“La musica contro il silenzio” è arrivata ieri ad Aosta. La manifestazione, nata a Firenze il 1 giugno 2025 e diffusa in varie città italiane per sensibilizzare l’opinione pubblica su quanto accade al popolo palestinese, ha fatto la sua ventiseiesima tappa in Porta Praetoria. In un’alternanza di brani noti come “Imagine”, “Bella ciao”, “Inno alla Gioia” e poesie di autori internazionali come Mahmoud Darwish e Salvatore Quasimodo, il flashmob ha unito un’ottantina di persone, tra musicisti, band, cantanti, cittadini e passanti, in una condivisione canora e sonora contro l’apartheid e il genocidio in Palestina. Un gesto collettivo di solidarietà per promuovere i valori di pace, resilienza, resistenza e libertà del popolo palestinese.
“L’obiettivo è portare, attraverso la musica, gli occhi e l’attenzione su già che sta accadendo e non stare in silenzio.” – ha detto Deborah Baisotti di BDS Valle d’Aosta.
Durante il pomeriggio, sono state condivise fette di anguria, simbolo della resistenza palestinese. Il frutto, i cui colori richiamano quelli della bandiera palestinese, ha assunto negli anni dell’occupazione un forte valore identitario: un segno di espressione culturale e politica utilizzato dal popolo palestinese quando l’esposizione della propria bandiera era proibita.
9 risposte
ONG, Ginevra, ONU????? LA stessa ONU che ha nascosto e Dato asilo ai terroristi di Hamas per organizzare il Genocidio del 7 ottobre?
Quello sî fu un Genocidio cari professoroni ed assistenti associali che vi credete detentori della veritá.
Penosi
GINEVRA, 13 MARZO 2025 – Un’inchiesta delle Nazioni Unite appena pubblicata accusa Israele di aver compiuto “atti di genocidio” nella Striscia di Gaza attraverso la distruzione sistematica degli ospedali e delle strutture sanitarie per l’assistenza sessuale e riproduttiva palestinesi.
L’accusa è stata immediatamente respinta dallo Stato ebraico.
La Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite ha affermato che Israele ha “intenzionalmente attaccato e distrutto” il principale centro di fertilità del territorio palestinese e ha simultaneamente imposto un assedio e bloccato gli aiuti, compresi i farmaci per garantire gravidanze, parti e cure neonatali sicure.
Ciò, secondo la commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite, equivale a “due categorie di atti di genocidio” compiuti durante l’offensiva dell’ esercito israeliano IDF. La convenzione delle Nazioni Unite sul genocidio definisce tale crimine come atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. Delle sue cinque categorie, l’inchiesta ha affermato che le due che implicavano Israele stavano “deliberatamente infliggendo al gruppo condizioni di vita calcolate per provocarne la distruzione fisica” e “imponendo misure volte a impedire le nascite all’interno del gruppo”. “Queste violazioni non hanno solo causato gravi danni fisici e mentali immediati e sofferenze a donne e ragazze, ma anche effetti irreversibili a lungo termine sulla salute mentale e sulle prospettive riproduttive e di fertilità dei palestinesi come gruppo”, ha affermato il presidente della commissione Navi Pillay in una dichiarazione.
Dal sito di ONU Italia
Cara Marta,
scambi le accuse per le sentenze. Per dichiarare che sia un genocidio ci vogliono le prove e un consenso ampio e ben documentato. Ad oggi non c’è, mentre sappiamo con certezza di crimini contro i palestinesi da parte degli Israeliani e di crimini di guerra da parte di HAMAS contro israeliani e palestinesi.
Ad oggi la stragrande maggioranza dei dati sulla situazione a Gaza arriva da Hamas o da IDF, ovvero le due parti in causa. sempre ad oggi la quasi totalita’ dell’informazione in Italia e in Europa ha deciso di schierarsi contro Israele e quindi considera solo le fonti provenienti da Hamas.
Le fonti che citi provengono da organismi schierati contro Israele, con un record di informazioni false sull’argomento notevole. Inoltre per quanto riguarda l’ UNRWA, molti suoi membri sono coinvolti più o meno direttamente con Hamas.
Puoi decidere di fare il tifo, escludendo a priori ciò che mostra una realtà molto più complessa e meno schierata contro Israele, oppure guardare più fonti di informazione per vedere quante incongruenze ci siano nella narrativa dominante di oggi pro-hamas.
