. Certo dobbiamo connetterci meglio con territori non solo vicini. La nostra regione ha le potenzialità e le risorse per uscire da questa situazione e la consapevolezza per questo è molto importante. "
Consapevolezza ma sopratutto autocoscienza che secondo Giuseppe De Rita, Presidente del Censis e autore della prefazione al rapporto, nascono nella società anche grazie a volumi come quello della Fondazione Courmayeur. "Se non c’è autocoscienza della società non c’è sviluppo e la crisi potrebbe essere più pericolosa perché manca proprio questo livello di autocoscienza. Ogni cittadino dovrebbe trovare quindi in questo testo delle informazioni per giudicare come vanno le cose".
Ricordando poi la definizione data dal Censis sull’Italia attuale, "sciapa e infelice", De Rita ha commentato il movimento dei forconi che sta creando scompiglio in diverse città italiane. "Nella rivolta ci sono le facce infelici di un ceto medio che si è sfrangiato in una realtà fatta di esodati, di disoccupati e di commercianti che sono costretti dalla crisi ad abbassare le serrande. Nel paese c’è una maggioranza silenziosa fatta dal precario che dice sto male, non ce la faccio più, sono disperato, con accanto il poliziotto che si leva il casco e si trova anche lui nel malcontento. L’infelicità viene da tanti fenomeni singoli, questo clima indistinto è l’esatto contrario di ciò che ci vorrebbe: un livello di autocoscienza forte. "