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Previsioni andamento euro dollaro, quale direzione nei prossimi mesi?

Il tasso di cambio EUR/USD potrebbe andare incontro a un ribasso nelle prossime settimane, ma da metà novembre la tendenza potrebbe cambiare.
Mario Draghi
Pubbliredazionali

Secondo quanto recentemente formulato dagli analisti della Nordea Bank, il tasso di cambio EUR/USD potrebbe andare incontro a un ribasso nelle prossime settimane, ma da metà novembre la tendenza potrebbe cambiare.

Come ci ricordano i focus di Meteofinanza.com, punto di riferimento per i trader italiani dal 2006, in relazione alle previsioni andamento euro dollaro, anche se la maggior parte dei commentatori del mercato ha attribuito il recente periodo di debolezza della coppia EUR/USD alle preoccupazioni degli investitori sul bilancio italiano, in realtà il motivo più forte per il declino della coppia è la forza del dollaro USA, e dunque NON la debolezza dell’euro. Peraltro, a riprova di ciò, si osservi come l’EUR/CHF è aumentato di recente in buona misura, per un movimento che probabilmente non sarebbe accaduto se il problema fosse stato solo l’euro.

Detto ciò, la contrazione della liquidità del dollaro USA è la ragione principale della forza della valuta verde, dice Nordea, che è determinata da una combinazione della policy della Federal Reserve statunitense – che ha posto fine alla sua politica di reinvestimento del capitale dai rimborsi obbligazionari, dalla diminuzione del gettito fiscale statunitense a causa dei tagli fiscali di Trump e dal fatto che il Tesoro USA ha scelto di mantenere circa 300 miliardi di dollari in riserva (per le emergenze) – un importo che periodicamente dovrebbe essere incrementato.

Questi tre fattori principali hanno di fatto determinato un problema di “scarsità” del dollaro USA, che sta a sua volta facendo salire il valore della valuta. Tuttavia, le cose potrebbero cambiare nel medio termine.

La banca prevede infatti che verso la metà di novembre il dollaro USA potrebbe raggiungere il suo picco, poiché in tali giorni gli Stati Uniti raggiungeranno il tetto del debito. A quel punto, incapace di prendere in prestito denaro per coprire il deficit tra entrate e spese, il Tesoro USA dovrà agire sulle sue riserve, iniettando circa 300 miliardi di dollari nell’economia, aumentando la liquidità e di conseguenza indebolendo il dollaro USA.

Pertanto, almeno secondo quanto affermano gli outlook di Nordea, il dollaro americano raggiungerà il suo apice a metà novembre, a causa della prospettiva di eccesso di liquidità. A quel punto dovrebbe iniziare una vera e propria inversione di tendenza, che potrebbe essere ulteriormente alimentata se all’inizio del 2019 ci sarà un altro tetto del debito (uno scenario probabile, soprattutto se i repubblicani perderanno le elezioni di mid term). In tal caso, il Tesoro USA svuoterà il suo saldo di cassa presso la Fed, alimentando il sistema bancario commerciale con fino a 3-400 miliardi di dollari, con uno scenario negativo per il dollaro.

Oltre a ciò, altri fattori che hanno aiutato la tendenza al rialzo del dollaro sono stati i recenti commenti del presidente Powell, secondo cui i tassi d’interesse americani potrebbero superare il “tasso neutro”, ovvero il livello in cui si trovano quando l’economia non è né in crescita né in contrazione. Un altro fattore è stata la curva dei rendimenti del Tesoro statunitense, che suggerisce una forte prospettiva di crescita a lungo termine, e quindi un maggiore richiamo per l’afflusso di investitori stranieri.

Quanto sopra non deve naturalmente far dimenticare che anche l’euro ha contribuito al suo stesso declino.

Le preoccupazioni per l’Italia sono ovviamente state un fattore che ha contribuito a ciò, ma Nordea pensa che queste si risolveranno nel tempo. “Presto Luigi Di Maio e Matteo Salvini dovranno entrare in sintonia con i mercati, e sarà semplicemente necessario per evitare la catastrofe” – hanno dichiarato gli economisti della banca. Una delle ragioni principali per cui gli analisti sono così sicuri di questo è che quasi tutto il denaro che il governo italiano prende in prestito proviene dal programma di quantitative easing della Banca Centrale Europea, la cui chiusura è prevista per la fine dell’anno.

Una volta rimossa questa fonte di finanziamento a “sconto”, l’Italia dovrà ricorrere al cap-in-hand ai mercati dei capitali esterni, che saranno quasi certamente meno indulgenti.

Infine, un’altra fonte di rinnovamento della moneta unica potrebbe derivare da un differenziale di inflazione in chiusura tra Stati Uniti ed Eurozona. Fino ad ora questo spread è stato abbastanza ampio e questo ha esercitato una pressione al ribasso sulla coppia EUR/USD, ma si prevede presto un’inversione di tendenza. L’ultimo calo dell’inflazione di base dell’Eurozona, che è scesa allo 0,9%, non era di buon auspicio per l’euro, in quanto suggerisce che la BCE potrebbe dover ritardare il rialzo dei tassi di interesse, ma questo è probabilmente il “fondo del barile” per l’inflazione dell’Eurozona, che da qui in poi dovrebbe aumentare e colmare il divario con gli Stati Uniti.

Un ultimo driver per i guadagni dell’euro rispetto al dollaro potrebbe arrivare dal peggioramento della guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti, per uno scenario che, comunque, ben pochi si augurano. 

I.P.

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