Non è un partito, e non pensa – almeno per il momento – alle elezioni. Non c'è nessun 'animale' nel simbolo – come preannunciato – né men che meno un leone. C'è una spirale, simbolo di movimento, appunto.
In un'epoca di politica frastagliata, soprattutto in una Valle d'Aosta che negli ultimi 4 anni – dalla nascita della nuova Uvp – è sembrata vivere un'era geologica dati i tanti e tali cambiamenti, rimpasti, allargamenti di maggioranza, nasce Mouv', un movimento di opinione promosso dall'ex Presidente della Regione Luciano Caveri e da Elso Gerandin, consigliere regionale esule Uvp.
Non un partito, si diceva, ma è la politica il fulcro di Mouv': “È un punto di partenza – spiega Caveri – e la prossima settimana depositeremo lo Statuto e eleggeremo il Comitato promotore che darà gambe a questo progetto. Non il 'partitino' di 'Tizio' o 'Sempronio', perché tra i disastri valdostani di oggi, nel degrado delle forze politiche, c'è proprio la presenza troppo massiccia di personalità che poi fanno una brutta fine”.
L'obiettivo è quello di ascoltare le persone perché, per dirla sempre con Caveri: “Oggi c'è una massa enorme di problemi irrisolti, punti dolenti, e l'impressione è che a queste difficoltà la politica sia incapace di reagire, lasciando crescere il qualunquismo, e l'astensionismo”.
Tra gli interventi, in una sala della BCC all'Arco di Augusto gremita, c'è l'invito alla politica ad ascoltare la gente da parte di Jenny Cagniney – giovanissima consigliera comunale di Gignod, in fuga dal Pd –, la richiesta di attenzione per il mondo dell'agricoltura di montagna da parte di Damien Charrance, il richiamo a ritrovare ed attualizzare l'identità valdostana da parte di Mauro Caniggia Nicolotti, l'invito di Simona Mele a rispettare l'aforisma Degasperiano per il quale “Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione”.
Poi c'è Claudio Brédy, tra i fondatori Uvp che hanno abbandonato dopo l'ultimo allargamento di maggioranza, con lo stesso Caveri, che spiega in che terreno ondeggerà Mouv': “Dopo decenni di benessere e abbondanza in Valle e dieci anni di crisi economica ma anche sociale, culturale e di valori, è necessario avviare un processo di rinnovamento culturale e politico, con contenitori nei quali i cittadini possano esprimersi”. Non dissimile, nei fatti, dall'atto fondativo stesso di Uvp a fine 2012, con quello 'changement' gridato ai quattro venti che aveva fatto tremare le fondamenta – e le sicurezze – del monolite unionista.
Poi c'è anche Luciano Saraillon, consigliere comunale ed ex sindaco – sconfitto un po' a sorpresa nel 2015 – di Aymavilles, e voce sempre critica nei confronti dell'Union, che dice, fuori dai denti, che: “Ci siamo illusi che qui la crisi non sarebbe mai arrivata, mentre forse si sente forte rispetto ad altre parti. Una cosa nuova per noi che non ci siamo abituati ad amministrare senza avere i soldi per farlo e che viviamo un'inversione di tendenza: oggi abbiamo minori servizi e maggiori costi”. E che aggiunge, cupo: “Siamo tutti legati al nostro 'campanile', ma la storia può essere cambiata e non possiamo lasciare ai nostri figli una situazione come quella attuale. È giunto il momento di cambiare la storia, e adesso come adesso in Valle d'Aosta 74 comuni sono tanti, forse troppi”.
Fuori di retorica chiude Elso Gerandin, naturalmente molto atteso dalla platea. Ed il consigliere regionale non usa certo il fioretto: “Questo movimento di opinione – spiega – serve perché oggi la minaccia all'ordine sociale arriva da chi è al vertice della politica. Per anni ci hanno detto che il Patto di stabilità impediva alla ricca Valle d'Aosta di spendere, ma il bilancio 2017, senza patto, sarebbe stato inferiore a quello del 2016 se non si attingeva a piene mani dalle risorse di Cva”. Poi l'affondo, squisitamente politico: “È tempo di ribellarsi e voltare pagina – chiude Gerandin – e la 'Große Koalition' in Regione ne è una dimostrazione. Oggi è necessaria una nuova esperienza, un nuovo modello per la Valle fatto di diritti, meritocrazia, crescita economica, lavoro per i giovani e le imprese, e che non siano sempre le solite, di turismo e di attenzione all'ambiente e all'agricoltura. Siamo stanchi dei classici partiti autoreferenziali che decidono il futuro dei valdostani nei loro incontri e sono poco rispettosi del mandato elettorale, diciamo 'basta' ai voti telecomandati ed eterodiretti, non ne possiamo più di 'uomini soli al comando' e di bugie”.
Ora Mouv' ha un anno, circa, per cercare la sua identità, al netto di possibili elezioni anticipate: “Non siamo ancora strutturati – spiega a margine della serata Caveri – dovremo vedere come la gente che incontreremo sul territorio reagirà. La componente autonomista potrà vedere però un nuovo germe di speranza, con temi che riguardano tutti. Penso comunque che si voterà nel 2018, in Valle sicuramente, ma come abbiamo spiegato non ci siamo presentati oggi per avere un 'ritorno elettorale'”.