Nel mondo del trail valdostano, e non solo, c’era tanta attesa per la prima edizione della Monte Rosa Walserwaeg by UTMB, e in particolare per la nuovissima gara lunga, «Les Sentiers des Valdotains», disegnata dal quattro volte vincitore del Tor des Géants, Franco Collé.
Non una sorta di “Totdret al contrario, con partenza ad Aosta”, come frettolosamente etichettato da qualcuno, ma un vero e proprio tracciato inedito, originale, di 121 km con circa 8000 metri di dislivello, con una prima parte più “semplice” e un finale più tecnico, a tratti brutale. All’arrivo della corsa, dislocato sulle sponde del lago Gover di Gressoney-Saint-Jean, i volti dei finishers erano provati e i commenti a caldo sono stati tutti sulla stessa lunghezza d’onda: “durissima”, “una gara da pazzi”, “mai fatto niente di così difficile”.
I numeri della “gara regina” (in programma c’erano anche altre tre gare, da 82, 42 e 15km, ndr) in effetti, parlano da soli: dei 464 partenti, solo 285 (61,4%) hanno tagliato il traguardo, mentre 179 sono stati i ritiri, 62 dei quali a Cervinia, al km 76, complice anche un violento temporale. Sui loro sentieri c’erano tanti valdostani, ai quali abbiamo chiesto di esprimere la loro opinione sul percorso, questa volta a mente e gambe fredde.

Il commento di alcuni “top runners” valdostani
Non poteva che essere di Daniele Calandri, finito sul terzo gradino del podio in 17h54’31”, il primo commento “a bocce ferme” sulla corsa. “È stata una gara molto dura, con salite davvero impegnative. In particolare, quella che parte dal bosco delle piste di fondo di Saint-Barthélemy e sale al Fenêtre per poi sbucare su Torgnon, e anche quella che da Cervinia porta a Cime Bianche… tutta su piste da sci, quindi molto dritta e lunga. Infine, la salita al Rothorn era piena di pietre smosse nella parte alta, quindi non molto corribile, ammesso anche di averne le gambe per farlo. Tra le discese, ho trovato particolarmente tosta quella che scendeva verso Lignan: tutto il sentiero era eroso dall’acqua. Sono anche caduto, scendendo su Champoluc: ho messo le mani ma una pietra di taglio, all’altezza del mento, mi ha aperto un po’… ho dovuto cambiare u cerotti a ogni base vita, grazie a mia sorella, e poi mi hanno messo 5 punti all’arrivo. Posso dire che, tra tutte le gare che ho fatto finora, questa è stata la più dura insieme all’Ultra-Trail du Haut-Giffre, la mia prima 120 km.”

Per la vincitrice della classifica femminile, e quarta assoluta, Fabiola Conti (18h02’01” il suo tempo), “Il percorso è spettacolare soprattutto la seconda parte dalla base vita di Cervinia a Gressoney. Sono stata fortunata perché ho visto il Cervino col sole del mattino e per me ha ripagato la fatica della gara. Non cambierei nulla perché l’organizzazione è stata perfetta, il percorso tracciato benissimo, era impossibile perdersi. Io non avevo fatto alcuna ricognizione, per me era tutto nuovo il percorso, eppure mai mi sarei potuta perdere. I ristori anche erano ben forniti, ci trovavi tutto, dal dolce al salato, dal caldo al freddo, e la zona per gli assistenti era ampia e comoda. Il tifo ai ristori anche durante la notte è stato spettacolare.”

“La gara di per sé è particolare in quanto è parecchio adatta a ‘scalatori’, visto l’elevato dislivello (più la salita che discesa), la presenza di salite lunghe (3 con più di 1000 D+) e discese non troppo tecniche e abbastanza scorrevoli la rendono ideale per questa tipologia di trailer”, precisa Andrea Visinoni, sesto in classifica generale (18h30’41”). “Inoltre, il fatto di avere negli ultimi 45 km 2 colli sopra i 2600 metri rende importante il fatto di non iniziare a un ritmo troppo elevato, altrimenti si rischia di pagare caro alla fine. In mezzo, i tratti di piano corribile e mezza costa, soprattutto il traverso da Cheneil a Cervinia (tratto in cui ho avuto personalmente il calo maggiore) sono difficili da gestire. Tutti questi fattori la rendono una gara sicuramente molto dura ed esigente. Personalmente ho trovato più esigenti TDS e Tot Dret, gare con dislivello e sviluppo chilometrico leggermente maggiore, tecnicità del terreno più impervia e periodo dell’anno dove è più facile soffrire il freddo in quota e condizioni meteo avverse in quota che condizionano parecchio lo sviluppo di una gara del genere.”

