Psicologo nelle scuole valdostane, l’Anpe chiede: “Perché non inserire i pedagogisti?”

A chiederselo, dopo la volontà da parte della Regione di inserire la figura dello psicologo scolastico nelle superiori, è l'Associazione nazionale pedagogisti Valle d’Aosta: "Come pedagogisti possiamo aiutare ulteriormente questo progetto grazie ad una integrazione multidisciplinare”.
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Non “opposti”, ma complementari. Anzi, figure che possono – o forse devono? – integrarsi. La notizia è di un mese fa: la Regione ha deciso di introdurre lo psicologo scolastico nelle superiori, con l’obiettivo – dichiarato – di estendere il servizio anche alle medie.

Questione che non è sfuggita ai più. Ma, nel dettaglio, ha fatto sorgere una domanda: e perché non inserire anche la figura del pedagogista? Dai lidi dell’Anpe Valle d’Aosta, sezione regionale dell’Associazione nazionale pedagogisti italiani, che non ci si è solo posti la questione. Si è cercato di avanzare una proposta.

“Siamo molto contenti che l’Amministrazione regionale abbia preso questa decisione, per la quale rinnoviamo la nostra gratitudine – spiega Paola Florio, insegnante e vicepresidente Anpe –. L’introduzione dello psicologo nelle scuole può essere un elemento innovativo, in cui la Valle d’Aosta si porta avanti. Ma pensiamo che, come pedagogisti, possiamo andare ad aiutare ulteriormente questo progetto grazie ad una integrazione multidisciplinare”.

O, per dirla con la presidente dell’Associazione – pedagogista a sua volta –, Lucia Poli: “Gli psicologi sosterranno sia i ragazzi, sia le famiglie. Potremmo dare il nostro contributo, creando quindi un circuito ancora più educativo. Potremmo portare nelle scuole le nostre competenze, soprattutto dopo legge che istituirà l’Albo dei pedagogisti e degli educatori”.

Ma come? “Da 2018, lo psicologo è stato riconosciuto come figura sanitaria – dice ancora Florio –. Bisogna chiarire che il pedagogista è un professionista dell’educazione e che, a livello più globale, può intervenire con i ragazzi ed i docenti, che oltretutto in Valle lavorano benissimo come dimostrano i risultati delle prove Invalsi. Il pedagogista ha proprio i requisiti di formazione tecnico/scientifica a livello didattico per l’ascolto delle famiglie. Può introdurre un approccio multidisciplinare, suo elemento forte, e dare tantissimo. Anche con gli allievi con disturbi dell’apprendimento. È un tecnico che, partendo da una diagnosi, può costruire le attività didattiche da mettere in campo per aiutare sia i ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento, sia con problemi più sociali”.

Non una “rivendicazione” nei confronti dell’introduzione dello psicologo nelle scuole, quindi. Anzi: “Per 24 anni ho lavorato in una comunità per minori – dice ancora Poli –. A volte gli adolescenti avevano anche il bisogno di essere accompagnati dallo psicologo perché non volevano andarci. Con la nostra facilitazione, a livello educativo, un pezzettino assieme si è potuto fare: ovvero aiutare il ragazzo a mettere a fuoco il problema, per poi lasciarlo con lo psicologo. Una mediazione fatta anche con le famiglie, che a volte non volevano autorizzare i figli all’incontro con gli psicologi perché resisteva lo stigma del sembrare ‘matti’. Invece, è importante riuscire a parlare con le famiglie e accettare il sostegno, per il beneficio di tutti”.

“Il pedagogista non ha questo ‘stigma’ – aggiunge Florio –. Ed esiste da sempre, da Socrate. Ancora oggi, il ruolo delle Scienze dell’educazione e della Pedagogia è fondamentale. In Francia, come un po’ in tutta Europa, si fa un lavoro enorme tra docenti, pedagogisti, alunni, a volte famiglie ed esperti che lavorano assieme per migliorare l’apprendimento in un ambiente che sia di tranquillità emotiva”.

