Referendum vinto, ma la legge è già valida? I dubbi di un costituzionalista

Il referendum confermativo ha sancito il ritorno alle tre preferenze. Ma secondo il professor Giovanni Boggero, ricercatore di Diritto costituzionale e pubblico dell'Università di Torino, alle Regionali di settembre si dovrebbe votare comunque con la preferenza unica.
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Politica

Houston, abbiamo un problema. Forse. Messo in soffitta il referendum confermativo, il risultato sembrava chiaro: il 28 settembre, alle Elezioni regionali, si voterà con le tre preferenze.

Le reazioni politiche post voto sono state abbastanza univoche. Qualche rivendicazione da parte dell’UV, qualche attacco assortito alla maggioranza (più per il periodo scelto per il referendum che non altro). Ma tutti, comunque, proiettati verso le tre preferenze. Un dato assodato.

Solo dal fronte del “No” Elio Riccarand, coordinatore di Avs – Rete civica, diceva ai nostri microfoni che “non si possono recepire i risultati di questo referendum per incidere sul procedimento elettorale”. E ancora: “Secondo me bisogna votare con la legge esistente, quindi con la preferenza unica, e non fare dei pasticci. È l’unica via legale da percorrere. Vediamo se qualcuno persevererà in un atteggiamento non legittimo”.

Un referendum vincolante? Sì

Non una questione di “lana caprina”. Il dibattito – poi smarritosi nei numeri (tristemente bassi, sebbene non avesse quorum) del referendum – c’è stato: che effetto avrà il referendum sulle prossime elezioni? Ce lo siamo chiesti – e l’abbiamo chiesto – tutti.

Di suo, il presidente della Regione Renzo Testolin, supportato dalle strutture dell’Amministrazione di piazza Deffeyes, ha sostenuto che l’esito del referendum sarebbe statovincolante” per l’appuntamento con le urne del 28 settembre.

Un referendum vincolante? No

Le forze che hanno sostenuto il “No” non sono le uniche a vederla diversamente. Anzi. Ad esempio, non è di questo avviso il professor Giovanni Boggero, ricercatore di Diritto costituzionale e pubblico nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Torino. E, tra l’altro, uno dei tre docenti universitari di cui ha parlato Riccarand stesso riferendosi alla legge elettorale da applicare alle prossime elezioni.

Boggero non ha dubbi: “Credo che Riccarand abbia ragione, come detto peraltro anche dai colleghi Morrone e Tarli Barbieri. Una volta adottato il decreto di indizione delle elezioni, il procedimento elettorale è avviato in base alla legge in vigore quando il decreto stesso è adottato. Ed il 25 luglio era in vigore la legge elettorale non ancora modificata dal referendum. Il decreto fissa la data, da lì in poi si applicano le regole della legge elettorale in vigore”.

Non solo: “Il referendum ha modificato il quadro legislativo elettorale – prosegue il docente universitario –. Una volta promulgata la legge servirebbe un decreto di revoca del decreto di indizione delle elezioni di fine luglio, per emanarne poi uno nuovo. Questo si può fare, ma non ci sono tempi per indire le elezioni previste nei termini di legge, quindi entro 60 giorni. E siccome le elezioni devono essere indette almeno entro due settimane dalla fine della Legislatura, quindi entro il 4 ottobre, non ci sono tempi per poter adottare un nuovo decreto che tenga conto della nuova legge. Per questo, non può che applicarsi la legge elettorale in vigore al 25 luglio”.

Una delle obiezioni avanzate da chi la pensa diversamente punta sul fatto che non si tratti di una riforma elettorale tout court, anche perché non abroga la legge elettorale precedente, ma la modifica.

Il professor Boggero non la pensa così: “È una riforma elettorale a tutti gli effetti perché incide sul sistema elettorale in senso stretto, in particolar modo sulle modalità di voto, quindi sull’esercizio dell’elettorato attivo e di quello passivo. Questo significa che il tempo dato a elettori e candidati per adeguarsi al nuovo quadro legislativo/elettorale sarebbe insufficiente rispetto a quanto il legislatore regionale ha previsto”.

Insomma, “ci si poteva pensare prima se si fosse puntato a tempi più contenuti. O pensare ad una modifica dei 60 giorni, oppure anche alla possibilità che le elezioni si tenessero un mese dopo la fine della Legislatura – aggiunge il docente –. Ma il quadro legislativo regionale è molto restrittivo e con quello bisogna fare i conti”.

La domanda è scontata, ma inevitabile: perché il Presidente della Regione e gli Uffici la giudicano applicabile da subito? “Penso che, come fatto anche da alcune forze politiche, venga adottata un approccio sostanzialistico – dice sempre Boggero –. La legge è cambiata nei fatti, più che di diritto. Quindi, si vuole applicare la norma che sta per entrare in vigore. Questa, però, è una logica non giuridica ma politica. Del resto, per la maggioranza regionale la modifica della legge elettorale rappresentava un punto qualificante del programma e capisco si voglia portare a termine quanto promesso. È comprensibile dal punto di vista politico, non dal punto di vista giuridico”.

L’ombra dei ricorsi

Le voci di eventuali ricorsi ventilati, chiuse le urne del referendum, sembrano svanite come neve al sole. Secondo il professor Boggero, “il ricorso è possibile. Anche il gruppo consiliare della Lega, che faceva parte del comitato referendario, ha deciso altrimenti perché si è reso conto che ricorrere ad un giudice amministrativo non è possibile. O meglio, lo è, ma bisogna aspettare la conclusione del procedimento elettorale ed impugnare il verbale degli eletti”.

Però, il docente indica un’altra via: “Laddove venga messo in discussione l’esercizio libero del voto, sia attivo sia passivo, non si va dal giudice amministrativo ma dal giudice ordinario per un’azione di accertamento. L’esercizio di diritto di voto degli elettori valdostani è materia del tribunale ordinario, ed è possibile chiedere al giudice di accertare che il voto attivo vada esercitato con la legge vigente al momento dell’indizione delle elezioni”.

La “via”, quindi, c’è: “Poi, che le forze politiche la vogliano percorrere, è un altro discorso – dice ancora Boggero –. In realtà, però, basta un qualsiasi elettore valdostano disposto a chiarire. Penso sarebbe un’operazione di trasparenza, non ‘contro qualcuno’ ma nell’interesse della comunità. Capisco che ricorrere ad un giudice amministrativo significhi bloccare il procedimento elettorale o, addirittura, sovvertire l’esito del voto. Invece, consiglierei a qualsiasi elettore valdostano volesse avere la certezza di votare con la legge giusta, onde evitare ricorsi ex post, di rivolgersi subito ad un giudice ordinario. Anche perché con il ricorso d’urgenza un giudice garantisce un’ordinanza in tempi congrui, con la risposta entro i primi giorni di settembre”.

Ma c’è un rischio, effettivo, che vengano invalidate le elezioni? “Il rischio c’è – chiude il docente –. Penso che la Giunta conti sulla circostanza per cui, una volta tenutesi le elezioni, un giudice non si prende la briga di invalidarle. Probabilmente, è questo il ragionamento che fa l’Esecutivo regionale e le altre forze politiche. Però ci sono stati casi, anche in Piemonte, di elezioni invalidate anche quattro anni dopo lo svolgimento. Per evitarlo, spero che qualche elettore di buona volontà si incarichi di fare chiarezza subito”.

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