Una gara per molti ma non per tutti: l’opinione di alcuni finishers valdostani
“La partenza dal centro della città regala adrenalina pura – ammette Enzo Benvenuto (51° in 23h49’13”) – la folla, il tifo, la musica, e Gadin che, con la sua voce amica, ci carica come solo lui sa fare! Tutto questo ci ha spinti a partire a tutta, come se ci aspettasse una mezza maratona e non una 120 km tosta e impegnativa. I primi chilometri sui sentieri di casa mi hanno dato una carica unica: ad ogni curva incontravo un volto amico, un incitamento, un “Forza!” che mi spingeva a dare il massimo. Ma presto ho capito che la Monterosa Walserwaeg non fa sconti. Le salite, lunghe e ripide, mettono a dura prova i quadricipiti, mentre le discese tecniche richiedono attenzione continua e riflessi pronti: niente distrazioni! I ristori, perfettamente organizzati, sono diventati la mia oasi. Acqua fresca, cibo energetico e soprattutto i volontari: sorridenti, instancabili, capaci di rimettermi in pista in un attimo, facendomi perdere pochissimo tempo. L’ultima grande fatica è arrivata sul colle che da Champoluc porta verso la vallata di Gressoney. Dopo oltre 100 km nelle gambe, quell’ascesa sembrava infinita. Ma una volta al colle, si sentiva già l’aria del traguardo… almeno fino a quando mi sono ricordato dell’ultima salita ad Alpenzu! Breve, sì, ma durissima se affrontata con tutta la fatica già accumulata. Ho avuto solo un momento di crisi, verso La Magdeleine: gambe di piombo e forza a zero. Poi, inaspettatamente, una birra offerta al volo dal sindaco mi ha rimesso in sesto. Una sorsata ed è tornata la voglia di lottare. Da lì, ho recuperato posizioni e fiducia. Ho tagliato il traguardo con un misto di stanchezza e orgoglio.”

Si associa ai complimenti sull’organizzazione anche Matteo Comé (59° in 24h29’31”). “Evento top, tutto ottimo, dai ristori ai volontari presenti sul percorso e poi era super segnalato bene: non è possibile perdersi. Il percorso è bellissimo, ovviamente tra le montagne di casa, ad Aosta, è stato magico partire dalla piazza della nostra città, e poi iniziare ad andare in quota e vedere la città dall’alto mentre diventava buio. Magico il percorso andando sotto il Cervino, peccato che la vista verso il Monte Rosa è stata un po’ rovinata dal maltempo, però direi percorso veramente bello dal punto di vista dei panorami. È una gara sicuramente tosta, difficile, con salite molto impegnative, drittoni e discese tecniche e anche a volte molto ripide, e l’arrivo a Gressoney direi piacevole. Direi gara promossa.”

Anche per Francesco Carbone (69° in 24h56’52”) “È stata una gara molto dura, non solo per i tanti chilometri e il dislivello elevato, ma anche per il percorso estremamente pietroso, che ha reso difficile correre perfino in discesa. La chiave per arrivare in fondo è stata una buona gestione del passo e dell’alimentazione. Anche partendo piano e concentrandomi sul mangiare regolarmente, ho comunque avuto un calo nella seconda parte di gara. Il freddo della notte e la pioggia del pomeriggio non hanno certo aiutato: era fondamentale vestirsi bene per evitare crisi. Intorno a metà gara ho accusato un po’ di mal di pancia, probabilmente proprio per il freddo. Nel complesso però sono soddisfatto, e contento di essere riuscito a chiudere la gara in poco meno di 25 ore.”

