“L’insulto, le molestie e gli appellativi degradanti non sono un problema di decoro, non sono divertenti, non sono “tradechon”. Fanno semplicemente schifo, sono un distillato di violenza patriarcale“. L’Associazione Non una di meno Valle d’Aosta interviene su quanto avvenuto nell’ultima seduta di Consiglio regionale. Una mozione, presentata da Chiara Minelli, che chiedeva al Governo di valutare, in collaborazione con gli Enti locali un’azione di sensibilizzazione per prevenire ogni forma di molestia nei confronti delle donne e per contrastare l’abuso di alcol durante le feste dei coscritti, si è trasformata in un dibattito surreale durato oltre un’ora e mezza. L’iniziativa di Pcp nasceva da una segnalazione arrivate alle consigliere durante l’estate: un’auto decorata con “varie scritte oscene, a sfondo sessuale, offensive e lesive della dignità femminile”, che sono state in seguito rimosse dopo l’intervento della Questura.
Le consigliere di Pcp sono state le uniche a sostenere la mozione, mentre molti consiglieri, soprattutto della Lega VdA, hanno banalizzato l’iniziativa, definendo le scritte – “Troia” e “Ti monto che ti smonto” con tanto di disegnini – “goliardiche” e la mozione “un attacco ai coscritti e a chi festeggia in maniera autentica le nostre storiche tradizioni” (post del capogruppo Andrea Manfrin).
“La denuncia o, meglio, la semplice e doverosa richiesta di mantenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni in merito alla violenza di genere nelle sue più ampie espressioni – evidenzia Non una di meno Valle d’Aosta – riesce ogni volta a scatenare le reazioni più machiste e misogine, insieme al completo e consapevole travisamento delle intenzioni e dei contenuti espressi da chi pretende la fine di comportamenti, gesti e linguaggi che celebrano l’aggressione sessuale travestendo la riduzione a oggetto di predazione della donna con una pretesa quanto incomprensibile “goliardia””.
L’Associazione sottolinea come la “cultura dello stupro e diffusione dell’immagine femminile in accostamento alla sottomissione sessuale non ci sembrano fare parte della festa o del divertimento, ma una degenerazione dei rapporti fra i generi molto pericolosa, soprattutto nelle generazioni più giovani, e troppo spesso addirittura istigata dal compiacimento di adulti “maturi” che trovano che accostare il nome di una donna a una bambola gonfiabile ostentata sul palco di un comizio sia “divertente” (tanto per fare un esempio)”.
Non una di meno segnala, inoltre, come “nessuno pseudo-compagno che si atteggia a sostenitore delle istanze femministe ha votato a favore della mozione di Minelli. C’è chi ridacchia, chi dileggia e chi gira la testa dall’altra parte. Niente che ci stupisca”.
5 risposte
La festa dei coscritti, per me che arrivo da fuori Valle e che sono innamorata delle montagne e della cultura (quella vera) locale, non ha nulla a che vedere con le tradizioni di duro lavoro e di dignità che hanno contraddistinto questa regione da secoli. La festa dei coscritti a me sembra un momento di alcolismo collettivo giustificato in nome di una pseudo-socialità che nulla apporta di buono, anzi direi che invece avvilisce il genere umano mostrandone i lati peggiori.
Condivido sia la mozione della consigliera Minelli (che dovrebbe ricevere la solidarietà e il sostegno di tutte le donne valdostane), sia l’intervento dell’associazione “Non una di meno” .
Ma care donne, fatevi due risate e non state a vedere sempre attacchi di genere dappertutto!
Sul nome, dell’antica città,che da anche il nome al famoso cavallo, ci può stare un po’ di indignazione. Ma sul “Ti monto che ti smonto” faccio davvero fatica a vederci del maschilismo, può tranquillamente dirlo una donna ad un uomo, come possono dirlo un gay o un trans e via dicendo, ci vedo solo un vanto delle proprie capacità a letto.
Peccato che ci governino persone che non hanno nemmeno il coraggio di prendere le distanze da certi comportamenti, pur di non scontentare qualcuno e perdere dei voti. Vedendo quanto accaduto mi sembra che questo modo di essere e di pensare da maschilisti, per non dire altro, purtroppo è ancora è molto radicato nella società valdostana.