Se solo ieri l’Assessore regionale all’Agricoltura parlava in una nota di “positiva accelerazione” per i pagamenti in agricoltura, il quadro dipinto oggi dalle associazioni di categoria è decisamente meno ottimista. L’Arev, guidata da Jean-Paul Chadel e Mouvement Montagne con il presidente Michel Celesia, appoggiati dalla confederazione Italiana Agricoltori, hanno lanciato nel corso di una conferenza stampa un grido di allarme per la situazione “disperata” che il mondo agricolo valdostano, in primis il settore zootecnico, sta vivendo. Il numero di bovini di razza valdostana, secondo i dati forniti oggi, è passato da 36.267 nel 2007 a 32.974 a fine 2017 (-9,08%) mentre il numero di allevamenti da 1.269 a 982 (-22,62%).
"Senza gli aiuti comunitari che costituiscono il 30% delle nostre entrate muore il sistema di allevamento valdostano così come lo conosciamo” scandisce Jean-Paul Chadel.
Per il momento sono stati versati agli allevatori parzialmente le annualità 2015 e 2016. Numerosi allevatori non hanno percepito nulla in quanto si sono verificate anomalie fra i sistemi informatici ed amministrativi che bloccano la liquidazione, in particolare, delle aziende più strutturate con grosse superfici. Le misure che favoriscono gli investimenti poi stanno facendo notevole fatica ad entrare a regime con la conseguenza per gli allevatori di vedere aggravare la propria situazione debitoria. “Sono dei ritardi pesanti, ci sono aziende che dal 2009 non vedono soldi per inefficienze burocratiche”.
Dei 137 milioni di euro del Psr 2015-2020, arrivato a metà programmazione, al momento sono stati liquidati solo 10 milioni di euro. Con il rischio che se qualcosa non si sblocca da qui a fine anno scatterà il disimpegno e la perdita delle premialità.
“Siamo stufi e infastiditi per il numero di proclami che arrivano dalla politica – sottolinea Chadel – Va bene lo sforzo per cercare di risolvere i problemi ma non c’è nulla da festeggiare quando mi arriva dopo tre anni qualcosa che mi spetta. Questi annunci ci creano solo dei problemi perché i proprietari degli alpeggi, ma anche i fornitori, vengono a chiederci soldi che noi non abbiamo, senza contare che poi la popolazione non capisce, visti i milioni annunciati, di cosa ci dobbiamo lamentare”.
I contributi previsti dalla Comunità europea, ricordano le associazioni, servono a garantire la sopravvivenza di aziende che, operando in zone montuose, si trovano a lavorare sistematicamente in perdita. Aiuti intesi come parziale rimborso per il servizio che l’agricoltore svolge a servizio del territorio.
“A questo punto è necessario chiarire se la conservazione dell’ambiente attraverso gli allevatori è ancora una priorità nelle scelte politiche di prospettiva. In caso contrario l’evoluzione organizzativa delle aziende terrà conto, non più di questi aspetti ma esclusivamente di parametri economici, trascurando l’utilizzo di superfici difficili e razze poco produttive, con ovvie conseguenze di impatto sul territorio” sottolinea Chadel. “Se dovessimo, infatti, lasciare ad altri il compito della valorizzazione e messa in sicurezza del territorio si andrà a spendere almeno 20 volte tanto in squadre forestali”.
Non solo. A cascata scelte diverse del mondo zootecnico valdostano – produzioni in pianura e con altre razze – avrebbero riflessi occupazionali sull'“enorme macchina che sta sopra di noi, persone stipendiate perché noi possiamo ricevere queste agevolazioni”. Da Bruxelles, a Roma, all’assessorato all’agricoltura, all’Area, definita un “carrozzone senza più senso”, all’Azienda Usl fino al Consorzio Fontina.
“Il nostro ruolo è legato alla collettività, al nostro territorio e al turismo che fanno la fortuna della nostra regione – ricordano le associazioni – Spero sia chiaro a tutti che se non vogliamo cambiare, perdendoci tutti quanti, dobbiamo lottare perché la macchina torni a funzionare”.
La macchina si è ingolfata in particolare nel 2015 con la nuova programmazione per problemi di natura informatica, scelte poco accorte e “errori commessi anche dai patronati”. "I parametri relativi a quota e pendenza che avrebbero dovuto giustificare le spese degli allevatori valdostani, nel software nazionale non sono presenti” spiega l'agronoma Paola Flamini.
Per avere quanto dovuto gli agricoltori sono pronti a rivolgersi “alle sedi dovute, senza porre dei limiti, ben venga il difensore civico, il tribunale ma anche le piazze. Noi dobbiamo avere quanto ci spetta”.