Sulla stessa lunghezza d’onda è anche Paolo Favre (71° in 24h59’37”). “È veramente stata una gara dura: avendo fatto anche il Totdret, io l’ho trovata addirittura più dura, con salite e discese molto tecniche, e discese poco corribili che se non sei allenato tribuli, perché ci sono molti sassi e molte pietre, è molto tecnica. Spero che questa gara prenda piede, un po’ per la pubblicità della Valle d’Aosta, vedendo anche le gare che ho fatto a Cortina, la Lavaredo che fa parte del circuito UTMB che porta veramente tanto turismo e tanta gente a Cortina. Spero che succeda la stessa cosa qui con questa gara.”

“Un’esperienza intensa, dura ma bellissima.” Alessandra Joly (8° posto al femminile in 25h16’18”) riassume così la sua partecipazione alla gara, tracciando un bilancio fatto di soddisfazioni e qualche critica costruttiva. “Il percorso era molto duro: tre salite davvero impegnative e alcune discese tecniche per nulla banali. Ma, proprio per questo, è stato anche molto bello. Personalmente ho apprezzato tantissimo il tratto da La Magdeleine a Cervinia: lunghi segmenti corribili, sentieri morbidi, una parte del tracciato che mi è piaciuta particolarmente. Le salite che mi hanno messo più alla prova sono state quella al colle Fenêtre e, soprattutto, quella al colle Rothorn, in particolare nella sua prima parte. Tra le discese più tecniche, segnalo quella finale verso Antey, tutta la massicciata che porta a Champoluc, il tratto iniziale dal Rothorn e l’ultima discesa da Alpenzu a fine gara: arrivati a quel punto si è stanchi, e affrontare un sentiero scivoloso per la pioggia non è stato il massimo. È chiaro che questa è un’analisi soggettiva: a me piace correre, ma non sono forte in discesa, quindi tendo a soffrirle un po’. Tra gli aspetti meno riusciti, direi il pacco gara e il premio finisher, che erano piuttosto deludenti. Inoltre, trovo davvero poco sensato dover portare con sé piatto e cucchiaio sporchi. Anche il materiale obbligatorio mi è sembrato eccessivo rispetto alle necessità reali. Detto questo, consiglierei assolutamente la gara. Basta sapere che si corre molto: chi è preparato nella corsa, può davvero fare la differenza.”
Lucida l’analisi di Tobias Gramajo, ormai valdostano d’adozione (75° in 25h31’09”). “Tutta la prima parte, nonostante ci fosse anche dislivello, mi è sembrata una gara molto gentile, molto fattibile, anche corribile, e tutti i primi 40-50 chilometri, anche fino a Cervinia, nonostante ci fossero anche delle salite dure, discese un po’ ripide, però è sempre stato un percorso abbastanza amichevole, e me lo son goduto molto, era molto scorrevole. Da Cervinia in poi l’ho trovato molto duro, ma estremamente tecnico e anche cattivo, nel senso che il percorso più volte rilanciava in salita, poi scendeva e rilanciava ancora, per cui un percorso abbastanza tosto, anche mentalmente, e quindi la seconda parte la reputo molto più cattiva, più dura, però comunque affascinante, percorso bellissimo da quel punto di vista.”

“Personalmente era la prima ‘lunga’, quindi ero emozionato, soprattutto in partenza”, svela Mauro Vierin (76° in 25h16’14”). “Non era una gara banale: salite e discese molto lunghe come i tratti pianeggianti. Luogo di partenza 10 e lode, accoglienza ai ristori ottima, il primo a Blavy molto bello con folclore. Cibo e bevande tutto ottimo, in quantità. Arrivo molto bello, solo forse mi sarei aspettato qualcosa in più oltre alla medaglia del finisher, tipo indumento tecnico con la scritta finisher 100M, visto anche il costo dell’iscrizione. Il pubblico andrebbe più coinvolto con gadget (tipo campanelli), mentre la segnaletica era ottima, così come le info live. E poi grazie ai volontari perché senza di loro tutto questo non sarebbe stato possibile.”

