Ma chi l’ha detto che una mamma debba essere sempre perfetta, precisa, organizzata, multitasking e rinunciare alla sua vita e al suo essere donna per accudire al meglio i figli? Perché nell’immaginario collettivo sulla maternità in Italia non è ammesso che una madre possa provare anche sentimenti contrastanti, di fatica o scarsa sopportazione, nei confronti dei figli pur amandoli all’infinito?
Le domande se le sono poste Sarah Malnerich e Francesca Fiore, fondatrici nel 2016 del blog MammadiMerda, che ieri nella piazzetta della libreria Briviodue hanno presentato ad Aosta la loro ultima fatica letteraria “Non farcela come stile di vita – Una guida per diversamente performanti” edito da Feltrinelli.
Il libro arriva dopo “Non sei sola. Fenomenologia della #MammadiMerda” in cui le due blogger hanno raccolto tre anni di interventi web che tratteggiano questa figura mitologica, mezza madre e mezza merda, dando indicazioni chiare sulle cose da fare e non fare per contrastare la narrazione dominante che vuole la mamma devota ai figli, sempre performante, che si annulla e si mutila e non va mai in crisi.
Da allora MammadiMerda, nata come una provocazione, è diventato un modus pensandi di chi si oppone all’idea di questa maternità e prova a rovesciare il paradigma. “Se nessuno ti dice che è normale provare anche sentimenti ambivalenti, essere affaticate e stanche, avere momenti in cui rimpiangi la donna che eri e in cui pensi di non farcela, finisci per sentirti costantemente inadeguata, sola e sbagliata” ha sottolineato Francesca Fiore.
Da qui l’importanza di integrare e socializzare gli elementi di questa esperienza che di solito vengono omessi per riuscire ad accogliere tutte le emozioni complesse che si vivono e dare una rappresentazione della maternità più genuina. “Diffondere il verbo, fermarsi, smettere di arrivare dove la società si aspetta e condividere la fatica” propongono Francesca e Sara. Il che si traduce nella possibilità di ammettere errori, dimenticanze, imperfezioni senza temere il giudizio sociale. “Abbiamo il diritto di non farcela, di non soddisfare a pieno le aspettative elevate sul nostro ruolo e che la società ad esempio non formula sui padri”.
“Non farcela come stile di vita” non è solo un’occasione per ridere, ma anche per pensare alla dimensione educativa dei figli “Hanno un ruolo attivo, non sono dei manichini da vestire e dobbiamo integrare la rottura, il fallimento e l’imperfezione nella loro esistenza perché fa parte della vita” e a tematiche più profonde come l’emancipazione economica delle donne.
L’appello finale che MammadiMerda rivolge a tutte è quindi quello di essere pinguine mutuando il comportamento del pinguino imperatore definito per una questione di sopravvivenza “il vero maschio naturale della mamma di merda”. Le femmine di pinguino imperatore depongono le uova e poi si allontanano per tre mesi per ritemprarsi e ricercare cibo, mentre il maschio rimane a covare per tre mesi l’uovo tra le pinne. “E ce la fa” sottolineano le due blogger a testimonianza di come anche la rinuncia al controllo da parte delle donne e una loro maggior capacità di delega sia parte integrante del percorso. MammadiMerda del resto non si nasce, ma si diventa.
Una risposta
Non mi è difficile ammetterlo: “sono una mamma di merda” spesso con forti sensi di colpa dati dal continuo autodefinirmi inadeguata nella gestione educativa, spesso avvinta dal forte senso di solitudine nello svolgere i quotidiani compiti familiari oltre a quelli lavorativi. E poi arrivate Voi e allora capisco che tutte queste sensazioni non le provo solo io, che il mio non è solo puro senso egoistico, se alle volte regalo del tempo, anche cosi, solo per stare con me stessa. So di volermi bene tanto quanto ne voglio ai miei figli, come ho consapevolezza che se sto bene io stiamo bene tutti. Bene, a Voi un grazie per questa iniziativa, da donna e da madre ovviamente. Vi seguirò nelle vostre imprese, libri compresi.