Le presidenziali viste da un valdostano in Francia: “attenti a Zemmour e Mélenchon”
La colonnina del termometro politico sale in Francia, dove dopodomani, domenica 10 aprile, si apriranno le urne per il primo turno delle elezioni presidenziali. Se per i sondaggi diffusi oltralpe, e per diversi media italiani, lo scenario verosimile è nel “bis” dell’esito della tornata 2017 – quando al ballottaggio andarono Emmanuel Macron (poi divenuto Presidente) e la leader del Front National Marine Le Pen – non tutti nell’“héxagone” lo danno per scontato. Tra gli scettici, anche un valdostano da anni nella République, Paolo Linty, che in Valle fu consigliere regionale, nel primo gruppo che la Lega Nord abbia avuto in piazza Deffeyes, dal 1993 al 1998.
Le Pen: “sparata nei sondaggi”
“In Francia – ha raccontato oggi ai microfoni di Radio Proposta inBlu – i sondaggi li fa il genero di Macron, un po’ come quando Pilo faceva i sondaggi di Berlusconi. Cosa si crea in questo modo? Una linea di partenza dove ci sono dei dati, più o meno obiettivi, e poi viene fuori la strategia”. Secondo l’oggi imprenditore alimentare, quella dell’attuale “inquilino” dell’Eliseo (carica che, in Francia, ha anche poteri esecutivi e di indirizzo politico) è “avere Marine Le Pen al secondo turno”, perché è la condizione “in cui lui vince”. Quindi, nella ricostruzione di Linty, “i sondaggi ‘sparano’ Marine Le Pen al 23-24%, ma non esiste proprio”.
Zemmour: la “novità”
All’obiezione che, cinque anni fa, la figlia del fondatore del Front raggiunse quota 21%, quindi non così distante dallo ‘score’ accreditatole in queste settimane, l’interlocutore si è “acceso”: “Sì, ma non c’era Eric Zemmour. La novità di queste elezioni è rappresentata da Zemmour”. Il giornalista e saggista 63enne, figlio di ebrei algerini, che ha deciso di lanciarsi nell’agone politico lo scorso settembre, creando il partito “Reconquête”, “tutti lo tacciano di estrema destra, – ha sottolineato Linty – ma non è affatto vero”.
La paura del “Grand Remplacement”
Agli occhi del già consigliere regionale, Zemmour incarna piuttosto “una destra moderna”, con “proposte, ma non concrete, di più”, per “cambiare quello che sono stati gli ultimi 40 anni della Francia, ma anche in politica internazionale”. Una “ricetta” per cui il neo-candidato “ha sfondato”.
In particolare, “ha saputo entrare parlando di questo ‘Grand Remplacement’, del rischio della civiltà francese di essere rimpiazzata da un altro popolo”. Per Linty, “quando vedi, non so, 100mila persone al Trocadéro di Parigi, sono gli abitanti della Valle d’Aosta… E poi lo vedi al 9% dei sondaggi e capisci qualcosa che non va, a livello di sondaggi”.
Macron: oggi “a pezzi”
E il Président in carica, che con i suoi 44 anni è oltretutto il candidato più giovane della competizione (l’età media è 57)? Pessimismo è un vocabolo riduttivo per lo stato d’animo, al riguardo, del valdostano di Issime. “Penso che Macron – ha detto – non passi nemmeno il primo turno. Sta uscendo da questa legislatura a pezzi. Ci sono stati scandali uno dopo l’altro. Gestione dei ‘Gilets Jaunes’, lasciamo stare”. Oltretutto, la sua “creatura” politica, “La République En Marche”, “è poco sul territorio, è una forza politica che oggi non so se conta 2mila aderenti”.
Un populista chiamato Mélenchon
Ad approfittare della presunta défaillance, stando a Linty, sarà non solo Zemmour, ma pure il tribuno populista di sinistra Jean-Luc Mélenchon. “Quando dico che secondo me ci sarà un secondo turno Mélenchon-Zemmour – ha sostenuto Paolo Linty – è perché vedo che sono gli unici due candidati, di queste presidenziali, che riescono a portare la gente in piazza”. Certo, “con due programmi completamente opposti, ma almeno la linea di demarcazione è chiara”, perché da Macron a Valérie Pécresse, “c’è questo centro che non si capisce bene dove inizia e dove finisce”.
Il rebus della spesa sociale
“Mélenchon – ha continuato Linty – dice cose forti, cose violente, cose che cambiano la società, un po’ come Zemmour dall’altra parte”. Il punto è che aumentare la spesa sociale (“ha nel programma un assegno mensile di 1.093 euro a tutti i giovani”), senza “dall’altra parte chiudere servizi pubblici, o diminuire i funzionari” può davvero essere sostenibile con il solo proposito di tassare “i più ricchi, che sarebbero quelli da 4mila euro al mese, quando lui ne guadagna 40mila?”. Anche perché, il problema di fondo, “è che oggi gli stipendi in Francia sono bassissimi, vicino c’è un assistenza sociale dell’altro mondo, la gente si chiede perché deve andare a lavorare”.
Roussel, comunista con il nucleare
Quanto ad altri candidati della dozzina in corsa domenica, per Anne Hidalgo, la sindaca di Parigi, l’ex politico valdostano conferma il tonfo annunciato: “un disastro”, perché la capitale “è diventata una città invivibile”. Fabien Roussel, ex giornalista televisivo leader del partito comunista, è “di una sinistra estrema, ma moderna”, sostenendo ad esempio “lo sviluppo del nucleare, mentre Mélenchon e Jadot vogliono continuare con l’eolico”. Infine, pescando tra gli alfieri del sovranismo e dell’euroscetticismo, Nicolas Dupont-Aignan è uno che “ci crede, porta avanti anche delle idee condivisibili, però non ha un partito dietro”.
Urne aperte dalle 8
Le urne saranno aperte dalle 8 fino alla serata (una particolarità delle elezioni presidenziali francesi è che non tutte le sezioni chiudono alla stessa ora: nella media avviene alle 19, ma nelle metropoli si arriverà fino alle 20). I cittadini francesi con diritto di voto residenti in Valle d’Aosta dovranno recarsi, per esprimere la loro preferenza, al liceo “Jean Giono” di corso Casale, a Torino. L’Alliance Française aveva lanciato la proposta di un bus, ma le adesioni non sono state in numero sufficiente ad attivarlo. Dopodiché, occhi puntati allo spoglio e all’eventuale ballottaggio del 24 aprile.