Cannabis light, la rabbia di chi ha investito nel settore

A una settimana dalla sentenza della Cassazione che vieta la commercializzazione di cannabis light, i commercianti protestano.
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Senza l’olio al CBD non riesco a vivere, è l’unico rimedio per il mio tremore alle gambe” confessa una distinta settantenne alla proprietaria dell’Hemporia canapa dispensary, punto vendita di cannabis light ad Aosta. Negozi del genere si trovano ormai in tutta Italia (tre solo ad Aosta), grazie alla legge 242 del 2016, che legalizza l’attività di coltivazione della canapa. Con la sentenza emessa dalla Cassazione il 31 maggio, però, l’Italia fa un passo indietro: è reato vendere prodotti derivati dalla cannabis sativa, salvo se privi di efficacia drogante.

La confusione è molta, come rivelano i proprietari dei cannabis shop aostani. “Per noi non cambia nulla. Finché il governo non emette una nuova legge, chiarendo cosa è lecito e cosa non è lecito, siamo in una situazione di stallo” dichiara Andrea Foglia dello Shankara Lab. Nel negozio sono esposti in bella mostra infiorescenze ed oli, i prodotti colpiti dalla sentenza di giovedì scorso. Due sono i principi attivi della canapa: il THC, principio psicoattivo responsabile dello ‘sballo’, e il CBD, innocuo e rilassante. Dopo aver permesso la vendita di prodotti con THC inferiore allo 0,5%, ora il governo sembra aver cambiato idea. “Le infiorescenze che ogni negozio vende hanno tutte il THC inferiore allo 0.5%, quindi non si capisce… Continuiamo a vivere in un limbo, lo stato italiano fa le leggi e le cambia il giorno dopo” lamenta Nicoletta Richitelli dell’Hemporia canapa dispensary.

In crisi non soltanto i venditori che hanno investito in questo settore, ma anche i produttori e le aziende di trasformazione dei prodotti, un giro d’affari che ha raggiunto in Italia 150 milioni di euro solo nel 2018. Tanto più che spesso la maggior parte delle entrate si basa su infiorescenze ed oli, che per lo Shankara Lab costituiscono il 70% del ricavato, contro il 30% ottenuto dalla vendita di cosmetici e alimenti, ancora legali.

Resta solo da aspettare che la Cassazione depositi le motivazioni della sentenza, che facciano chiarezza a chi fino a ieri era tutelato da una licenza di vendita e ora si trova ad essere un ‘fuorilegge’.

 

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