Pas de sens, pas de vote: la minoranza UV non esiste più

In una serata soft, il Conseil Fédéral dell'Union Valdôtaine sancisce l'accordo elettorale con il centro-destra ad Aosta. La minoranza getta la spugna
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Politica

Il Conseil Fédéral dell'Union Valdôtaine è tra le massime assemblee elettive planetarie: per importanza segue soltanto l'assemblea generale dell'ONU e il Congresso degli Stati Uniti d'America. Si va lì, si salutano amici, si sfodera il tanto amato francese, fluente o masticato con minore maestria, e si ascolta. Poi si vota, e votare contro o astenersi è scelta coraggiosa. I giornalisti, invece, prendono il taccuino, scrivono due o tre cose, fanno foto, e poi un laconico "j'invite la presse à sortir" mette fine ad ogni speranza di tirar fuori qualcosa di interessante.

Potrebbe essere l'assemblea dei lunghi coltelli, ma la minoranza interna dell'UV diserta l'incontro, togliendo subito pathos all'incontro: Luciano Caveri fa proprio il motto referendario "pas de sens, pas de vote", e sul suo sito web, spiega di non essere un "gauchiste incallito", ma che non ha partecipato al Conseil, "dove si è deciso quanto già deciso", perché "sarebbe stato uno spreco d'energie in quella sede esibirsi in richieste di distinguo o spiegazioni" per scelte che sono "piatti già cucinati altrove" e in cui il voto finale "è una foglia di fico". Mancano anche, non giustificati, Dino e Laurent Viérin, leader storici della minoranza del leone, e il presidente del Consiglio regionale Alberto Cerise.

Ego Perron, presidente del Mouvement, sancisce con poche parole la "libertà di movimento assoluta lasciata alle sezioni per stipulare gli accordi e le liste migliori per governare i singoli paesi" e annuncia di avere il mandato delle sezioni aostane per il tanto annunciato accordo con il PdL e la Lega, accordo di "opportunità politica" e non "scelta di campo". Tra i presenti, ovviamente, lo stupore è minimo e la tensione emotiva cala ancora.

Le parole più dure sono, ovviamente, contro l'ALPE: ormai un PD stordito e risvegliatosi da uno strano sogno e il resto dell'opposizione non contano niente, e l'unico spauracchio di un successo annunciato per la corazzata di centro-destra autonomista sono "l'ALPE, Louvin e i suoi amici" ai quali "non dobbiamo consegnare la città", come spiega Perron. Alla fine sono tutti d'accordo, o quasi. Dei 75 delegati presenti, sui 116 totali – molti degli assenti sono impegnati con gli scampoli dei Consigli comunali nei loro paesi – solo uno si astiene, probabilmente a causa di un colpo di sonno. Il "ni droite ni gauche" rimane, ma con un po' meno gauche fedele e un po' di droite berlusconiana.

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