Giustizia: una serata di informazione sul referendum del prossimo 12 giugno
A poco più di 2 settimane dall’apertura dei seggi e dopo l’“Aperòsì” di Saint-Vincent, venerdì 27 maggio il Comitato per il sì ha chiamato a raccolta la popolazione per una serata di illustrazione e confronto sul referendum abrogativo del 12 giugno. L’evento, tenutosi nella sala conferenze della Bcc valdostana di Aosta, ha visto la partecipazione del presidente del Consiglio regionale del Piemonte, Stefano Allasia, dell’avvocato Giovanni Borney e del referente regionale del Comitato Paolo Sammaritani e ha voluto essere un modo per ragionare con il pubblico sul significato e sulle implicazioni dei 5 quesiti in oggetto.
“Dopo aver raccolto e presentato in Cassazione circa 700 mila firme per ogni quesito, Lega e Centrodestra sono riuscite a far approvare un referendum apparentemente troppo tecnico per i cittadini ma fondamentale per frenare una modalità di fare politica scorrettamente e indirettamente e favorire invece la correttezza, l’indipendenza e l’attenzione della magistratura italiana – ha commentato Allasia -. Inutile sottolineare quanta preoccupazione destino i dati che riportano che quasi la metà degli elettori non è a conoscenza dei quesiti oppure non è intenzionata a recarsi ai seggi o ribadire quanto invece il voto rappresenti per loro un’occasione per esprimere le proprie opinioni ed esercitare la propria sovranità”.
La separazione delle carriere
Nel corso dell’incontro informativo, si è voluta dare particolare rilevanza al terzo quesito del referendum del 12 giugno, il quale propone di scindere le cariche, da tempo dialoganti e permeabili, di pubblico magistrato e giudice imponendo il mantenimento di un medesimo ruolo lungo tutto l’arco della vita professionale del singolo.
“Purtroppo né l’adozione, attorno alla fine degli Anni 80, di un sistema accusatorio di tipo anglosassone che garantiva parità di attenzione e funzione alle parti di accusa e difesa dinnanzi a un giudice né tantomeno la prima bozza di referendum abrogativo datata 2001 hanno avuto successo in tal senso – ha spiegato Sammaritani, insistendo sull’inefficacia di una Legge Cartabia che, lontana dall’essere approvata, limita anziché interrompere il flusso di scambi vicendevoli tra Pm e giudici -. La speranza è pertanto quella di dare un segnale e una spinta a una riforma costituzionale che sola potrà scindere, oltre alle cariche, anche le effettive carriere, prevedendo peraltro formazioni universitarie specifiche e specialistiche per ciascuna di esse”.
Abolizione del decreto Severino e limiti agli abusi della custodia cautelare
Fondamentale per il Comitato per il sì sarebbe anche la soppressione del principio di decadenza automatica di sindaci e amministratori locali condannati e di sospensione temporanea degli uffici pubblici di innocenti reintegrati a seguito di processo sancita dal primo quesito.
“Mentre un tempo erano i giudici a decidere se una figura politica dovesse o meno essere privata del proprio pubblico ufficio in presenza di implicazioni penali, è a oggi venuto a crearsi una sorta di automatismo che sancisce incandidabilità e incompatibilità anche solo nei casi di condanne soltanto supposte – ha illustrato Allasia -. Senza scadere nell’impunibilità, reputiamo corretto che coloro che ancora non sono stati decretati colpevoli possano svolgere il ruolo di rappresentante politico delle centinaia di persone che lo hanno votato”.
È stato invece descritto da Borney come un modo per “limitare i casi di incarceramento preventivo ai soli reati di gravità rilevante e superiore alla soglia determinata dalla magistratura” il secondo quesito, che, come poi aggiunto dall’avvocato, “tende a spaventare molto i cittadini, convinti che esso possa lasciare a piede libero criminali e delinquenti anche quando, in realtà, esso è applicabile unicamente a persone sottoposte a indagini e non già coinvolte in un processo”.
Equa valutazione dei magistrati e riforma del Consiglio superiore della magistratura
Poco prima della chiusura della serata sul video appello al voto del vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli, a essere presi in oggetto sono stati gli ultimi 2 quesiti, con schede di colorazione rispettivamente grigia e verde.
“Mentre il quarto punto vuole essere un modo per eliminare quella sovrapposizione tra controllore e controllato che impedisce di fatto un corretto vaglio dei meriti e delle colpe di un magistrato giudicato da un suo stesso collega – ha concluso Sammaritani -, il quinto vorrebbe, anche tramite interventi successivi, cancellare l’obbligo per un qualsivoglia candidato al Csm di raccogliere dalle 25 alle 50 mila firme, a sua volta vincolato all’affiliazione a una delle correnti interne alla stessa e alla conseguente alimentazione del fenomeno del correntismo”.