Un sapere antico, tramandato di generazione in generazione, che nasce dall’incontro tra l’artigianato e la musica. Alberto Comé ha 37 anni, è cresciuto a Gressoney-Saint-Jean e di mestiere fa il liutaio. Nella sua bottega di Lagny-sur-Marne, a pochi chilometri da Parigi, costruisce, ripara e restaura violini, viole, violoncelli e contrabbassi. Una scintilla che è scoccata quasi per caso, dopo aver frequentato l’istituto professionale Don Bosco di Châtillon.
“Quando ho finito gli studi, a 16 anni, volevo specializzarmi in qualcosa che riguardasse la falegnameria per arrivare alla maturità – racconta -. Un’amica di famiglia che faceva la pianista a Torino ci aveva mandato una lettera con all’interno un articolo di giornale che parlava di una scuola di liuteria. La cosa mi ha subito ispirato e così mi sono iscritto alla scuola di liuteria di Cremona. Dopo averla terminata, tra il 2009 e il 2010, ho fatto degli stage a Parigi, che è la città più rinomata per il restauro degli strumenti. Ho conosciuto la mia compagna e mi sono trasferito lì”.
Oggi Alberto vive a Meaux, nota come la città del brie, e lavora nella sua liuteria a Lagny-sur-Marne. “Ho aperto nel 2014 e siamo in due a lavorare – spiega -. Ci occupiamo della fabbricazione, del restauro, della manutenzione e della vendita di violini, viole, violoncelli e contrabbassi. Vendiamo anche degli strumenti per bambini”.
Per il liutaio di Gressoney, si tratta di “un mestiere di nicchia ma molto richiesto“. E spiega: “È un artigianato che è molto a contatto con la materia e che richiede manualità. Utilizziamo un’attrezzatura molto arcaica e semplice. Sicuramente l’industria ha fatto dei passi in avanti anche nel nostro settore, soprattutto per quanto riguarda gli strumenti da studio, ma la componente artigianale rimane comunque molto forte nel restauro e nella fabbricazione degli strumenti. Chi si rivolge a noi per farsi fare un violino è perché ricerca l’unicità e vuole uno strumento che sappia far emozionare”.
Un saper fare che “si trasmette di generazione in generazione – afferma Alberto – e che conta anche su un aspetto ingenieristico importante legato al funzionamento degli strumenti. La nostra è una clientela molto appassionata e attratta dal nostro mestiere”. Facendo il liutaio, anche la musica è entrata a far parte della sua vita. “Suono il violino a livello amatoriale, mentre la mia collega la viola. La scelta di dedicarmi alla liuteria arriva però dalla lavorazione del legno. La musica è arrivata dopo”.
È un mestiere in cui c’è ricambio generazionale? Per Alberto la risposta è affermativa. “Conosco tanti giovani liutai, secondo me c’è ricambio, anche in Italia. Abbiamo anche una scuola pubblica per liutai in ogni Stato europeo e ciò assicura un buon livello di formazione”. E il legame con Gressoney? “Andarmene non era nei miei piani – conclude il liutaio, che torna regolarmente nel suo paese d’origine – ma adesso, ripensandoci, credo che non potrei fare il mestiere che faccio a Gressoney. Potrei pensarci magari più avanti, quando avrò una clientela ben costituita e potrò dedicarmi esclusivamente alla fabbricazione di strumenti”.