Buona serata
Caro Kleo, ma anche gli altri luminari che si sprecano in commenti, anziche’ studiare un po’ di storia bene un minimo. Se genocidio non piace, troppo politicamente scorretto, si puo’ usare “Pulizia Etnica”, “Epurazione”, “Sterminio” ecc… ecc.. Ma se ancora aspetti che ci sia un organizzazione che ti fa da paparino per permetterti di non sentirti a disagio a leggere i ad usare certi termini, buona fortuna.
Per i famosi ostaggi del 7 ottobre provate a chiedere a quei servizi di super sicurezza che sono infiltrati in mezzo occidente e medio oriente come hanno fatto a non accorgersene di nulla. Perche’ i pretesti di sacrificare la propria popolazione per intervenire militarmente per i propri interessi narcisistici si conoscono bene dal 2001 se non prima. Comunque l’occupazione illeggittima del suolo palestinese e la conseguente eliminazione della popolazione locale avveniva da molti anni prima che i media vi puntassero sopra le telecamera dando in bocca parole pronte. Basta un minimo di storia davvero applicarsi un minimo e un po’ di buon senso per arrivarci. Ma d’altronde dal 2020 in poi si e’ palesata evidentemente il livello di lobotomizzazione della popolazione. Non sorprendono piu’ di tanto certi commenti
Mi chiedo onestamente perché Aosta Sera pubblichi interventi come questo
Gli ostaggi del sette Ottobre ancora giacciono nascosti nei tunnel…..
Gli aiuti alimentari vengono depredati e contrabbandati da Hamas.
Forse qualcuno é accecato dall’ideologia integralista O semplicemente ha il burqa che non gli permette di vedere la realtà delle cose.
Gli aiuti alimentari bloccati fuori da Gaza dallo stato di Israele? O quelli distribuiti da Israele con la droga nella farina? Gli stessi aiuti durante i quali vengono fucilati dai soldati Israeliani i civili che stanno morendo di fame?
“Oltre 130 ONG – tra cui Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro – chiedono un’azione immediata per porre fine al mortale programma israeliano di distribuzione degli aiuti a Gaza (inclusa la cosiddetta Gaza Humanitarian Fondation), ripristinare i meccanismi di coordinamento guidati dalle Nazioni Unite e revocare il blocco imposto dal governo israeliano su aiuti e forniture commerciali. I 400 punti di distribuzione di aiuti operativi durante il cessate il fuoco temporaneo a Gaza sono stati ora sostituiti da soli quattro siti di distribuzione controllati dai militari, che costringono due milioni di persone a stare in zone sovraffollate e militarizzate, esposte quotidianamente al rischio di spari e a quello di divenire vittime mentre cercano di accedere al cibo e vengono negati altri rifornimenti salvavita.
Oggi i palestinesi di Gaza si trovano di fronte a una scelta impossibile: morire di fame o rischiare di essere colpiti mentre cercano disperatamente di procurarsi cibo per sfamare le proprie famiglie. Le settimane successive al lancio del programma di distribuzione israeliano sono state tra le più letali e violente dall’ottobre 2023[1].
In meno di quattro settimane, più di 500 palestinesi sono stati uccisi e quasi 4.000 feriti solo nel tentativo di accedere al cibo o distribuirlo[2]. Le forze armate e i gruppi armati israeliani, alcuni dei quali operano presumibilmente con il sostegno delle autorità israeliane, aprono ormai sistematicamente il fuoco su civili disperati che rischiano tutto pur di sopravvivere.
