Una regione con poco meno di 123mila abitanti che, per gli standard nazionali, avrebbe diritto a un ospedale di base – con Pronto soccorso, radiologia, laboratorio analisi ed emoteca – ma che, in deroga, dispone invece di una struttura paragonabile a quelle delle grandi aziende ospedaliere, pensate per bacini da 600mila a 1,2 milioni di persone. Una deroga che costa alla Regione oltre 400 milioni di euro l’anno: circa 2.700 euro pro capite, contro i 2.300 della media italiana.
Ma il problema non è solo economico. Come ha spiegato il direttore generale dell’Usl Massimo Uberti durante il convegno promosso dalla neonata categoria Sanità di Confindustria Valle d’Aosta, il sistema non riesce più a rispondere alle attese dei cittadini, stretto tra la crescita della domanda, l’invecchiamento della popolazione, la diffusione delle patologie croniche e la carenza di professionisti.
“Corriamo i 100 metri con le mani legate dietro la schiena e i pesi alle caviglie” – ha detto Uberti – “abbiamo bisogno di maggiore flessibilità e adattabilità. È il momento di fare scelte chiare e non più rimandabili”.
Oltre alla popolazione ridotta, la spesa sanitaria valdostana è influenzata da fattori geografici e stagionali: il bacino d’utenza dell’ospedale Parini cresce fino a quattro volte in inverno e a otto volte in estate, con turisti spesso affetti da patologie croniche. A ciò si sommano scelte di programmazione ambiziose: la volontà di mantenere tutte le specialità in loco, l’estensione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), l’aumento delle retribuzioni del personale. Tutti elementi che concorrono ad aumentare i costi, senza però garantire da soli un sistema efficiente e sostenibile.

Privato accreditato: da avversario a risorsa
Il convegno “Integrazione tra pubblico e privato come sinergia positiva” ha visto convergere più voci sull’opportunità di una collaborazione rafforzata tra i due ambiti. Il presidente della Regione Renzo Testolin ha auspicato “modelli innovativi”, mentre il presidente di Confindustria Valle d’Aosta, Francesco Turcato, ha sottolineato come “il privato possa portare innovazione e capacità di investimento, lasciando al pubblico il ruolo di garante dell’equità e della programmazione”.
Renato Rovito, presidente della categoria sanità di Confindustria VdA, ha ribadito che “l’obiettivo non è smantellare la sanità pubblica, ma migliorarla con sinergie concrete”.
Attualmente, la spesa per il privato accreditato in Valle d’Aosta è del 5,8%, la più bassa d’Italia (media nazionale 17,5%, Lombardia 24,7%). Anche la spesa sanitaria privata pro capite – 650 euro – è inferiore alla media nazionale di 730 euro. In compenso, solo il 6,3% della popolazione rinuncia alle cure, contro il 7,6% nazionale.
A preoccupare tutti è la sostenibilità. Il sistema sanitario pubblico, gratuito e universale, è messo in crisi da bisogni sempre più crescenti, legati all’invecchiamento della popolazione – “oggi solo il 41% della popolazione finanzia il sistema, un numero in diminuzione” – ma anche da un crescente ricorso a farmaci e tecnologie costose, da fenomeni di consumismo sanitario e medicina difensiva, oltre che da influenze esterne e dall’infodemia. Per questo, secondo Uberti, è necessario fare delle scelte: “Senza strategia e interventi conseguenti, il sistema affonderà progressivamente”. Un aiuto può arrivare proprio dal privato: “Serve meno ideologia e più pragmatismo nel dibattito pubblico. La programmazione deve restare pubblica, ma il privato può contribuire con offerte differenziate e articolate”.
Anche l’assessore Carlo Marzi ha chiesto al privato un passo avanti: “Se il pubblico avrà il coraggio di lanciare il cuore oltre l’ostacolo, anche il privato dovrà assumersi la responsabilità di ampliare i servizi. La sfida è mantenere l’offerta con al centro i cittadini, anche a costo di scelte difficili”.
Secondo il medico Giulio Doveri, il privato può contare su professionisti più flessibili, in grado di gestire la media complessità e alleggerire il carico del sistema ospedaliero, che dovrebbe concentrarsi sugli acuti e sulle cronicità complesse. “L’ospedale deve fare l’ospedale, dedicarsi agli acuti, alla cronicità complessa e ai casi ambulatoriali difficili. Medici di famiglia e farmacie devono occuparsi della prevenzione, presa in carico e continuità assistenziale. Il privato può gestire la media complessità”.
