Il futuro dell'autonomia valdostana? Se la nuova riforma Boschi-Renzi preoccupa l'ex presidente della Giunta regionale Dino Viérin, sostenitore del No al referendum del 4 dicembre, anche l'assessore regionale Raimondo Donzel, sostenitore del Sì, esprime timori, non connessi però con il voto referendario.
"Se passa questa riforma la Valle d'Aosta avrà due senatori su 100, anziché uno su 315, peseremo di più e per questo il nuovo Senato della autonomie è un segnale positivo – sostiene il democratico – però a prescindere dall'esito del referendum bisognerà fare un lavoro di tutela sugli Statuti speciali, perché qui ce li scippano".
"Non si può pensare che il contesto sia favorevole alle Speciali quando hanno tagliato le gambe alle altre 15 regioni – ha affermato invece il progressista – siamo senza dubbio di fronte ad una deriva centralista, in controtendenza con gli altri paesi europei".
Il dibattito di ieri sera, moderato dal giornalista La Stampa Alessandro Mano nella sala del municipio di Hône, si è mosso soprattutto sul tema del rapporto tra Stato e istituzioni territoriali e sulle chance della Valle d'Aosta di mantenere le proprie prerogative. Da una parte Viérin ha avuto un approccio molto tecnico, rendendo in alcuni passaggi non immediata la ricezione delle proprie posizioni, dall'altra Donzel, più chiaro nell'esposizione, è venuto incontro ai dubbi dell'interlocutore, sacrificando però in efficacia e precisione i suoi argomenti.
"Con la nuova ripartizione le competenze dello Stato passano da 30 a 50 – insiste Viérin – e quelle rimaste alle regioni il Governo, e neanche il parlamento, se le può riprendere per tutelare l'interesse nazionale". L'ex presidente ha attaccato, tra le tante, sul ritorno al potere statale della competenza in materia fiscale e finanziaria: "sappiamo bene che l'autonomia ha senso se ha le finanze per camminare", anche se le risorse a disposizione della Valle d'Aosta sono già calate senza l'aiuto di nessuna modifica costituzionale.
Poi è stata la volta della produzione, trasporto, e distribuzione dell'energia, argomento che sta molto a cuore a Viérin, che da presidente della Giunta impostò il passaggio delle strutture per la produzione e distribuzione elettrica dall'Enel e la conseguente nascita di Cva: "Ci ritroveremo a dover ricomprare per la terza volta le nostre acque?", si è chiesto. "La scusa – conclude Viérin – è il superamento del contenzioso, ma la verità è che non si vuole perdere tempo in discussioni".
"È evidente che c'è stato un accentramento dei poteri, ma con il decentramento del 2001 ci sono stati 1700 contenziosi alla Corte costituzionale, chi li paga? – replica Donzel – anch'io avrei attribuito più competenze alle Regioni, ma alcune di queste non se le sono prese le competenze, lasciando alla Stato la necessità di risolvere grossi problemi".
Anche il democratico ha provato a cimentarsi in alcuni esempi: "Ha senso che la tutela e la sicurezza del lavoro sia regionale? No, perché tutti i lavoratori italiani hanno gli stessi diritti", ha detto. Sulla clausola di supremazia Donzel offre un altro punto di vista: "pensate alla lunetta ferroviaria di Chivasso (opera che avrebbe permesso di evitare la deviazione per la tratta tra Aosta e Torino, ndr), in quel caso il Comune di quel paese ha deciso da sè che un accordo tra due Regioni non andava bene: non dovrebbe intervenire lo Stato?".
Anche riguardo all'intesa tra Stato e regioni a Statuto speciale, che tutela quest'ultime dall'applicazione delle nuove divisioni tra competenze previste dal nuovo Titolo V, Viérin è scettico: "La clausola di salvaguardia non è scritta in Costituzione, come invece si era ottenuto per la riforma del 2006, poi bocciata al referendum, ma nelle norme transitorie – spiega – inoltre, sempre a differenza del 2006 la procedura qui non è definita e non sappiamo perciò se le regioni avranno il potere di veto di fronte alle richieste dello Stato".
"La decisione di preservare gli Statuti speciali è stata una scelta non scontata negli ambienti di Roma – ha replicato Donzel – e quando si e quando si è riconosciuto il principio di intesa per il quale si era combattuto già tre volte invano noi del Pd-Vda, come l'Union Valdôtaine, Stella Alpina, Svp, Patt e i ladini siamo stati convinti per il Sì".