“Il percorso è duro, selvaggio, ma ti regala panorami e sensazioni uniche”, ci ha spiegato Pamela Scarano (12° posto tra le donne in 28h55’07”). “È una gara che ti mette alla prova fisicamente e mentalmente, e proprio per questo ti lascia qualcosa dentro. I primi 80 km ricordano molto lo stile UTMB: corribili, con dislivelli importanti ma gestibili, e paesaggi aperti. Poi cambia tutto. Negli ultimi 40 km si entra in un’altra dimensione: arriva la tecnicità vera, quella tipica delle montagne della bassa valle, soprattutto nelle vallate di Gressoney e Champoluc. Chi è valdostano lo sa: lì il terreno è più aspro, più selvaggio. Devi stare concentrato, usare la testa e conoscere la montagna. Questo contrasto rende la gara ancora più completa e stimolante. È una vera sfida! L’organizzazione è stata ottima: ristori ben forniti, segnaletica chiara anche nei punti più delicati, e volontari davvero eccezionali. Si percepiva la passione di chi ha lavorato per rendere possibile l’evento. C’era cura in ogni dettaglio.”

Anche secondo Marcella Pont (15° posto al femminile in 31h25’52”), “È un percorso bellissimo perché sono tutti posti nuovi, cioè non è la classica alta via, è un modo anche per scoprire nuovi posti. Però secondo me è una gara non proprio da tutti perché è abbastanza selettiva e i primi due cancelli erano leggermente stretti, cioè bisogna correre, non puoi avere un passo normale da montagna. E poi passati quelli più o meno sei a posto. Luoghi bellissimi, poi organizzazione al top e ristori promossi al 100%.”

Liscia i suoi proverbiali baffi Max Marconcini (203° posto in 31h31’52”), raccontando le difficoltà di una gara che reputa “tra le più difficili che io abbia mai corso. Ci sono tre drittoni davvero impegnativi, in particolare a Chamois e Cervinia, e una discesa tecnicissima che da Torgnon porta ad Antey. Il maltempo di sabato, poi, ha fatto grande selezione. L’ho messa in bacheca e sono molto soddisfatto, magari il prossimo anno proverò un’altra distanza”.

Secondo Roberto Rapelli (222° posto in 32h35’30”), “il percorso era segnato benissimo, ai ristori ho trovato tutti molto gentili. Mi sono divertito, anche se ho fatto un po’ di fatica, soprattutto nelle discese, che erano belle ripide. Diciamo che una gara UTMB in Valle d’Aosta parla già da sola. In confronto ad altre gare è stata una delle più tecniche e dure.”
Non usa mezzi termini Erik Tibaldi (276° in 35h08’48”). “Ho trovato lungo in alcune discese e in alcune salite, molto dire: praticamente avevi dei mini vertical da 600 metri di dislivello, molto impegnativi, e poi delle discese molto tecniche. Fino al km 77, a Cervinia, sono andato molto bene e non ho accusato tantissimo, poi mi sono venute le vesciche e mi si è infiammato il tibiale, quindi ho dovuto cominciare a tirare i remi in barca. Al centesimo chilometro, poi, c’era un’ultima salita in cui gli ultimi 200-300 metri di dislivello erano da arrampicare, scalando di fatto dei pietroni, tra l’altro resi molto scivolosi dalla pioggia. Per tutti questi motivi, secondo me, questa gara è una delle più dure che abbia mai corso.”

L’esperienza (con un pizzico di delusione) di alcuni atleti ritirati
“Correre sui sentieri di casa è stato semplicemente bellissimo, così come sentire il calore delle persone lungo il percorso, soprattutto nella prima parte da Aosta fino al ristoro di Blavy, dove il tifo si è fatto davvero sentire” – confessa Matteo Scieghi, fermatosi purtroppo ad Antey. “Ho avuto la fortuna di poter provare il percorso di gara a tappe, insieme ad amici, quindi sapevo bene cosa mi aspettava, a differenza dei tanti atleti provenienti da varie parti del mondo presenti sul percorso. C’era davvero un’aria internazionale e durante la notte si sentivano chiacchierare i vari atleti in più lingue. Per quanto riguarda il percorso, i primi 30-40 km non li considero affatto banali per le salite, anche se ci sono comunque tratti dove è possibile far “girare” le gambe correndo ed in qualche modo recuperare. Personalmente ho patito molto il caldo, anche di notte, e l’aria che scendeva dai colli era, per me, un toccasana. Vedere il serpentone di frontali di notte, davanti e dietro di me, è stato sicuramente uno dei momenti più belli della gara, per me finita un po’ presto rispetto al previsto, dopo la lunga discesa tecnica alla base vita di Antey. Nel complesso, pur non avendola terminata, ma conoscendo buona parte del percorso, la considero una gara da non sottovalutare o prendere alla leggera, ma capace di regalare panorami da cartolina e l’accoglienza calorosa di tutti i valdostani.”