Lucia Gallo, presidente della sezione Sanità e assistenza di Confindustria Novara-Vercelli-Valsesia e manager del gruppo privato Affidea, con oltre 61 centri in tutta Italia, ha rilanciato: “Non possiamo più tamponare. Dobbiamo ripensare il modello sanitario, guardando alla sanità pubblica come un sistema di servizi per il paziente, indipendentemente da chi li eroga. È una rivoluzione copernicana. Servono procedure unificate tra pubblico e privato, con una gestione per processi e specialità. Alcuni servizi il privato li può fare meglio e a costi inferiori, liberando risorse per le urgenze”.
Le farmacie: una buona pratica già in corso
Tra gli esempi virtuosi di integrazione già avviati in Valle d’Aosta c’è quello delle farmacie territoriali. Jacopo Luboz ha ricordato che dal 2020 sono stati attivati 11 servizi, tra cui la distribuzione di presìdi per diabetici, vaccinazioni, telemedicina e prescrizione condizionata di antibiotici. “Ora vogliamo incentivare anche la persistenza alla terapia, specie nei pazienti cardiovascolari”.
Oltre al ruolo del privato, Uberti ha suggerito una revisione dei LEA e un rinnovamento organizzativo spinto dall’innovazione tecnologica: “Serve ripensare un sistema pubblico ancora troppo lento. La Valle d’Aosta ha un vantaggio competitivo: la possibilità di un dialogo diretto con la Regione. Ma la sanità non va strumentalizzata, soprattutto in campagna elettorale”.
4 risposte
Vivo in Valle d’Aosta da quattro anni e mi sento sinceramente fortunato ad avere a disposizione un ospedale con una gamma di servizi paragonabile a quella delle grandi strutture. In generale, mi sono sempre trovato bene e riconosco l’impegno e la professionalità del personale, soprattutto quello “pubblico”.
Tuttavia, ho vissuto un’esperienza particolarmente difficile con Direzione del DSM, che mi ha lasciato con alcuni interrogativi. In particolare, mi chiedo come la Direzione Generale dell’AUSL VdA raccolga e valuti oggi la soddisfazione degli utenti. Con le tecnologie attualmente disponibili, forse si potrebbe andare oltre il solo canale dell’URP, che appare un po’ limitato rispetto alle potenzialità esistenti.
Nel mio caso specifico, per ricevere un riscontro ho dovuto rivolgermi prima al Difensore Civico e successivamente attivare la Commissione Mista Conciliativa (mai attivata in Valle d’Aosta, pare sia stato il primo). Il percorso ha richiesto un anno e mezzo per giungere a una risposta definitiva. Credo che ci siano margini di miglioramento importanti, soprattutto sul fronte dell’ascolto e del dialogo con i cittadini
La sanità è un diritto non un business. Se gli industriali investoni nel settore… non sarà sicuramente un business. Finiremo pure a comprare macchinari nuovi per loro e non per l’ospedale.. d’altronde se i tempi d’attesa sono lunghi i privati gioiscono. Per non parlare dei medici che lavorano sia nel pubblico che nel privato… Sicuramente senza conflitto d’interesse. Fate almeno restituire i soldi con cui noi contribuenti abbiamo pagato l’istruzione a questi luminari della medicina privata..
Sembrerebbe che più che aiutare la sanità pubblica si incentivi quelle privata. Vedremo poi quanti soldi ci toccherà dargli a scapito dei nostri diritti
Io piuttosto che morire aspettando un esame diagnostico nella sanità pubblica, preferisco potermelo andare a fare piuttosto in fretta nella sanità privata. Ma c’è di più: cara signora marica, la Valle d’Aosta è la regione con il più basso tasso di utilizzo della sanità privata, che svolge circa il 7% delle visite specialistiche e degli esami diagnostici complessivi. Dunque dove sarebbe tutto questo scippo di risorse a danno del pubblico? Perché si mette sempre davanti l’ideologia alla tutela della salute? Ci rifletta…
Praticamente le stesse cose che sostiene Forza Italia nelle sue serate sulla sanità. L’assessore Marzi e il direttore generale Uberti aprano finalmente gli occhi, si sveglino e inizino ad ascoltare le proposte degli altri anziché negare l’evidenza. Perché rimanere fermi nella speranza che arrivino tempi migliori è una colpa, non una virtù.