In vista del referendum sulla riforma Renzi-Boschi alcuni dei sostenitori locali del SI, e in primis il Senatore Lanièce, affermano che la “clausola dell’intesa” inserita nel testo, metterà al riparo l’autonomia della Valle d’Aosta dai tagli di competenze e di ruolo che subiranno le regioni ordinarie. Il Consiglio regionale si è affrettato (perché?) a nominare una Commissione Speciale per la riforma dello Statuto composta, però, dai soli consiglieri di maggioranza (a che pro?). Sembra di sentire, nel sottofondo delle stanze del potere regionale, un certo compiacimento per come sono andate le cose. Potrebbero dire… “Mors tua, vita mea”. Tuttavia molti giuristi hanno sottolineato l’ambiguità di questa clausola, che non salvaguarderebbe le prerogative delle “speciali” perché superata in “forza giuridica” dall’articolo 117 comma 4 e dall’art. 120 che stabiliscono la cosiddetta “supremazia” dello Stato sulle Regioni e la possibilità di sostituirsi agli organi regionali “quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”. Qualcuno può pensare che si tratti di questioni da “azzeccagarbugli” ma io penso che il rischio che corre la Valle d’Aosta sia serio per almeno tre ragioni. La prima è che la filosofia generale della riforma Renzi-Boschi mi pare tutta centrata su un neo-centralismo d’altri tempi. Riforma del titolo V, nuovo Senato, percorsi preferenziali per il Governo spostano la bilancia dei poteri tutta a favore dello Stato con buona pace della storia amministrativa del paese e delle speranze federaliste. Se passerà la riforma è da questa base che dovremo partire a discutere e non dal livello di autonomia in cui siamo adesso. In secondo luogo la riforma amplia ulteriormente il divario tra cittadini residenti nelle regioni “ordinarie” rispetto a quelle autonome. Questo gap ha già prodotto, nell’ignavia dei nostri politici locali, un forte risentimento popolare nei nostri confronti. Possiamo davvero immaginare che, in caso di un voto, a noi sfavorevole, nel nuovo Senato riformato si possa contare sul sostegno di altri territori? La terza ragione di preoccupazione mi pare che sia tutta insista nei limiti della nostra politica locale. Se il nuovo Statuto verrà costruito a partire dalle logiche partitiche che hanno dato vita alla Commissione Speciale anche le migliori intenzioni sconteranno il peccato originale di un testo senza visione e senza una vera capacità di innovazione. Per quale motivo vogliamo riformare il nostro Statuto? Per difenderci da Roma ladrona altrimenti lo lasceremmo così com’è? Lo facciamo per giocare una piccola partita locale allo scopo di vedere chi è più autonomista di un altro? Oppure accettiamo per davvero la sfida per provare a disegnare, partendo dalla Valle d’Aosta ma come una proposta per il paese, una società più aperta, leggera, federalista, accogliente e soprattutto giusta? Intanto, il 4 Dicembre, io voto NO.
Fabio Protasoni