Da qui, la richiesta: “Come Anpe ci siamo – spiega la presidente Poli –, ci mettiamo a disposizione dell’Amministrazione regionale e delle istituzioni scolastiche. Anche per sostenere ed aiutare, da subito, docenti, ragazzi e psicologi stessi. E ci siamo, a maggior ragione, con l’istituzione dell’Albo professionale che darà più forza al nostro lavoro”. La Vicepresidente aggiunge che si tratterebbe di “un’azione congiunta che si esprime dando punti forza allo psicologo. Gli elementi di salute mentale deve gestirli lui. Le fragilità, i disturbi del comportamento e quelli alimentari, quelli legati all’utilizzo di sostanze, hanno bisogno della figura sanitaria. Ma questo non può bastare, deve intervenire il pedagogista che può creare un ambiente di apprendimento vincente facendo esprimere ad un ragazzo tutte le sue potenzialità”.

E se uno “scoglio” fosse proprio la convivenza con gli insegnanti, più che con gli psicologi? Secondo Florio non è così: “Lo spirito pedagogista è ottimista per eccellenza e cerca di creare relazioni vincenti. L’obiettivo è quello di migliorare l’apprendimento dell’alunno e l’insegnamento dei docenti”.

Anzi, siamo proprio all’opposto, stando a Poli: “Un pedagogista può favorire il clima all’interno di una classe. Anche perché ci sono molti ragazzi di diverse nazionalità, con bisogni educativi diversi. È possibile così favorire l’inclusione ma lavorare anche sull’educazione affettiva in maniera complementare con lo psicologo, favorendo le relazioni di crescita tra docenti, anche a livello professionale. Ma anche seguire i processi delle relazioni tra scuola e famiglia. Anche perché le famiglie, in questo momento storico e per scelta, sono entrate molto nelle scuole”.

La domanda è provocatoria: perché una pedagogista a scuola sì e un sociologo no? O un antropologo? “In Francia – dice Florio – i sociologi hanno un taglio più partecipativo: vanno a lavorare con le persone o con le classi, o con un gruppo di ragazzi del quartiere o ancora con gli anziani di un paese. E da lì fanno ricerca scientifica e azioni sul territorio. In Italia questo ancora non è arrivato. Qui il sociologo ha più funzione di ‘raccolta dati’, quasi statistica. Però è fondamentale: solo raccogliendo i dati si riesce ad avere una fotografia della situazione. Ma sul livello qualitativo serve il pedagogista”.

“Anche l’antropologo sarebbe molto utile, ma anche un mediatore viste tutte le culture che compongono una classe – aggiunge Poli –. Tutte le figure integrate possono provare a fare la differenza. Bisogna andare in quella direzione: uno sguardo integrato tra più professioni. Quello fa la forza di un progetto e di un cambiamento”. 

“Negli esami universitari per diventare pedagogisti c’è Pedagogia, Didattica, Sociologia, Psicologia, Storia, Antropologia, Igiene mentale – chiude Florio –. Questa è la forza del pedagogista, che con la sua apertura mentale pluridisciplinare riesce a leggere la realtà in modo più ampio”.

3 risposte

  1. Ma perché invece di continuare ad introdurre nella scuola figure professionali di supporto non cominciamo a chiederci perché c’è questa crescente necessità e non si comincia di conseguenza a lavorare sulle cause piuttosto che sugli effetti?

  2. Ma certo tutti sul carrozzone … E chiedono Assistenzialismo anche d estate? Intanto la gente che lavora, davvero, non va a chiedere in giro ma si organizza

  3. Penso che queste osservazioni siano appropriate. La Scuola dovrebbe restare aperta 12 mesi l’anno, con interventi integrati, multidisciplinari anche d’estate con animatori, laboratori di manualità, arte, musica, cinema, recupero degli apprendimenti, in supporto continuativo ai ragazzi e alle famiglie, sempre in affannosa ricerca di soluzioni, spesso improvvisate e inaffidabili, al tempo libero dei minori. Tuttavia trovo controindicata la presenza a scuola di troppi “specialisti” ai quali gli insegnanti tendono a delegare la soluzione di problemi educativi, pedagogici, disciplinari, psicologici, trattenendo per se le sole competenze didattiche che nessuno però valuta in termini di metodo e relazione. Infine gli psicologi psicoterapeuti dovrebbero, contrariamente al recente bando promosso dalle Istituzioni “Una scuola che ascolta”, rimanere fuori dalle sedi scolastiche, negli ambulatori pubblici e negli studi privati dove accogliere i casi clinici, lasciando invece spazio ai colleghi più esperti di organizzazione, direzione, gestione e dinamica dei gruppi di lavoro, sostegno, supervisione e formazione ai docenti, facilitazione degli incontri con i genitori. Il dibattito è aperto…

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