“Sinceramente, non mi aspettavo sentieri così belli e poco tecnici – ha commentato Edy Paganin (ritirato a Cervinia) – perché di parti con sassi e pietre non ce n’erano! L’unico tratto che mi ha un po’ sorpreso è stato quello che raggiungeva l’alpeggio Valchourda, perché al posto di transitare da un vero e proprio sentiero o dalla strada poderale siamo saliti dritti sul prato! E poi sono rimasto stupito dalla salita al col Fenêtre, che divide Saint-Barthélemy da Torgnon: non l’avevo mai attraversato in questo senso e devo dire che era bello dritto! Piccolo appunto: a Cervinia, dove mi sono ritirato, mancavano i bagni interni e la possibilità di farsi la doccia. Diluviava ed era praticamente impossibile uscire nei bagni chimici. Mancavano ancora 40 km, quindi nel complesso non posso dare un giudizio compiuto.”
Anche la gara di Andrea Zemoz è finita prima del tempo, e più precisamente a Saint-Barthélemy. “Sto recuperando, anche se purtroppo sono partito già un po’ acciaccato. Speravo di durare un po’ di più, ma pazienza. Per il resto, direi che la gestione delle informazioni pre-gara è stata ottima: avvisi, comunicazioni e tutto il resto perfetti. L’unica cosa che forse si potrebbe migliorare è la gestione del ritiro pettorali. A mio avviso, sarebbe più logico invertire: il ritiro principale dovrebbe essere ad Aosta, mentre chi lascia la macchina o arriva a Gressoney potrebbe ritirarlo lì. Ma immagino che quelli siano in pochi. Per quanto riguarda la partenza e i ristori — almeno quelli che ho fatto in tempo a vedere — direi che erano molto ben organizzati. Il percorso è davvero tecnico, sia in salita che in discesa, ma ci sono anche tratti corribili. Secondo me è una bella gara, adatta a tutti i gusti.”
“Le impressioni sono sicuramente positive: è una gara del circuito UTMB e quindi è tutto perfetto, dalla tracciatura ai ristori” – commenta Mattia Droz (ritirato a Cervinia) – che poi però rilancia la polemica di questi ultimi giorni.
“Però, considerando che l’iscrizione costava 230 euro – se ricordo bene – il pacco gara mi è sembrato un po’ misero, ma è in linea con quello che succede anche in altre gare UTMB. La partenza da Aosta è stata da brividi, davvero emozionante. L’unica nota negativa, per me, è che un evento del genere riceve già molti fondi pubblici dalla Regione: da valdostano, mi sarebbe piaciuto non dover pagare l’iscrizione, visto che in un certo senso – con le tasse – la gara l’ho già finanziata. Di fatto, ho pagato due volte quella che considero la gara di casa. Era la mia prima gara lunga: ero gasatissimo e molto teso alla partenza. È una gara tosta, perché alterna salite dure a tratti corribili. Ma il pezzo tra Antey e Cervinia, fatto all’alba con la vista sul Cervino, è stato semplicemente una meraviglia.”

La gara di Andrea De Filippo è finita esattamente a metà percorso. “Secondo me è organizzata molto bene, il balisaggio era veramente perfetto. Tutto il pezzo che abbiamo fatto da Aosta fino a Cheneil, veramente non potevi sbagliarti. La prima parte di gara è stata molto calda, secondo me, fino all’Alpe di Viou, quella tra Porossan e Blavy, poi la temperatura è calata e si è sentita soprattutto prima del secondo ristoro, tornando ad essere calda solo fondamentalmente quando siamo arrivati ad Antey, quando siamo scesi di nuovo di quota. Tutta la notte è stata abbastanza piacevole e fresca, quindi gradevole per correre, ma al tempo stesso secondo me è quello che poi ha influenzato molti che hanno avuto problemi durante la notte con lo stomaco, perché ovviamente sudare e subito dopo ritrovarsi con il venticello fresco può avere impattato.”
Una risposta
Vogliamo anche noi l’intervista, perché il parere delle scope e molto importante 😂😂