“Papà, chi è la persona raffigurata nella placca di bronzo davanti alla scuola?”, si chiede uno degli alunni dell’Istituzione scolastica “Abbé Prosper Duc” di Châtillon, in uno dei lavori fatti in classe durante l’anno, per commemorare il prete assassinato dalle Brigate Nere 78 anni fa, il 19 aprile 1945.
L’occasione, oggi, è stata la consegna da parte del presidente della Regione Renzo Testolin della Medaglia d’oro al merito civile alla memoria di don Prospero Duc. Testolin che, rivolgendosi ai giovani studenti ha spiegato: “I suoi insegnamenti devono rimanerci nel cuore e darci forza, perché alimentano un ricordo ma anche una sensazione di riconoscenza e di sacrificio che deve accompagnare la nella nostra vita giorno per giorno. Avendo sempre presente che qualcuno ha saputo dare la propria vita per sua comunità. Questo è il messaggio da portare nel cuore e da trasmettere alle generazioni future”.
Don Duc era parroco, allora trentenne, di Chesallet. Dopo l’imprigionamento, nelle carceri di Aosta, di 35 persone – molte delle quali suoi parrocchiani – minacciate per rappresaglia di essere passate per le armi, operò un’importante azione di mediazione con il Comando tedesco di stanza nel capoluogo, che portò infine alla liberazione degli ostaggi. Questo suo intervento lo rese ancora più inviso ai fascisti, che già sospettavano del suo sostegno alla Resistenza. Nonostante i consigli di allontanarsi per qualche giorno restò invece vicino alla sua comunità. E la sera del 19 aprile 1945 fu ucciso dalle Brigate Nere nella sua canonica.
“Il sacrificio di don Duc per difendere le persone, a rischio della propria vita, va preso ad esempio – ha detto invece Maria Giovanna Bonvicini, direttrice dell’Istituzione scolastica di Châtillon che porta il nome del prete -. Soprattutto da noi del mondo dell’educazione, che possiamo trovare in lui un’ispirazione importante. La vita di questo uomo eccezionale ci spinge al sostegno agli altri, ai giovani che ci vengono affidati, attraverso l’educazione e la libertà”.
Ma don Duc era anzitutto un uomo di chiesa: “Quando conferiamo una Medaglia alla memoria di chi ha dato la vita non possiamo non chiederci se ne fosse valsa la pena – ha spiegato il vescovo di Aosta, Monsignor Franco Lovignana -. E la risposta è: ‘sì, valeva la pena’. Don Prospero Duc era un uomo onesto, fedele alla sua missione, generoso. Ha compiuto gli atti che la sua coscienza gli suggeriva. Mi piace immaginarlo come il Buon Pastore. E don Duc lo ha incarnato”.
Il riconoscimento conferito dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è stato sostenuto dalla Presidenza della Regione e proposto dalle Associazioni Combattentistiche della Valle d’Aosta e supportato dall’Istituto Storico della Resistenza, dai Comuni di Sarre e Châtillon e dalla Diocesi di Aosta.
E proprio a Châtillon viene conferita questa Medaglia, paese nel quale don Duc era nato il 1° gennaio 1915. “Quando è stato ucciso – ha detto il sindaco Camillo Dujany -, i tedeschi stavano capitolando, l’Italia era divisa. Lui, da riferimento per i parrocchiani di Chesallet, ha ignorato il consiglio di allontanarsi che gli avrebbe salvato la vita. Ma così il suo gregge sarebbe stato senza pastore. Questo insegna che la libertà dei nostri popoli è un valore che va protetto, tutelato e salvaguardato”.
In chiusura – prima dell’esposizione dei lavori dei bambini, alla scoperta del personaggio che dà il nome alla loro scuola – il sindaco di Sarre Massimo Pepellin porta il ricordo dell’eredità che i suoi compaesani sentono ancora oggi: “Il ricordo tra le persone anziane è quello di una grande disponibilità verso tutti, verso quei giovani di ieri in cui un giovane parroco riponeva fiducia. Mostrando tutta la sua modernità. I testimoni ancora viventi ricordano la ventata che ha portato in una comunità povera, che allora era una frazione di Aosta. Don Duc è morto sei giorni prima della Liberazione. E ci fa capire l’eredità che, chi ha scarificato la sua vita, ci ha lasciato”.