Lo scorso sabato a Capoterra è andato in scena qualcosa che, dopo cinque giorni, molti in casa Stade Valdôtain faticano ancora a realizzare. Lo si vedeva lunedì dalle facce stanche ma estasiate di chi, dopo 18 ore di viaggio, aveva ancora voglia di stare in giro, festeggiare, salutare chi si complimentava per la promozione in serie A, scambiare due parole con tutti, rispondere ancora a messaggi, telefonate, commenti e tag sui social.
Da dieci anni il Capoterra non perdeva subendo quattro mete. Mai una squadra valdostana era stata nella serie A di rugby, anche perché già la promozione in B dello Stade Valdôtain dell’anno scorso era stata storica. Statisticamente, sono rarissimi i casi nel rugby italiano di una doppia promozione. La maglietta “Bella storia”, stampata per celebrare la serie B, è già obsoleta dopo un anno. Eppure, tutto questo è successo grazie ai Leoni gialloneri.
Ma più che la storia, più che le statistiche, fa impressione come questa promozione sia arrivata nella partita decisiva. Anzi, nei secondi decisivi. Con un uomo in meno per un cartellino rosso, sotto di un punto, con un fallo a favore a una manciata di minuti dalla fine. Cosa fai? Calci tra i pali per vincerla senza bonus d’attacco, rimandando tutto ad un eventuale spareggio con il Genova, o provi a giocarla cercando la quarta meta che ti regalerebbe la promozione? E se non la fai? Non vai neanche allo spareggio, ma spiani la strada ai liguri e ti accontenti di un’altra stagione in serie B. Lo Stade Valdôtain è andato all in. E il coraggio è stato ripagato. Sembra un film, eppure è Storia.
Ed è una storia che senza i tifosi e gli amici sarebbe un po’ monca, quindi giovedì 1° maggio, all’Area 6Tu, a stringersi in un grande abbraccio di famiglia c’erano praticamente tutti. Giocatori, parenti, sostenitori, appassionati, membri delle altre associazioni dell’Area, e chi più ne ha più ne metta. Tutti a Sarre per complimentarsi con i Leoni, per fare un brindisi con loro, per festeggiare.
Tempo di bilanci, di sguardi al futuro, di ricordi. Massimo Gontier e Alberto Duc ci sono sempre stati. C’erano nel 2014/15, quando lo Stade fu promosso dalla C2 alla C1, e ci sono oggi, in quella serie A che nessuno si sarebbe mai aspettato: “È qualcosa di storico, di irripetibile”, dicono. “Già la serie B era stata un grande obiettivo, non ci saremmo mai sognati la serie A, eppure quel sogno si è concretizzato. È un sogno che nasce da lontano, dalle nostre radici, dalle giovanili. L’anno prossimo dovremo lavorare ancora più duramente: la nostra società ha un potenziale spaventoso e ci darà i mezzi per fare bene, potremo toglierci qualche soddisfazione”.
Ed è un sogno che solo un sognatore come Francesco Fida poteva realizzare. Uno che ci ha sempre creduto, che con umiltà si è rimboccato le maniche e che incarna l’anima del rugby, quello bello, quello che è nell’immaginario di tutti. Un ideale concretizzatosi da anni a questa parte, grazie ad un idealista che ha anche avuto una visione, quella dell’Area 6 Tu di Sarre. “Quando ero ancora piccolino, il mio sogno era quello di non fare sparire il rugby in Valle d’Aosta”, racconta il presidente. “E oggi siamo qui, nessuno di noi se lo sarebbe aspettato. Ma perché fermarsi qui? Da domani metteremo testa alla prossima stagione, continueremo a sognare. C’è tanta gente che ci vuole bene, dobbiamo lavorare per loro e per i giovani, per continuare a crescere. Oggi ho la pelle d’oca, è incredibile vedere le “vecchie glorie” che vengono a ringraziarci per quello che stiamo regalando”.