Il sistema umanitario viene deliberatamente e sistematicamente smantellato dal blocco e dalle restrizioni del governo israeliano, un blocco ora utilizzato per giustificare la chiusura di quasi tutte le altre operazioni di aiuto a favore di un’alternativa mortale, controllata militarmente, che non protegge i civili né soddisfa i bisogni primari. Queste misure sono progettate per alimentare un ciclo di disperazione, pericolo e morte. Gli operatori umanitari esperti rimangono pronti a fornire assistenza salvavita su larga scala. Eppure, a più di 100 giorni da quando le autorità israeliane hanno reintrodotto un blocco quasi totale su aiuti e beni commerciali, le condizioni umanitarie di Gaza stanno crollando a un ritmo più rapido che in qualsiasi altro momento degli ultimi 20 mesi. Con il nuovo piano del governo israeliano, civili affamati e indeboliti sono costretti a camminare per ore attraverso terreni pericolosi e zone di conflitto attivo, per poi affrontare una corsa violenta e caotica per raggiungere siti di distribuzione recintati e militarizzati con un unico punto di accesso. Lì, migliaia di persone vengono rilasciate in recinti caotici per lottare per le limitate scorte di cibo. Queste aree sono diventate teatro di ripetuti massacri, in palese disprezzo del diritto internazionale umanitario. Tra le vittime ci sono bambini orfani e coloro che se ne prendono cura, e i bambini sono rimasti feriti in oltre la metà degli attacchi contro i civili in questi luoghi. Con il sistema sanitario di Gaza in rovina, molti di coloro che vengono colpiti vengono lasciati morire dissanguati, fuori dalla portata delle ambulanze e privati di cure mediche salvavita.
In mezzo alla fame estrema e a condizioni simili alla carestia, molte famiglie ci raccontano di essere ormai troppo deboli per competere per le razioni alimentari. Chi riesce a procurarsi del cibo spesso torna con solo pochi beni di prima necessità, quasi impossibili da preparare senza acqua pulita o combustibile per cucinare, quasi esaurito, con conseguente blocco di servizi essenziali salvavita, tra cui panifici, reti idriche, ambulanze e ospedali. Le famiglie si rifugiano sotto teli di plastica, gestendo cucine improvvisate tra le macerie, senza combustibile, acqua pulita, servizi igienici o elettricità.
Questa non è una risposta umanitaria.
Concentrare oltre due milioni di persone in aree ulteriormente ristrette per avere la possibilità di sfamare le proprie famiglie non è un piano per salvare vite umane. Per 20 mesi, oltre due milioni di persone sono state sottoposte a bombardamenti incessanti, alla militarizzazione di cibo, acqua e altri aiuti, a ripetuti sfollamenti forzati e a una sistematica disumanizzazione, il tutto sotto l’occhio vigile della comunità internazionale. La Sphere Association, che stabilisce gli standard minimi per gli aiuti umanitari di qualità, ha avvertito che l’approccio della Gaza Humanitarian Foundation non rispetta gli standard e i principi umanitari fondamentali.
Questa normalizzazione della sofferenza non deve essere tollerata. Gli Stati devono rifiutare la falsa scelta tra distribuzioni letali di cibo e controllate dai militari e la totale negazione degli aiuti. Gli Stati devono rispettare i propri obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani, compresi i divieti di sfollamento forzato, attacchi indiscriminati e ostruzione degli aiuti umanitari. Gli Stati devono garantire l’assunzione di responsabilità per le gravi violazioni del diritto internazionale.
Noi, le organizzazioni firmatarie, invitiamo ancora una volta tutti gli Stati terzi a: adottare misure concrete per porre fine al soffocante assedio e difendere il diritto dei civili di Gaza ad accedere in sicurezza agli aiuti e a ricevere protezione; esortare i donatori a non finanziare programmi di aiuti militarizzati che violano il diritto internazionale, non aderiscono ai principi umanitari, aggravano i danni e rischiano di essere complici di atrocità; sostenere il ripristino di un meccanismo di coordinamento unificato, guidato dalle Nazioni Unite, fondato sul diritto internazionale umanitario e inclusivo dell’UNRWA, della società civile palestinese e della più ampia comunità umanitaria, per soddisfare i bisogni delle persone. Ribadiamo i nostri urgenti appelli per un cessate il fuoco immediato e duraturo, per il rilascio di tutti gli ostaggi e dei prigionieri detenuti arbitrariamente, per il pieno accesso umanitario su vasta scala e per la fine della pervasiva impunità che consente queste atrocità e nega ai palestinesi la loro dignità fondamentale”.
Fonte: Save the Children, 1 luglio 2025
Cara AostaSera e Sara Colombini,
Ci sono molte ragioni per manifestare per la pace in Palestina, ed è giusto dare spazio a queste istanze sul quotidiano. Detto questo, la parola “genocidio” è inopportuna e relega questo articolo a mera propaganda anti-israeliana, minando la vostra reputazione.
Faccio inoltre presente che, ad oggi, né la Corte Internazionale di Giustizia all’Aia né l’ONU hanno definito ciò che sta accadendo come genocidio.
e i morti del 7 ottobre 2023 ?