Va in scena la Grosse Koalition della noia
L'onorevole-corridore Maurizio Lupi arriva ad Aosta con il fiatone: per partecipare alla serata, organizzata ieri sera, lunedì 1° marzo, a Palazzo Regionale dal "Comitato per la sussidiarietà" di Valerio Lancerotto, il futuro partecipante alla maratona di New York ha dovuto abbandonare in fretta e furia Milano e la grana liste PdL nel capoluogo lombardo
Il vice-presidente della Camera dei deputati è accolto da un applauso preventivo della sala e dal catastrofismo di Antonio Fosson, senatore della Valle d'Aosta, che esprime solidarietà all'amico ciellino evocando un "rischio di guerra civile" causato dalla mancata presentazione delle liste PdL.
Il tema della serata è distante sia dalla campagna per le regionali di marzo, sia dalle comunali valdostane di maggio. Ma i relatori presenti mettono insieme la "Grossissime Koalition" che va dal PD al PdL passando per l'UV, generando un clima irreale di "volemose bene". Invitati a parlare del concetto di bene comune in politica, gli amministratori presenti non giungono ad un denominatore comune delle proprie idee, e anzi la serata si trascina stancamente.
Fosson prosegue nel suo surreale catastrofismo, proponendo un concetto legato all'armonia: "Quando si lavora bene assieme, senza un fuoco di fila incrociato tra i due schieramenti, le caserme dei Carabinieri restano chiuse". Un'idea da "anni di piombo all'incontrario", in cui partiti e movimenti sotterrino l'ascia di guerra per "rispondere al monito del presidente Napolitano, che invoca il dialogo ormai inascoltato".
Diversa l'idea espressa dal segretario regionale del PD, Raimondo Donzel, che vede il bene comune nella "politica dei mercati": "Un politico deve sempre dialogare con i cittadini per raggiungere il bene comune ed è inutile passare delle serate chiusi nelle nostre sedi a raccontarcela addosso". Donzel sfodera poi, per non essere da meno dei correlatori, Papi e Santi, indottrinando la platea e invocando il suo cavallo di battaglia, l'opposizione costruttiva.
Solo "Le Président" non cita Paolo VI, il cardinal Bertone o la dottrina sociale della Chiesa: risvegliatosi dal torpore degli interventi altrui, Augusto Rollandin spiega che nella sua "breve esperienza politica" trentennale, ha capito che "ognuno tira l'acqua al suo mulino, e per quel poco che ho letto la storia e la democrazia, è così da sempre". Rollandin propone quindi il suo realismo pragmatico: "Gli amministratori devono essere capaci di imparare tutti i giorni qualcosa, lo sforzo della democrazia è accettare il confronto". Il bene comune, insomma, è un concetto che non esiste. O forse va declinato ogni giorno nel quotidiano.
Donzel evoca un periodo di chiusura delle urne: "Non è possibile vivere in questa campagna elettorale permanente, per i politici diventa sempre più difficile dire la verità". Le comunali si avvicinano e le grandi manovre sono pronte, con il PD alla finestra: Donzel sembra voler allontanare lo spettro del voto.
Lupi risveglia la platea più per il tono di voce – quello di chi è abituato a dar contro al Santoro di turno alla tivù – citando in una gaffe rollandiniana storica "l'Imperatore, che nell'antichità era la democrazia" e invitando al dialogo bipartisan anti-nazista: "Il primo punto che deve accomunarci non è la soluzione finale". Lupi racconta brevemente la sua esperienza di amministratore locale, quando "essere assessore è il modo migliore per farsi dare contro da tutti i cittadini, nonostante anche io sia un cittadino milanese e lavori per il bene della mia città": e proprio per il bene di Milano, Lupi corre via presto, per cercare di mettere una pezza alla lista Formigoni.