Una “città fantasma” con chilometri di strade, semafori, rotatorie e pensiline degli autobus senza alcun abitante, un laboratorio di sperimentazione a grandezza naturale per innovare il trasporto e testare le soluzioni di mobilità del futuro. Questa è Transpolis, un’area di 80 ettari situata ad Ain, nel cuore della Francia, in cui sono ospitate aziende, esperti e sviluppatori che mettono alla prova tecnologie innovative per la sicurezza e la comunicazione tra veicoli autonomi, infrastrutture e operatori del trasporto pubblico.
Una sorta di set cinematografico dotato di 300 chilometri di fibra ottica e antenne 5G per testare il dialogo tra veicoli e dispositivi di sicurezza intelligenti, Transpolis rappresenta una risorsa unica nel settore. Nata da un’idea avveniristica sviluppata nel 2011 a Lione, è il risultato di una scommessa e di una visione in cui veicoli e infrastrutture comunicano per creare un sistema di mobilità più sicuro ed efficiente. Il progetto pionieristico ha preso vita grazie alla collaborazione di aziende private, finanziatori pubblici e istituti di ricerca sui trasporti, uniti insieme nell’intento di trasformare l’ex campo militare di Fromentaux, nei comuni di Leyment, Chazey-sur-Ain e Saint-Maurice-de-Rémens, in un centro sperimentale di mobilità a 360 gradi.
Con 18 milioni di euro di investimento e la prima fase dei lavori già completata nell’estate 2018 ora Trasnpolis diventa il campo di test per il progetto eRoadMontBlanc, che mira alla transizione energetica in un settore, quello della mobilità ed in particolare del trasporto dei camion, ancora lontano dal raggiungere gli obiettivi fissati dall’Europa e dove i veicoli elettrici pesanti sono ancora agli inizi.
Il progetto è gestito dalla società ATMB, il gestore francese del traforo del Monte Bianco, in collaborazione con l’Università Gustave Eiffel, il gruppo industriale ferroviario Alstom, il fornitore energetico Pronergy e l’azienda di trasporto innovativo Greenmot.
L’idea è di dotare alcune strade di una pista elettrica che consenta ai mezzi pesanti di ricaricarsi durante la marcia. Un approccio diverso rispetto ad altri già sperimentati e rivelatisi fallimentari come quello sviluppato in Normandia nel 2017, che prevedeva l’utilizzo dell’asfalto come collettore solare, termico e/o fotovoltaico per immagazzinare il calore solare ridistribuendolo in rete distrutto dopo sette anni a maggio 2024. eRoadMontBlanc vuole permettere di risolvere il principale limite dei veicoli elettrici pesanti: l’autonomia. Attraverso l’installazione di una posta conduttrice integrata nella strada si potrà consentire ai camion di ricaricarsi in movimento mentre percorrono le strade con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale del trasporto merci.
I primi test per verificarne la sicurezza e l’affidabilità, la manutenibilità del sistema anche in condizioni meteorologiche con basse temperature, sono già previsti per il primo trimestre del 2025 presso il centro Transpolis dove 420 metri di strada sono stati già preparati per testare diversi tipi di camion. Il progetto, vincitore del programma Francia 2030, è stato finanziato dall’Unione Europea e dallo Stato francese con un investimento complessivo di 20 milioni di euro e rappresenta un passo decisivo verso un futuro più sostenibile per la mobilità su strada soprattutto in zone come Chamonix, dove il problema delle emissioni è molto sentito.
Dopo i primi test, a partire dal 2026, sarà installato su un chilometro della Route Blanche RN205 in Alta Savoia in direzione proprio di Chamonix e della Valle d’Aosta.
Una risposta
Bell’articolo. Ma non c’era già qualcosa di simile in circolazione, è il caso di dirlo? Mi pare di ricordare che il treno sia esattamente quello. Ovvio, non potrà fare il porta a porta (ma in ogni caso i T.I.R. devono scaricare in magazzini dove mezzi più agili prenderanno a bordo la merce: e quindi è solo il punto di rottura di carico a dover essere eventualmente modificato), e soprattutto non potrà (il mezzo) diventare una specie di magazzino ambulante circolante in attesa dell’ordine di consegna, il che in sé non pare invero grave e sembra anzi auspicabile. Aggiungo, da ignorante e chiedo scusa per l’ardire, che i droni tenderanno a diventare i mezzi per il trasporto, perlomeno in certe circostanze particolari. Tra cui potremmo forse annoverare la Valle d’Aosta o almeno certe sue parti e per certe circostanze. Il centro di distribuzione delle merci in Valle è, probabilmente, Aosta (ma non conosco, né forse esistono, dati specifici). Immaginando però che così sia, quanto consuma in energia (incluso il costo dell’autista, della manutenzione del mezzo, delle strade usate e dell’inquinamento prodotto) un furgoncino che trasporta merci da appunto Aosta a, immaginiamo, Cervinia, rispetto a quanto consumerebbe un drone industriale (o più d’uno), di portata di circa 30 kg., per trasportare lo stesso carico in linea diretta (includendo anche qui, ovvio, l’ammortamento del materiale e il costo degli operatori addetti allo scarico e scarico, oltre al “conduttore”/programmatore del drone stesso, ma non il cielo, non soggetto a usura)? Ripeto, anche se si è certo capito, non sono un esperto né un tecnico del settore. Pure, mi pare che il ripensamento del trasporto (merci e persone) in Valle debba imperativamente fatto sulla base delle conoscenze attuali e non, come invece come mi sembra stiano studiando nel laboratorio francese, nel tentativo un po’ infantile di “fare ecologico” elettrificando quello che non può in realtà esserlo. Termino, scusandomi per la lunghezza del commento, ricordando che spesso, a fronte del dogmatismo, la realtà tende a imporsi. Persino la RAND corporation ha escluso per ora i tank elettrici (sì, un bestione da 60 e oltre tonnellate con le batterie… : no, per ora non si può fare). Avevamo (e lì sì invece dovremmo investire!) il treno, e dalla “stazione” di arrivo, parliamone. Ma no, per favore no, l’autostrada con i T.I.R. che ricaricano con un binario dedicato…