“A noi non resta che sostenere il coraggio di queste due donne: chi siamo noi per dire a queste popolazioni cosa devono fare?”. Sono le parole di Mauro Montalbetti con cui si è chiuso il confronto di ieri sera “Dialoghi di pace: Palestina – Gaza e Israele” che si è tenuto a Plus Aosta ieri sera, martedì 23 settembre, su iniziativa delle Acli con il gruppo Voci di Pace, l’Azione Cattolica e l’Agesci.
Il coraggio è quello di Aisha Khatib, palestinese, e Irit Hakim, israeliana, le due ospiti della serata che hanno raccontato la loro storia di dolore dovuto al conflitto israelo-palestinese e soprattutto la loro scelta di aderire con convinzione e impegno all’associazione pacifista Combatants for Peace, un movimento formato da israeliani e palestinesi che puntano sulla nonviolenza non solo come tattica, ma come stile di vita.
Due donne che hanno fatto entrambe i conti, pesantissimi,con la guerra. Nel 1989, all’età di 17 anni, il fratello gemello di Aisha Khatib viene colpito da un proiettile di soldato israeliano mentre camminava. La pallottola gli attraversa il petto. Sopravvive, nonostante tutto, per 10 anni, ma muore pochi giorni dopo il suo matrimonio. La diagnosi è chiara: è una morte differita e legata a quel colpo.

Da allora Aisha, che vive a Nablus nei territori palestinesi in Cisgiordania, tra posti di blocco e occupazioni militari, si spende per l’associazione di cui è coordinatrice. “Sono madre di sei figli, Irit ne ha due, voi qui siete madri: nessuno vuole perdere i propri figli” ha raccontato con trasporto.
Lo fa insieme a Irit Hakim,, la sua collega israeliana. Insieme girano il mondo per testimoniare l’importanza di agire insieme. “Nel 1974 terroristi siriani hanno attaccato la scuola vicina a dove stavo facendo un campo estivo, sono morti 22 studenti, sono rimasta traumatizzata”. Ma ha reagito per mettere fine a questa situazione. “Non esiste che queste due nazioni continuino a perseguire un disegno di annientamento reciproco” ha spiegato. “Il problema – per Irit – coincide con l’occupazione dei territori palestinesi, ed è un problema di tutti, palestinesi e israeliani”.

Le due testimonianze, tradotte da Daniela Bezzi, giornalista dell’agenzia internazionale Pressenza, hanno insistito molto sulla necessità di sostenere dall’Italia e dal mondo occiudentale il lavoro di costruzione di pace e dialogo che sta impegnando diverse organizzazioni in terra santa. “L’unica cosa che dobbiamo fare, che dovete fare, è essere pro pace, non applaudire la parte israeliana o quella palestinese”.
Una risposta
Ecco una iniziativa giusta, altro che bandiere sventolate qua e là.